Spiritualità

Caino. Una riabilitazione

di Mike Plato

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Caino è normalmente visto come il prototipo del malvagio assassino ma una analisi attenta della sua figura associata a una lettura corretta dell’originale testo ebraico ci mostra un Caino quale archetipo del Figlio della Luce e della potenza regale spirituale nell’Uomo.

“Io mi elevo con i Figli di Caino, bruciato dal fuoco dell’amore”
(da In a God’s  country – U2)

Caino è da sempre considerato il prototipo dell’assassino, del fratricida, del cinico della furia omicida. Alla lettera, Caino appare certamente come il prototipo degli assassini, un destino ingiusto condiviso con un’altra figura interpretata in modo assolutamente negativo, Giuda,  in virtù dell’inveterata abitudine di guardare solo alla lettera i testi sacri, e dell’ignoranza del principio dell’inversione assiologica, che trova nell’Appeso dei Tarocchi il suo fondamento archetipale (vedi articolo sul blog in simbolismo). Per entrambi si è trattato di rendere possibile il compimento del loro destino, riproposizione della sottomissione e fedeltà di Abramo che, messo alla prova dal Signore, era sul punto di sacrificare il figlio Isacco, onde constatare fino a che punto lo avrebbe seguito. Un’analoga prova di obbedienza all’Io Sono è descritta nella celebre Sura 18 del Corano, laddove il misterioso maestro El Khidr accetta di istruire Mosè a patto che il patriarca dimostri sottomissione e non ne critichi le scelte apparentemente illogiche e ingiuste. Scrisse Filone nel Commentario Allegorico alla Bibbia: Abele è la santità contrapposta alla materialità di Caino, l’anima dell’uomo malvagio, l’idea stessa del peccato, il senza-Dio, il male incarnato, il folle. Ancor oggi i Massoni dicono: “Coloro che sono fuori dall’Istituzione sono soltanto nella condizione di non saperlo e per questo seguono spietatamente la “Legge di Caino”. Quelli che invece stanno dentro si sono riconosciuti massoni essendosi ritrovati nel contesto della Loggia Tempio”. Con tutta franchezza, lo stesso testo biblico non è tenero con Caino. Basti pensare ad 1 Giovanni 3:12: “…Non come Caino, che era del maligno e uccise il fratello. E per qual motivo lo uccise? Perché le sue opere erano malvage, mentre quelle di suo fratello eran giuste”. Non è facile intuire che la figura simbolica di Caino rappresenti al contrario l’evoluzione e l’elevazione spirituale dell’Iniziato, se non l’iniziato stesso.

I fratelli spirituali: uomo e Dio

inseparabili-gemini.jpgIl senso che Mosè intese dare al mito di Caino era prettamente legato al simbolismo iniziatico, e si inserisce nella più ampia letteratura dedicata al mito dei “fratelli gemelli”. In Grecia, la doppia natura umana-divina nell’Uomo era codificata nel mito dei Dioscuri: Castore mortale e Pollùce immortale, inseparabili l’uno dall’altro. Castore muore in combattimento, il corrispettivo della “campagna” di Caino, e Pollùce ascende al cielo, ma chiede a Zeus di ridare la vita al fratello, rinunciando a metà della sua immortalità; cosicché i due gemelli si alternano un giorno nell’Olimpo e un giorno nell’Averno, mentre in cielo formano la costellazione dei Gemelli. In Egitto, la coppia era costituita da Horus e Seth, spesso ritratti come un solo essere. Nella gnosi alessandrina, la coppia immortale-mortale era codificata nel duo Prometeo-Epimeteo. Mosè doveva ben conoscere il simbolismo dei gemelli, e nella compilazione di Genesi nascose il mito egizio nella storia dei fratelli Caino e Abele. È latente un simbolismo profondo nel principio della predilizione dei primogeniti da parte del Signore. Il primogenito, da un punto di vista iniziatico, non è il primo nato sul piano anagrafico-biologico, ma “colui che è nato prima” spiritualmente. Questi è il Dio interiore, lo Spirito divino in noi, l’Io Sono che esiste prima dell’umano e gli infonde vita attraverso il soffio vitale (ebr. ruach elohim). Ciò rimanda alla staffetta Giovanni-Gesù, ove Giovanni Battista dice: “Verrà Uno dopo di me che è nato prima di me”. L’essere spirituale, il Cristo, l’Adam Kadmon, è la Causa: il Vivente. L’essere umano, la creazione, è l’effetto e l’ombra: il morto. In tal senso viene dopo, semplicemente perchè la causa precede sempre l’effetto. Dante, in Vita Nova II, scriveva: “Ecce Deus fortior me, qui veniens dominatur mihi – Ecco un Dio più forte di me che venendo mi dominerà”. Ciò rimanda all’Ecce Homo, il Nuovo Uomo che, venendo, dominerà la natura di Gesù. Dante allude a quello Spirito più forte dell’Anima, a quel Falco (Ka, Horus, Amore) che dovrà assimilare la Colomba (Ba, psiche sublimata), in modo tale che “Amore signoreggi la mia anima”. Non è quindi casuale che i termini Caino e Abele rimandino al “Ka” e al “Ba” egizi. Il Ka divora il Ba, come Caino divora Abele, poiché la sua terra sanguigna si nutre “uroboricamente” (da Uroboros) del suo stesso sangue.  Colui che viene prima è detto “primogenito dei morti” sia da Paolo in Colossesi 1:18, sia in Apocalisse 1:5. In senso allegorico è l’uomo primevo (Adam Kadmon o Adamo primordiale), l’Uomo generato prima dell’uomo, il Primate, ovvero Prometeo. Paolo lo denomina primogenito di coloro che resuscitano dai morti”, ma al contempo è anche colui che viene dopo l’uomo, successivamente alla morte mistica: il Figlio dell’uomo.

Archetipo di fondamento
san-vitale2-300x191.jpgNel testo di Genesi, si dice che Caino ed Abele fecero la loro offerta di sacrificio al Signore. Mosè lascia intendere che uno dei due fratelli debba sacrificarsi per il Signore. La scelta è ovvia: il Signore sceglie Abele, il pastore simbolo dell’agnello sacrificale, dell’iniziato che sacrifica la propria animalità. Nello splendido mosaico della Chiesa di S.Vitale a Ravenna è descritto il “sacrificio di Habel” che offre l’“agnello” a Melchisedeq, noto come il “Sacrificatore”. Adonai (il Signore), ovvero Melchisedeq-Adonitzedeq, sembra gradire il sacrificio dell’agnello Abele, che è poi il battesimo del fuoco, poiché “agnello” proviene dal sanscrito “agni”, il fuoco (acqueo) interiore, di cui parla anche Giovanni Battista alludendo a Cristo che viene: “Verrà Uno che vi battezzerà col Fuoco”. Iniziaticamente, è la parte umana (Abele) che va sacrificata per far crescere la parte divina. Giovanni Battista dirà a proposito del Cristo: “occorre che io diminuisca affinché Lui cresca (Giovanni 3:30)”. Di fatto, limitare la parte animale-umana in noi significa elevare la parte divina. Sono come due vasi comunicanti: l’uno diminuisce e l’altro cresce e viceversa. Lo rivela anche Paolo in 2 Corinzi 4:16 : “Ma se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno…Le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove”. Questa è la parusia che può essere tanto universale che individuale. Queste sono le cose nuove a cui accenna Apocalisse 21:4 : “Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra…perché le cose di prima sono passate”. La Qabala-Tradizione  è tutta qui, nel rapporto  Qain-Abel (cannibale o cabalista), ossia nel Sacrificio di sé stessi per Sé stessi. L’auto-cannibalismo è implicito nell’alchemico serpente mangia-coda (Uroboro, Kundalini, serpente auto-divorante)  che nasconde una dinamica evolutiva se è Dio a divorare l’uomo, involutiva se il contrario. Le figure di Caino e di Gesù attengono entrambe al desiderio impetuoso e violento di elevazione spirituale, alla determinazione di spiritualizzazione della materia. Ne consegue che conviene a tutti noi imitare Caino e soprattutto Gesù, che conduce alla perfezione il modello cainico pre-diluviano divenendo il nuovo Metatron. Questa premessa è opportuna per comprendere al meglio il mito di Caino, perché di mito si tratta, non essendo mai esistito un uomo di nome Caino trattandosi piuttosto di un nome funzione. A leggere con attenzione il testo di Genesi 4:1, Caino viene prima di Abele, ed Eva (la Vergine, l’anima) lo “acquista” dal Signore, cosa che non viene detta di Abele, il quale è simbolicamente la parte materiale dell’uomo, la parte acquea, la Babele (Abele) o il Caos, prova ne sia la traduzione del termine ebraico “abel” : “debolezza” e “vanità”, la medesima che è crocifissa nel biblico Libro di Qoelet. Dietro le righe, di Caino è detto che sia un uomo di struttura e vocazioni divine; talmente divine che è palese il fatto che solo Caino abbia il privilegio di ascoltare la Voce di Dio. Nel testo di Genesi si narra che Caino fosse un “lavoratore del suolo”, mentre Abele era un “pastore di greggi”. Secondo tradizione, gli iniziati agli antichi misteri vengano qualificati come “lavoratori del suolo” o “agricoltori”. L’opera, il lavoro alchemico dell’iniziato, viene definita “Agricoltura celeste” o “Arte Reale”, e si contrappone all’agricoltura terrestre, imitazione esteriore della suprema arte trasmutatoria. L’iniziato, il Caino, il “cane” fedele all’Io Sono, per riconciliarsi con il proprio Dio interiore, lavora la propria terra sterile, seguendo i medesimi princìpi naturali che regolano la coltivazione della “terra esteriore”, noti ad ogni buon contadino: il dissodamento, la concimatura, la mietitura, il raccolto, i cicli stagionali, le lunazioni. L’iniziato-alchimista si comporta esattamente come un contadino, imitando la natura al fine di far fruttare e germinare la propria terra interiore (l’anima acquea) e far nascere il “virgulto”, la “pianta”, il “pollone”, il “bambino alchemico” che gli Egizi chiamavano Horus, i Greci Apollo (Pollone) e Arpocrate, i Cristiani Cristo o Figlio dell’Uomo. Anche Noè, il sopravvissuto del Diluvio (alchemico), viene definito da Mosè: “coltivatore della terra” in Genesi 9:20. Ed è questo il primo attributo di Caino, colui che coltiva l’anima, la vera terra interiore. Non è casuale che, nelle lingue semite, il termine “cain” significhi “fabbro”, allusione al lavoro sui metalli e di qui all’alchimia. Pochissimi sanno che San Giorgio, famoso per il suo trionfo sul dragone, trae il suo nome dal greco “gheorgeos” che significa proprio “contadino”. Ciò significa che Caino è l’archetipo del guerriero spirituale che combatte la santa battaglia contro il drago-Abele, suo fratello, proprio come Horus abbatteva il fratello Seth. La sua non è furia omicida, ma eroico furore, volendo citare Giordano Bruno. È probabile che Mosè, che aveva acquisito tutta la sapienza degli Egizi (Atti 7:22), aveva trasposto nel mito di Caino la funzione dei sacerdoti Kanu di Heliopolis, coloro che sacrificavano sé stessi.

Traduzione dall’ebraico
Fabre_dolivet.jpgNel testo di Genesi 4:6, versione dei Settanta, il Signore dice a Caino, il cui sacrificio era stato rifiutato: “Perché sei irritato? Se agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta. Verso di te è il suo istinto, ma tu dominalo!”. Il traduttore, nell’occasione dimostra di non possedere alcuna conoscenza esoterica-iniziatica che lo possa aiutare a tradurre degnamente un testo criptico. Il linguista ed esoterista Antoine Fabre D’Olivet fu fra i pochi a comprendere il valore e il reale significato simbolico di Caino, come concepito dallo scriba Mosè, e vi giunse attraverso una eccezionale conoscenza dell’ebraico antico, il che gli consentì di arrivare al senso segreto riposto nella scrittura di Genesi e far luce sulla natura tutta interiore del conflitto Caino-Abele. Nel suo eccezionale La Lingua Ebraica Restaurata, capolavoro di archeologia linguistica, peraltro avversato e messo all’indice dalla Chiesa Romana all’inizio dell’ 1800, dall’alto della sua profonda conoscenza dell’ebraico antico e della Tradizione, tradusse così Genesi 4:6: “Perché questo turbamento e questo abbattimento? Non è vero che se tu fai il bene ne porti il segno? E se non lo fai, al contrario, il vizio ti si dipinge in fronte? Che il male ti attira nella sua china che diviene la tua? E che tu ti rappresenti simpateticamente in lui?”. D’Olivet mi ha offerto il destro per giungere al significato più profondo del passo: “Se tu agisci bene, non ti eleverai (n.d.a. spiritualmente) forse? Domina i tuoi istinti animali, perché il serpente kundalini è acciambellato (accovacciato) alla base della tua spina dorsale (porta degli uomini). La sua energia ti vuole possedere, tu piuttosto possiedi lei ed innalzati”. Difatti Caino si innalza contro l’anima concupiscibile, poiché Elohim YHWH invita il suo uomo-cane (in ebraico “cohen”, sacerdote) a curare l’anima animale, a placarne istinti e passioni, senza cui non è possibile comunione con l’essere spirituale in noi. Mi sembra che vi sia un nesso fra l’abbattimento di Caino prima della immolazione di Abele, e la spaventosa angoscia mista a paura e tristezza di Gesù prima della crocifissione, come descritta in Luca 22:44. Il problema di Caino è che egli non riesce semplicemente a dominare l’istinto (Abele) ma lo annulla. In seno alla Tradizione è noto che il cavaliere (iniziato) debba domare e non uccidere il drago (energie animali), onde sfruttare il suo immenso potere a fini di evoluzione spirituale. Il drago, ossia la natura animale, è la tirannica depositaria di talenti e potenze interiori. Caino chiederà al fratello di venire con lui in campagna (in ebr. “shade” nel senso di natura produttrice) simbolo del processo alchemico, ma anche della guerra interiore che si svolge nella componente astrale della mente (subconscio) da intendersi come “campo di battaglia” (il kurukshetra dell’induismo), si innalzerà sul fratello, alzerà la mano contro di lui e lo ucciderà.

Caino-Longino
michele trafigge con lancia.jpgNel testo tradotto dal D’Olivet è detto: “Cain, il violento centralizzatore, si elevò con veemenza contro Habel suo fratello, lo abbatté con le sue forze e lo immolò (molto diverso dall’espressione “lo uccise”)”. Ora, se Caino alza la mano contro il fratello e lo uccide, chi nello scenario della crocifissione infligge il colpo di grazia a Gesù, l’agnello immolato? La risposta è Longino con la sua lancia. Ivi si cela la segreta associazione Caino-Longino (Cristo) e Habel-Gesù (Giovanni, l’agnello umano da sacrificare), poiché la parola ebraica “cain” significa anche “lancia”. È come se il Cristo-assassino dicesse al suo delfino umano: “Tu sei un segnato, per cui devo sacrificarti”. La croce è idealmente il simbolo di questo sacrificio alchemico che si avvale del fuoco-lancia, ossia del potere distruttivo e violento di Cain. E Gesù ci insegna che “il cielo è dei violenti ed i violenti se ne impadroniscono” (Matteo 11:12). Nel Vangelo di Filippo 50, Gesù insegna ancora che “Dio è un divoratore di uomini; per questo l’uomo gli è immolato”. Che Gesù sia stato Caino a sé stesso, rinnegandosi e immolando sé stesso, è da lui stesso dichiarato: “Per questo il Padre mi ama; perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo; nessuno me la toglie ma la offro da me solo”. Caino se la tolse, parimenti, offrendo Abele onde restituire le energie al nucleo divino intrappolato nella porta degli uomini (osso sacro): l’inferno del corpo, la sede del nemico e delle sue legioni. Così operando, l’iniziato “ruba” la forza all’animalità e la trasmette alla divinità. In tal senso è illuminante Apocalisse 5:9: “Degno è l’Agnello, che è stato immolato, di ricevere la potenza, le ricchezze, la sapienza, la forza, l’onore, la gloria e la lode”. Ricevere queste benedizioni comporta il ricevere un marchio oltre che un nome nuovo; e quel marchio da sempre è detto “di Caino”. In questo e solo in questo consiste la qabala, ovvero “ricevere” ciò che lo spirito di Dio trasmette al sacrificatore-sacrificato. Si legga Ezechiele 9:4-6: “Il Signore gli disse: “Passa in mezzo alla città, in mezzo a Gerusalemme e segna un tau sulla fronte degli uomini che sospirano e piangono per tutti gli abomini che vi si compiono…Vecchi, giovani, ragazze, bambini e donne, ammazzate fino allo sterminio: solo non toccate chi abbia il tau in fronte; cominciate dal mio santuario!””. Se il Signore dice: “Chiunque uccide Caino subirà la vendetta sette volte”, e gli impone un segno, è palese che il marchio di Caino è il marchio dell’Israel spirituale: il sole frontale, il sigillo del terzo occhio, che non casualmente nella qabbalah è detto “ayna”, termine fortemente simile a Caino. Ecclesiaste 2:14 ci informa che “il saggio ha gli occhi in fronte”. Un accenno occulto al marchio degli eletti è in Esodo 12:22-23 “Prenderete un fascio di issòpo, lo intingerete nel sangue che sarà nel catino e spruzzerete l’architrave e gli stipiti con il sangue del catino. Nessuno di voi uscirà dalla porta della sua casa fino al mattino. Il Signore passerà per colpire l’Egitto, vedrà il sangue sull’architrave e sugli stipiti: allora il Signore passerà oltre la porta e non permetterà allo sterminatore di entrare nella vostra casa per colpire”. Il sangue sull’architrave della porta di casa non è altro che il tau frontale, poiché come insegna Paolo, il tempio è il corpo. Colui che abbia il segno non può essere toccato, altrimenti lo sterminatore, ovvero quello che nell’Antico Testamento è conosciuto come “vendicatore del sangue” (ebraico go’el), farà implacabilmente giustizia. Apocalisse 7:3 parla di ideali 144.000 Caini, intoccabili come lo furono gli israeliti segnati in terra d’Egitto: “Non devastate né la terra né il mare, né le piante, finchè non abbiamo impresso il sigillo del nostro Dio sulla fronte dei suoi servi”. Ebbene, Caino non è descritto proprio come un servo (in ebraico “hobed”)? È un caso che la Bibbia si apra con un segnato, il cui nome in inglese (chain) significa “catena”, e si chiuda con una catena iniziatica composta da segnati (la stirpe di Caino)? Non credo, tenendo anche nel debito conto che, essendo gli eletti un popolo di sacerdoti e sacrificatori dell’Altissimo (1 Pietro 2:9), il termine ebraico “Cohen” (sacerdote) debba molto al termine “Cain” oltre ad essere il rovescio di “Enoch” (cfr. HERA n§63 pag. 72). Vi è una correlazione molto profonda tra Melkisedeq, archetipo del Sacerdote superiore, e Caino, che merita di essere approfondita.

Un Figlio della Luce
Caino, dunque, è il “Figlio della Luce” per eccellenza, colui che rientra in comunione con Dio, il “segnato” da Dio. Non a caso questo concetto era espresso dai padri della Chiesa col termine greco “koinonia”. Nello Zohar 1:37A è detto: “Quando Eva diede alla luce Caino, il suo viso non  somigliava a quello di nessun essere umano; ed è così che tutti i suoi discendenti furono chiamati Figli di Elhoim o Figli della Luce. Fu l’Elhoim Samael (Melchisedeq, lo Spirito, la Luce) che copulò con Eva (l’anima) e generò Caino”. Fabre D’Olivet tradusse in questo modo il testo ebraico originario di Genesi 4:1: “Tuttavia Adam, l’Uomo Universale, conobbe Hewa, l’esistenza elementare; ed essa concepì (partorì) Caino, il forte e il potente trasformatore; ed ella disse: io ho formato, secondo la mia natura, un principio intellettuale dell’essenza mia, e simile a YHWH”. D’Olivet, mostrando di conoscere molto bene il significato simbolico dei caratteri alfabetici linguistici, affermò inoltre che “la radice ebraica del nome Caino si compone del segno eminentemente compressivo e tranciante, e di quello dell’essere prodotto. Tale radice sviluppa l’idea della più forte compressione e dell’esistenza più centralizzata. Caino, ieroglificamente, è potenza manifestata. Talchè può significare il Forte, il Potente, il Rigido, il Veemente; nonché il Centrale, colui che serve di base, di regola, di misura; colui che agglomera, che si appropria, che prende, che comprende, che assimila a sé. È in quest’ultimo senso che Mosè sembra averlo usato nel verbo seguente. Il suo nome significa reggere, governare, mostrare potenza di un re; come per segnalare che, in moltissime lingue, l’idea del potere e della regalità è derivata dalla radice Kan, Kin o Caino”. Egli è l’archetipo del Figlio dell’Uomo nell’era pre-diluviana. Mi rendo conto che ciò sfida un sentire comune rafforzato nei millenni. Ma non è questa l’era delle rivelazioni? Caino rappresenta, quindi, la prima vera risposta dei Figli di Dio allo strapotere degli Arconti su questo piano di realtà, il primo guerriero spirituale dell’umanità, il primo vero cavaliere (ingl. KN-ight) che combatte le sue tendenze carnali.

di Mike Plato

Testi Consigliati
Antoine Fabre D’Olivet. La Lingua Ebraica Restaurata. Ed. Pizeta

Fonte: mikeplato.myblog.it

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