Scienza

Il cosmo sulla brana

di Corrado Ruscica

Secondo il cosiddetto modello standard della cosmologia, l’Universo si è originato circa 13,7 miliardi di anni fa da una grande esplosione iniziale, il Big-Bang, che espandendo la struttura dello spazio e del tempo, diventando sempre più grande grazie ad una crescita esponenziale – nota come espansione inflazionaria – produsse tutta una serie di processi fisici dando luogo alle strutture che osserviamo oggi sotto forma di pianeti, stelle e galassie.

Sebbene il modello cosmologico standard descrive l’evoluzione dell’Universo subito dopo il Big-Bang, tuttavia esso ha presentato da sempre una serie di problemi. Se, ad esempio, andiamo a ritroso nel tempo fino al Big-Bang e assumiamo che lo spazio si riduca a una entità infinitesimale e incredibilmente densa, si trova che le leggi della fisica non possono essere più applicate. In più c’è da dire che nessuno sa ancora esattamente cosa sia il Big-Bang e nella versione, per così dire, ufficiale del modello cosmologico standard non si parla né dell’Universo prima del Big-Bang né si introducono delle ipotesi su cosa lo abbia provocato o generato.

Prima del Big-Bang
Per eliminare il problema dei valori infiniti a cui portano le leggi della fisica, quando esse vengono estrapolate al tempo iniziale t=0, cioè in prossimità del punto della singolarità, come si dice in matematica, rappresentato proprio dal Big-Bang, occorre capire cosa lo ha generato. Al momento, nessuno ha la soluzione al problema della singolarità iniziale, anche se alcuni fisici teorici hanno suggerito che il Big-Bang non fu affatto l’inizio, in altre parole l’Universo avrebbe potuto esistere anche da molto tempo, forse da sempre, ma non tutti concordano. Burt Ovrut, Paul Steinhardt e Neil Turok hanno provato a risolvere l’enigma della singolarità iniziale ipotizzando che il Big-Bang si sarebbe originato dallo scontro di due “brane” giganti, cioè le membrane descritte dalla teoria delle stringhe, che muovendosi nello spazio multidimensionale entrano di tanto in tanto in collisione, un po’ come avviene quando si scontrano due gigantesche onde marine. Secondo questa ipotesi, a un determinato istante, prima del Big-Bang, due brane, rappresentanti due universi paralleli, cominciarono ad avvicinarsi l’una all’altra, fluttuando nello spazio multidimensionale, fino a causare una collisione. L’energia liberatasi dalla collisione finì nel Big-Bang creando l’espansione della “brana-universo” e riscaldando tutte le particelle ad altissima temperatura. In più, il Big-Bang non fu un evento eccezionale, unico, ma le collisioni tra le due brane sarebbero state più di una. Questa ipotesi eliminerebbe dunque il problema della singolarità iniziale implicando che sia trascorso del tempo prima del Big-Bang così da permettere alle due brane di arrivare alla collisione. Sebbene questa idea sia affascinante, presenta dei problemi teorici dato che non sappiamo cosa succede veramente quando due membrane entrano in contatto poichè le equazioni che usiamo per descrivere questi eventi straordinari cessano di avere senso.

I brana universi
Abbiamo un modo di provare l’esistenza dei brana-universi? Se essi esistono davvero, perché non possiamo vederli? Questa nuova visione dell’Universo potrebbe contribuire a risolvere uno dei grandi misteri della scienza moderna che ha a che fare con la gravità. Si pensa, infatti, che la gravità sia incontrastabile ma in realtà si tratta di una forza alquanto debole. È stato osservato sperimentalmente che l’elettromagnetismo è estremamente più forte della gravità, cioè di circa 10 milioni di miliardi di triliardi di volte. Come mai la gravità è così debole rispetto alle altre tre forze della natura? Questo dato di fatto ha disorientato gli studiosi per anni, ma la teoria delle stringhe, grazie alle sue membrane e dimensioni extra, sembra offrire un nuovo modo di affrontare il problema. Forse la gravità ha la stessa potenza della forza elettromagnetica, ma per qualche ragione noi non riusciamo a percepire la sua azione. Immaginiamo, ad esempio, un tavolo da biliardo molto grande. La sua superficie a due dimensioni rappresenta il nostro Universo tridimensionale e le biglie sono gli atomi e le particelle. L’idea introdotta dall’astrofisica Lisa Randall è che gli atomi e le particelle che compongono la materia risiedono sulla nostra brana, ossia sulla nostra fetta di universo, allo stesso modo delle biglie sulla superficie del tavolo da biliardo. Quando le biglie si scontrano si generano onde sonore che si diffondono nello spazio. La gravità potrebbe agire analogamente alle onde sonore e non restare confinata nella nostra brana ma diffondersi, perciò, oltre il nostro “universo-brana”. Dunque, secondo la teoria delle stringhe, le particelle responsabili della gravità, chiamati gravitoni, avrebbero la forma di anelli chiusi a differenza delle stringhe aperte, associate alle altre particelle, i cui estremi resterebbero ancorati sulla superficie della brana tridimensionale. Le stringhe ad anello che formano i gravitoni non hanno estremi che le ancorino, di conseguenza essi sono liberi di viaggiare verso altre dimensioni attenuando perciò l’intensità della forza gravitazionale e facendola sembrare più debole rispetto alle altre tre forze fondamentali. Questa ipotesi apre una prospettiva affascinante perché se è vero che il nostro cosmo giace su una brana e se esistono universi paralleli su altre brane accanto alla nostra forse non li vedremo mai, ma potremo un giorno percepirli per mezzo della gravità.

A caccia di gravitoni
Ma siamo proprio sicuri che l’Universo sia così come lo descrive la teoria delle stringhe? Davvero il mondo è fatto di stringhe, membrane o universi paralleli e dimensioni extra? Oggi i fisici sono impegnati nella verifica sperimentale delle equazioni della teoria delle stringhe altrimenti non potremo più parlare di scienza ma di filosofia. Forse un giorno troveremo qualche indizio dell’esistenza delle stringhe non solo nello spazio ma anche sulla Terra, ad esempio nei laboratori dove sono in funzione gli acceleratori di particelle. Infatti, facendo collidere fasci di particelle, di solito protoni, si ottiene uno sciame di particelle esotiche e tra queste si spera di osservare una unità di gravità: il gravitone. L’idea è quella di individuare un gravitone nel momento della sua fuga in qualche dimensione extra attraverso un dispositivo che segnali la sua assenza. Purtroppo questo evento non si è ancora verificato, ma ci si aspetta molto dagli esperimenti che saranno realizzati all’LHC presso il CERN di Ginevra.

Corrado Ruscica

Fonte: Apparso su Scienza e Conoscenza n. 33 – Luglio/settembre 2010

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Un commento

  1. Cara Giustina,io l'astrofisica la studio per hobby cioè passione da 20 anni,e penso e ti dico solo 2 cosette per non annoiarti:
    1 Sono certo che il nostro universo non sia l'unico perchè limitare la potenza creatrice di Dio?
    2 La miglior teoria per dimostrare l'esistenza di universi paralleli e la teoria dell'inflazione caotica del professor Andrei Linde.
    Ciao

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