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ACQUA: sul serio abbiamo bisogno del CICAP?

ACQUA: sul serio abbiamo bisogno del CICAP?Questo post lo dedico assai volentieri a tutti quei visitatori che MOOOLTO spesso fanno capolino da queste parti dal computer di un istituto universitario, tra i quali L’Università degli Studi di Milano, L’Università di Padova, La Sapienza e tanti altri che non sto a citare (lo so che passate di qui bricconcelli! ;o), poiché lo scopo non è riempirmi la bocca mostrando l’interesse accademico sul materiale che spesso ho da esporre, ma far notare che certi argomenti, se trattati unicamente in modo EQUILIBRATO (e quindi senza troppi fronzoli angelici), possono piacere e interessare anche allo scettico.

Vi sono infatti due tipi di scettici: l’uno è perplesso, diffidente ma attento, possibilista e curioso, col quale si può dialogare tranquillamente, l’altro purtroppo è di tipo patologico e a mio avviso sarebbe da trattare alla stregua di un malato. E’ evidente che lo scettico patologico (vedi James Randi) abbia dei grossi problemi psichiatrici e andrebbe aiutato, compreso e… coccolato. Dalle mie parti direbbero che una persona del genere ha bisogno di trovare una che a letto lo faccia ululare. Attenzione però che la stessa cosa vale per categorie come i “cospirazionisti”, i “canalizzatori” e chi più ne ha più ne metta. Un pò di sana ginnastica da letto farebbe bene un pò a tutti quanti (come diceva giustamente anche Steiner).

“La libertà, non solo di pensiero ma di sogno e di fantasia, è la cosa più importante per la scienza, la quale muore quando è ristretta all’interno di protocolli e paradigmi.” – Emilio Del Giudice, alla Conferenza ‘Eppur si fonde’ tenutasi a Milano il 20/11/2009

Detto ciò, vado a citarvi due prefazioni tratte da un libro bellissimo che non dovrebbe assolutamente mancare in una biblioteca che si rispetti. In queste due prefazioni, una del Dott. Carlo Cenerelli, l’altra del Fisico Giuliano Preparata (scomparso a Frascati il 24 Aprile del 2000 per un male apparentemente “incurabile”, stranamente dopo aver dimostrato la fusione fredda ai laboratori dell’Enea) viene descritto alla perfezione quanto fallaci siano certi convincimenti della scienza mainstram riguardo a certi argomenti. Scienza che se fosse davvero ORTODOSSA così come asserisce di essere, aprirebbe le strade alle idee innovative senza opporre tanta resistenza, poiché ciò che ora è considerato un “pilastro”, a tempo debito imploderà inesorabilmente su se stesso così com’è sempre accaduto. Perciò è inutile arroccarsi. Tanto vale per uno scienziato che si rispetti mantenere aperte sia le meningi razionali che i boccaporti di entrata delle idee, per evitare un giorno di fare pessime figure scientifiche. In realtà il meccanismo becero di una scienza ipertrofica non ha nulla a che vedere con lo sviluppo e l’evoluzione razionale della scienza stessa, ma con l’ego individuale di ogni singolo scienziato a cui evidentemente piace riempirsi la bocca dei i suoi titoli e dei suoi meriti accademici. La cosa ancora più degradante di questo meccanismo è che lo scienziato, ultima ruota del carro di un sistema economico volto a smantellare lo smantellabile, persiste nel voler dare alito a idee che sono del “mesozoico” solo perché “riconosciute e accettate” da una “comunità” di parrucconi ciechi e sordi, e all’occorrenza anche disonesti. Ma non lo capite? Il vostro lavoro di ricerca non varrà un tubo se non sarà volto a riempire le tasche di qualcun’altro! Tasche che non saranno mai le vostre se non vi prostrerete a baciare qualche flaccido sedere! E quando riterrete che il vostro lavoro potrà fare del bene all’umanità intera, verrete scaraventati giù dalle scale della carriera e con le ossa tutte rotte sarete costretti in una carrozzella, dimenticati da tutti in una squallida sala d’attesa nell’anticamera della vita. Apritevi alle idee e alle possibilità. Siate RIBELLI non col sistema ma con i vostri stessi convincimenti, che non sono i vostri, ma sono quelli di un sistema di ignoranti che si atteggiano a manovali dell’intelletto. Non fossilizzatevi nei principi che già conoscete, poiché come lo stesso Fisico Perparata ebbe a dire in un’intervista, molti “pilastri” sono stati spesso già confutati in laboratorio! Siate aperti, onesti e sinceri… solo allora riuscirete a VEDERE!

OMEOPATIA E BIOENERGETICA
le medicine alternative: dalla stregoneria alla scienza
ISBN 88-7749-101-9
©1999 Cortina International/Edizioni Libreria Cortina Verona
Libreria Cortina Editrice – Via A. Mario 10 – 37121 Verona
Tel. 045-594177
e-mail: libreriacortina@tin.it
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PREFAZIONE ALLA PRIMA EDIZIONE – Dott. Carlo Cenerelli

«Lavoravo allora in un reparto di ematologia con entusiasmo e soddisfazione. Era maggio ed anche quel giorno, come da molte primavere, ero disturbato da un fastidiosissimo “raffreddore da fieno” che mi costringeva a riempirmi le tasche di fazzoletti per tamponare gli occhi lacrimanti, il naso colante, organi a cui le terapie tradizionali avevano dato ben poco sollievo. Non mi dilungo a descrivervi come incontrai il medico che, dopo avermi invitato ad aprire la bocca, versò sulla mia lingua una dolce polverina bianca. Nel giro di tre-quattro giorni la mia pollinosi si era ridotta a qualche sporadico starnuto che un fazzoletto poteva largamente contenere. La polverina bianca fu l’efficace alternativa a terapie desensibilizzanti che mi avevano aiutato fino ad allora poco o nulla. Suggestione? Forse. Ma non posso dimenticare precedenti e ben più suggestive terapie.

Cosa si intende per medicine alternative?

Il termine è genericamente stato introdotto come definizione di tutte le tecniche terapeutiche che contemplano principi “diversi” da quelli che la scienza medica ufficiale usa per affrontare un processo morboso. Tuttavia è difficile immaginare una chimica, una biochimica alternativa, una anatomia che valga per la scienza ufficiale ed abbia leggi diverse per le “altre” medicine. Forse la fisiologia può essere (a volte) usata con interpretazioni diverse e mi riferisco, ad esempio, all’amplissimo campo dell’Agopuntura tradizionale cinese che supera la semplicistica Riflessoterapia. Ma la soluzione non sta in due fisiologie differenti, bensì in due meccanismi interpretativi differenti, in due linguaggi differenti, e ognuno di essi possiede intuizioni che gli sono proprie.

Si può affermare che la medicina ufficiale è “alternativa” all’Agopuntura nelle culture che adottano questo sistema da secoli. In paesi ove l’Omeopatia è molto diffusa, l’Allopatia, medicina dei contrari, viene addirittura definita “La Vecchia Scuola”.

Sono molto grato a Nicola ed Emilio Del Giudice di avermi voluto nelle prime pagine del loro libro. Conosco il primo da anni. Ci siamo mossi insieme nel cammino appassionante dell’Omeopatia, verificandone ripetutamente il valore e l’affidabilità. Dopo qualche anno Emilio del Giudice ci offriva spiegazioni ed enigmi insoluti che la “sperimentazione pura” costringeva ad affrontare. Auguro a questo libro, che vuole essere di divulgazione, di incontrare il consenso e la curiosità del lettore attento.»

PREFAZIONE ALLA SECONDA EDIZIONE – Giuliano Preparata

«Ma qui c’è la teoria dell’acqua», fu il commento sorprendente di Emilio Del Giudice al termine di un seminario universitario che nella primavera del 1987 tenni al Dipartimento di Fisica dell’Università di Milano. Emilio ed io c’eravamo conosciuti a Boston nell’inverno del 1968, quando, lui al MIT e io ad Harvard, ci interessavamo di fisica delle particelle su due fronti antagonisti, quel del “Tao della fisica” e della scuola di Berkeley, Emilio, quello dei Quark, io. Non c’eravamo più rivisti fino al mio arrivo alla Cattedra di Fisica Nucleare delle alte energie dell’Università di Milano, nel novembre del 1968. Circa vent’anni erano trascorsi e le nostre storie ci avevano portato molto lontano: Emilio aveva abbandonato la fisica delle particelle, che aveva cessato di interessarlo ben prima che il suo partito risultasse sconfitto dalla scoperta delle particelle con “charm” a cavallo degli anni ’70, io mi ero invece da tempo allontanato dal partito vincente, che non condivideva la mia intransigenza sulla priorità di comprendere le ragioni profonde dello stranissimo comportamento dei Quark che non compaiono mai separati dalle particelle di cui sono componenti, i cosiddetti ‘adroni’. E così, vent’anni dopo la breve stagione bostoniana ci ritrovavamo all’Università di Milano, lui ricercatore dell’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, N.d.B), io professore universitario, oramai lontani dalla comunità cui appartenevamo baldi ed entusiasti ventenni, cercando un ponte fra Fisica e Biologia, Emilio, ed io con la soluzione finalmente trovata (ma inspiegabilmente ignorata) dell’enigma dei Quark.

Avendo capito che la soluzione di “confinamento dei Quark” (così, aristotelicamente, era stato definito il problema di cui ero venuto a capo dopo circa quindici anni di studio) stava nell’analisi sistematica della Teoria Quantistica dei Campi (TQC), ed in particolare dello stato di Vuoto, lo stato di minima energia, mi ero fatto coinvolgere dal vecchio amico Rodolfo Bonifacio, anche lui a Milano, ad applicare queste idee ad un sistema che allora (1986) gli stava molto a cuore, il Free Electron Laser (FEL), il laser ad elettroni liberi, un dispositivo capace di convertire il moto di un fascio di elettroni in una interessante configurazione di campi magnetici in radiazione coerente di piccolissima lunghezza d’onda, molto più piccola di quella dei laser ordinari; una manna sia per il dottor Stranamore delle guerre stellari che per i costruttori dei grandi acceleratori di particelle. Fu così che cominciai ad elaborare una teoria quantistica dell’interazione fra il campo elettromagnetico e i differenti campi quantistici che descrivono collettivamente insiemi di sistemi elementari come elettroni, atomi, ioni ecc, che portava a compimento un programma di ricerca iniziato negli anni ’30, ma che si era inspiegabilmente arrestato negli anni ’50, che video i pur notevoli successi dell’elettrodinamica quantistica (Quantum Electro Dynamics, QED). E il seminario, terminato con l’osservazione di Emilio che tanta importanza doveva avere il nostro comune cammino degli anni successivi, descriveva appunto le prime applicazioni di questa teoria – la coerenza elettrodinamica della materia – al FEL.

Per quanto ne sapevo allora, l’acqua di cui Emilio era tanto consapevolmente curioso, era per me come tutti i miei colleghi (Emilio escluso, evidentemente) un semplicissimo elemento, composto da un numero enorme (3 10 alla 22 per centimentro cubo) di piccole molecole, fatte di un atomo di ossigeno e due di idrogeno, H2O appunto. Cosa potesse esserci di così interessante e, soprattutto, di sconosciuto nell’acqua mi sfuggiva del tutto: di qui la mia meraviglia per l’implicazione che le sottigliezze più riposte della TQC dovessero essere rilevanti nel descrivere la dinamica di un elemento così comune e ubiquo. Già, così comune e ubiquo, circa il settanta percento del peso del nostro corpo è acqua: possibile che questa semplice, direi stupida, molecola possa star lì nella cellula in questa enorme quantità a far da semplice spettatore ai contorcimenti biologicamente così fondamentali delle macromolecole della vita, DNA, RNA, proteine ecc.?

Evidentemente era in questa direzione che Emilio mi invitava a riflettere, forte di un ricco patrimonio che negli anni abbondano nella fisica delle particelle aveva accumulato nell’interazione con il fratello Nicola, già affermato medico omeopatico, con cui aveva appena finito di scrivere il libro di cui questa è un’edizione rivista ed aggiornata. Emilio sapeva, attraverso una approfondita conoscenza della storia e dei successi dell’arte medica fondata da Hahneman, che l’acqua non poteva essere quella immaginata dai fisici, le cui interazioni si esauriscono nei deboli “uncini” delle forze elettrostatiche di corta portata, ma doveva in qualche modo possedere sorprendenti proprietà di organizzazione a distanze molto maggiori della taglia della molecola, qualche Å (1Å = 10 alla meno 8 cm). Ed essendo un irriducibile monista aveva immediatamente colto nelle interazioni elettrodinamiche, che riuscivo finalmente a trarre in un quadro compiutamente quantistico, una corretta opportunità di ricondurre a leggi generali e generalmente accettate – QED – i singolari comportamenti dinamici che l’Omeopatia doveva assumere alla base della sua filosofia terapeutica.

E quando, dopo qualche mese, scoppiò lo scandalo della “memoria dell’acqua”, noi avevamo già formulato un primo modello dell’acqua come “laser a dipoli elettrici liberi”, che, seppur rimpiazzato da uno ben più realistico alcuni anni dopo, ci permetteva di darer le armi a Jacques Benveniste (di cui divenimmo presto amici e interlocutori) contro i suoi nemici che, sulla base della visione generalmente accettata, e drammaticamente carente, dell’acqua affermavano l’impossibilità delle sue osservazioni, e quindi la loro natura fraudolenta. Il nostro semplice modello mostrava invece che l’acqua si poteva organizzare in Domini di Coerenza, in cui diverse decine di milioni di molecole oscillavano all’unisono con un campo elettromagnetico molto caratteristico, permettendo così di immagazzinare informazioni di tipo elettromagnetico fornite da molecole, che poi possono essere eliminate senza per questo cancellare tali informazioni. Naturalmente non avevamo (né abbiamo) ancora una teoria dettagliata di come le pratiche i protocolli dell’Omeopatia portino alla realizzazione dei rimedi omeopatici, ma dal nostro lavoro emergeva chiaramente che l’acqua non è il semplice e insignificante elemento immaginato dai fisici della materia condensata, e quindi che le rabbiose critiche a Benveniste e lo scherno generalizzato dell’Omeopatia in cui si distinsero i portavoce della Comunità Scientifica non avevano fondamento alcuno in quelle stesse leggi di cui costoro si servivano a sproposito nella loro campagna di censura e intimidazione.

Come sappiamo, purtroppo, ilo nostro aiuto non servì molto a Benveniste dai suoi agguerriti nemici, che riuscirono finalmente a rimuoverlo dalla direzione della Unité 200 dell’Institut National Supérieur de la Récherche Médicale, tuttavia i nostri studi, che continuano pure tra molte difficoltà, hanno suscitato non solo l’interesse di Nicola Del Giudice ma di tante altre persone che operano nella galassia delle Medicine Alternative, e che vedono nei nostri incerti e difficili passi sulla strada della Coerenza elettrodinamica quelli di un cammino di avvicinamento fra le conquiste della scienza contemporanea e le sapienze antiche che essi cercano di salvare e sviluppare contro il positivismo meccanicistico trionfante della medicina accademica. E questo libro, frutto della convergenza dell’esperienza e della sapienza di un eminente rappresentante di questi ultimi (Nicola Del Giudice), e delle conquiste di uno scienziato quantistico di fine millennio (Emilio Del Giudice) mi sembra un’ottima base su cui costruire un serio e fecondo dialogo teso a recuperare alla scienza moderna la grande ricchezza di conoscenze di cui questo libro è luminosa testimonianza.»

Dopo quanto asserito dall’eminente Fisico Giuliano Preparata, è interessante ora andarsi a leggere cosa dice il CICAP riguardo a tale argomento:

In realtà l’esperimento di Benveniste fu poi ripetuto, oltre che da altri laboratori, alla presenza di una commissione e si rivelò un fallimento sanzionando così l’infondatezza della suddetta teoria. Altri tentativi di dare un fondamento teorico a questa pratica alternativa sono poi stati fatti negli anni seguenti ma nessuno di essi ha tuttora dato risultati positivi. Non esistono inoltre ancora sperimentazioni rigorose che consentano di affermare che l’omeopatia abbia una qualche efficacia non spiegabile con l’effetto placebo. [link]

PLACEBO?!?!? Ma chi fu a ripetere questi esperimenti, Mazinga Zeta? Chi erano i componenti di questa Commissione? Qual’era il loro background formativo e IN-formativo? Domande inutili? No, semmai fondamentali per capire come mai il lavoro dell’immunologo Benveniste fù preso a calci nel sedere. Ora guardate questo video. Immagino che le dichiarazioni del Premio Nobel per la Medicina Prof. Luc Montagnier che udirete, il quale parla senza mezzi termini di “MEMORIA DELL’ACQUA”, verranno considerate, sulla base dell’assunto del CICAP appena proposto, dei “vaneggiamenti di un Premio Nobel impazzito che non hanno nulla a che vedere con la visione accettata della Comunità Scientifica” e bla bla bla…

Qui di seguito vi riporto un articolo tratto da Terra Nuova (Novembre 2008), sull’intervista a V. Elia, docente dell’Università Federico II di Napoli.

«Ci siamo chiesti» spiega Elia «se fosse vero che dal punto di vista chimico-fisico l’acqua sottoposta alla singolare procedura che caratterizza la preparazione dei rimedi omeopatici sia una nuova acqua realmente diversa da quella di partenza. La risposta è positiva, peraltro fortemente supportata da una varietà di risultati sperimentali».

«Le metodologie di cui ci siamo avvalsi» spiega ancora Elia «sono tecniche fisico-chimiche ben consolidate: calorimetria a flusso, conduttometria, pHmetria, potenziale agli elettrodi di celle galvaniche. Gli innovativi risultati da noi raggiunti indicano, senza ombra di dubbio, la presenza di un’estesa ed ordinata dinamica che coinvolge l’insieme delle molecole di acqua allo stato liquido. Insomma, almeno nel contesto della procedura adottata in medicina omeopatica, l’acqua mostra effettivamente una memoria, anche se occorre andare cauti con l’uso che si fa di questo termine, in quanto ovviamente l’acqua non ha cervello»….

Dai chimici arriva dunque la prova che i rimedi omeopatici, cioè ripetute e progressive diluizioni in acqua di principi attivi, non possono essere considerati semplice «acqua fresca» senza caratteristiche peculiari e senza efficacia, come più volte ripetuto dai moltissimi detrattori dell’omeopatia, che in Italia costituiscono il fronte che più ferocemente si oppone al varo di una legge in materia.

Il Dr. Roberto Germano, fisico della materia, ha scritto anche un libro intitolato “AQUA. L’acqua elettromagnetica e le sue mirabolanti avventure” e questa è una parte di quello che ha scritto sull’esperimento svolto da V. Elia:

L’informazione mi arrivò via posta elettronica tramite la mailing list del Dipartimento di Fisica: il 25 Marzo 1999 si sarebbe svolto un seminario presso il Dipartimento di Fisica dell’Università di Napoli: “Esiste la memoria dell’acqua? Uno studio termodinamico sulle soluzioni estremamente diluite della farmacopea omeopatica”. A parlare era il prof. Vittorio Elia del Dipartimento di Chimica dello stesso Ateneo.
La cosa mi incuriosiva non poco, per i motivi già accennati in introduzione. C’erano cioè degli approcci teorici, come vedremo meglio in seguito, che portavano a concludere che la struttura dell’acqua era molto più ricca e complessa di quanto sembrasse a prima vista; la “memoria dell’acqua”, però, veniva bollata come pura idiozia, e io a quel tempo non ne sapevo molto di più…. anzi!! Per esempio – e credo di condividere questa mia esperienza con molti di voi – fino all’età di 26 anni circa ero profondamente convinto che l’Omeopatia non funzionasse perché…non poteva funzionare e basta a causa delle motivazioni “avogadriche” spiegate nel capitolo precedente.
Il seminario fu eccezionale! Il prof. Elia, con dovizia di particolari e un impeccabile linguaggio scientifico, grazie alle sue doti didattiche, cercò di condividere con l’uditorio quanto segue:

l. Era stato effettuato un esteso studio termodinamico su soluzioni acquose ottenute attraverso successive diluizioni (e scuotimenti: “succussioni”) dell’1% in peso di alcuni soluti fino a “soluzioni estremamente diluite” (soluzioni che potremmo chiamare “omeopatiche”, dato il procedimento seguito).

2. Erano state effettuate misure del calore di mescolamento(2) di soluzioni acide o basiche, a differenti concentrazioni, con acqua bidistillata e con le “soluzioni estremamente diluite” (che potremmo chiamare “omeopatiche”) alla temperatura fissata di 25°C .

3. Malgrado l’estrema diluizione delle soluzioni (cioè “omeopatiche”), che le farebbe assimilare alla tanto decantata “acqua fresca”, veniva rilevato un calore in eccesso (fenomeno esotermico) rispetto al corrispondente solvente “non trattato”, cioè “acqua fresca”, in circa il 92% dei casi, e il calore in eccesso era molto al di sopra della sensibilità dello strumento; si trattava cioè di una variazione eclatante, sopra ogni livello di errore sperimentale.

4. Se ne doveva dedurre che il procedimento consistente nell’effettuare successive diluizioni e scuotimenti (“succussioni”) può dunque alterare le proprietà chimico-fisiche del solvente acqua!!

5, L’origine del fenomeno rimaneva inesplicata, ma i risultati sperimentali, che si riferivano non a pochi test ma ad alcune centinaia di esperimenti, erano sicuramente significativi.

6. La riproducibilità qualitativa del fenomeno era ottima, non così per quella quantitativa (cosa che naturalmente accade sempre nel caso di nuovi e inattesi fatti sperimentali).

Si trattava dunque di centinaia di prove sperimentali presentate da un chimico con quasi 40 anni di esperienza nel campo della calorimetria alle spalle – che andavano ad evidenziare che l’acqua pura può avere proprietà chimico-fisiche diverse a seconda della “storia”, da cui il termine “memoria dell’acqua”, cosa certo non nuova in fisica – basti citare il caso dei magneti (isteresi) – ma sicuramente nuova per quella che era la vecchia modellizzazione dell’acqua!

Sapevo che i membri del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale e le Pseudoscienze) si interessavano, ovviamente in maniera scettica e critica, all’Omeopatia e alla “memoria dell’acqua”, concludendo un po’ affrettatamente che l’Omeopatia fosse soltanto un caso particolare dell’effetto Placebo, per i motivi appena discussi nel capitolo precedente. In quel periodo (1999) seguivo con molto interesse le attività di questa associazione (infatti gli imbrogli e gli imbroglioni purtroppo abbondano!!) ed ero anche abbonato alla loro rivista “Scienza & Paranormale”, così pensai di invitare al seminario di Vittorio Elia, un membro del coordinamento del nascente gruppo CICAP Campania, un medico, che però non riuscì a venire e, che pur dicendosi interessato, mi manifestò tutta la sua perplessità:

«(…) sul perché fior di scienziati perdano il loro tempo con l’acqua super-diluita, che finora non ha ancora ricevuto uno straccio di approvazione dalla comunità scientifica “seria”, e tentano di spiegare un fenomeno prima di averne accertato la sua esistenza».

E in effetti il CICAP Campania aveva scelto come simbolo il “ciuccio che vola”, cioè l’asino volante…. Il nostro medico, a questo proposito, diceva:

«Nessuno lo ha ancora portato in un laboratorio, ma molti giurano sulla sua esistenza. E di sicuro qualcuno si starà scervellando, da qualche parte, chiedendosi come cavolo possa fare un ciuccio a librarsi nell’aria, pur avendo un’ossatura così pesante … e qualcuno avrà trovato anche una spiegazione … scientifica».

lo gli risposi che:
«A proposito dell’acqua, temo che il problema sia diverso; non si tratta di azzardare modelli teorici su fenomeni dubbi o addirittura inesistenti: il seminario riguarderà solo esperimenti chimico-fisici. Riguardo al ciuccio che vola, si racconta di S.Tommaso d’Aquino che subì lo scherzo di confratelli che gli gridarono di uscire a vedere il ciuccio che vola. Lui uscì e tutti ridevano. Ma lui rispose: Preferisco credere al ciuccio che vola piuttosto che dei confratelli dicano il falso. Prima de parlar tase! Dice un proverbio veneziano. Ascoltare ciò che dice un serio sperimentatore e poi esprimere il proprio giudizio mi sembra il minimo”

Dopo la conferenza, trovai il coraggio di inviare una email al prof. Elia, sinceramente convinto di poterlo informare su come ottenere un milione di dollari di finanziamento per i suoi studi! Si trattava di più di due miliardi di lire di allora! Sfida ancora in atto e su cui lo CSICOP e il CICAP «fondano” molto del loro sarcasmo. La James Randi Educational Foundation, infatti, dal 1996 ha bandito un concorso denominato «The Psychic Challenge”, rivolto a tutti coloro che sostengono di avere doti paranormali, ma curiosamente è stato esteso anche a chiunque dovesse sostenere di poter mostrare scientificamente la differenza tra “acqua omeopatica” ed acqua pura (d’altronde anche la denominazione estesa del CICAP ha finito per includere anche le “pseudoscienze”).

Il milione di dollari è qui a Napoli da Vittorio Elia, pensavo… Mi incontrai a via Mezzocannone n.4, presso la vecchia e storica sede del Dipartimento di Chimica, col professore Elia, dove dopo la mia “strana” e-mail, sospettata finanche di essere uno scherzo, mi chiamavano “l’uomo da 1 milione di dollari”. E, pur consigliato in senso contrario da molti, Vittorio Elia decise di partecipare al concorso! Ebbene, ci credereste? Malgrado abbia mandato la sua domanda sia negli USA che al CICAP in Italia, non solo l’esperimento “controllato” ancora non è stato organizzato, ma addirittura, Elia ha ricevuto una qualche risposta soltanto nel Giugno 2003 (4 anni dopo!!!!) e soltanto a seguito di ripetute altre sollecitazioni di cui parleremo a breve.

Qual è il messaggio che ancora passa e si diffonde con gran fracasso? Semplice: C’è un milione di dollari in palio per chi dimostra scientificamente che è possibile trovare differenze chimico fisiche tra “acqua omeopatica» e acqua pura, ma nessuno lo ha mai ritirato!!! Quindi, nessuno è in grado di mostrarlo scientificamente!

Questa fallace deduzione presuppone che (tutte cose a dir poco non banalmente vere):
l. chi ne fosse capace deve essere a conoscenza del premio;
2. chi ne fosse capace ed a conoscenza del premio debba decidere che vuole quel milione di dollari, mettendo a rischio la propria immagine di “serio ricercatore”;
3. si consideri di nessun valore scientifico tutta l’estesissima casistica della medicina omeopatica (su uomini, animali e piante);
4. il premio sia totalmente in buona fede e non sia neanche minimamente una trovata di marketing dello “scettico pigro”.

Perché mai accade che, quando un serio professore universitario di chimica è così sicuro dei suoi esperimenti degli ultimi 7 anni e che, inoltre, superando le inibizioni e i rischi della ridicolizzazione, venendo a sapere del premio, decide di parteciparvi (e tutto ciò già è poco probabile), neanche ci si degna di rispondergli? Forse ci vuole il CICAC? (Comitato Italiano per il Controllo della Affermazioni del CICAP). Chissà?! Ne riparleremo fra poco.

di Andrea Doria

Fonte: automiribelli.org

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