Spiritualità

“Storitualità”

di Le Fou

Sono sicuro che vi starete chiedendo “che cavolo significa il titolo di questo post?”. Domanda più che lecita, dunque arrivo subito al nocciolo della questione.

Si tratta infatti di un neologismo da me follemente coniato: storia + spiritualità. Mi sono accorto, dopo numerosi confronti e riflessioni in merito, che molte organizzazioni religiose hanno un’insana e paradossale tendenza a trascurare i loro stessi insegnamenti ponendo molta più cura ed attenzione alla storia del gruppo di cui fanno parte.

Il problema di per sé potrebbe non avere molta importanza, d’altronde siamo tutti umani ed è certo molto più semplice ricadere nello studio della materia “storia” piuttosto che nella materia “se stessi”. È normale e comprensibilissimo, la ricerca interiore richiede perseveranza ma anche molta pazienza.

C’è però un piccolo particolare che non si può non considerare: spesso gli insegnamenti vengono veicolati a fianco di interpretazioni che fanno proprio riferimento a particolari eventi storici, considerati colmi di significati spirituali. Ecco perché allo stesso modo in cui la storia potrebbe non avere alcuna rilevanza con il valore di un insegnamento, diventa però fondamentale nel momento in cui viene tirata in ballo a riprova di dubbie – e spesso dogmatiche – interpretazioni.

Un esempio molto comune ed emblematico vede i detentori della verità fare ricorso a presunti contatti con fraternità, misteriosi maestri, ordini iniziatici, confraternite, se non Dio stesso, che ne certificano a pieno diritto una certa garanzia D.O.C.S. (di origine certificata spiritualmente). Quasi certamente nessuno oserà mai approfondire troppo il discorso, adducendo a fumosi fatti incontestabili, eventuali segreti da mantenere oppure ad esperienze incomunicabili a parole.

Più queste presupposte affiliazioni celesti rimangono indefinite, vaghe e misteriose, più si alimentano le mitologie da corridoio… ma anche e soprattutto le paure. “Paure di cosa?” vi starete chiedendo.

Semplice, la paure di essere giudicati da qualcuno o qualcosa di ancora sconosciuto (ma sicuramente potentissimo e molto, molto più grande di noi) ogni qual volta i propri pensieri o atteggiamenti non sono in linea con i dettami dell’insegnamento proposto. Le paure per una promessa di salvezza e libertà, vincolata però paradossalmente all’obbedienza e al doveroso senso di appartenenza. Le paure che i propri dubbi o insoddisfazioni nel come viene proposto il Cammino siano dovuti ad egoiche forze diabolicamente avverse, in quanto contrarie all’infallibile volere chi “manovra dall’alto”. 

Sia ben chiaro che non è minimamente nelle mie intenzioni screditare né tantomeno ridicolizzare l’esistenza di individui che hanno trasceso la condizione umana-animale per elevarsi ad una condizione umana-spirituale, ma proprio in loro onore credo sia giusto riflettere sull’assurdità di tutti coloro che ne pubblicizzano un rapporto privilegiato ed esclusivo, arrogandosi il diritto di parlare in loro nome.

Guarda caso, quando gli strumenti di indagine lo consentono, le “mitologie celesti” si sgretolano facilmente come sabbia tra le mani, rivelando molte incongruenze se non addirittura veri e propri scheletri nell’armadio. E più ci si avvicina ai presunti fatti storici ritenuti indiscutibili, più emergono elementi scottanti, anche solo piccoli particolari che possono però stravolgere intere impalcature.

Negli ultimi anni abbiamo assistito a nuove e avvalorate ipotesi sull’origine dei vangeli cristiani, ma simili rivoluzioni si possono scorgere anche all’interno di concezioni dottrinali più recenti. Basta avere il coraggio di guardare e la forza di non dimenticare.

Ribadisco che da un certo punto di vista la storia potrebbe non avere nessuna correlazione con il valore di un insegnamento. Al di là dello scandalo che potrebbe suscitare, ad esempio, la notizia secondo la quale la figura storica di Gesù non è in realtà mai esistita, non si potrebbe certo mettere in discussione la saggezza contenuta nei vangeli. Sarebbe come sostenere che la legge di gravità è un’idiozia se si scoprisse che Newton non è mai esistito.

Eppure ben possiamo immaginare quale terremoto religioso e culturale susciterebbe la notizia di un Cristo inventato. Già, perché verrebbero a cadere tutte le strutture dogmatiche costruite intorno alla sua figura, nonostante il fatto che con il suo insegnamento non c’entrino un accidente.

Verrebbero cioè a mancare tutti quei presupposti di presunzione ideologica che, pur non avendo in realtà proprio nulla di spirituale, costituiscono ahimè in molti casi il nutrimento principale di una dottrina. Detto ancora in altre parole, verrebbero a mancare quelle divine motivazioni in grado di elevare il proprio “partito” a privilegiato (se non unico) in mezzo a tanti altri poveri illusi.

La cosa buffa è che invece di essere meravigliati dal fatto che un vero Insegnamento è Universale anche nell’evidenza e non solo nella filosofia, ci si sente feriti e un po’ traditi. È infatti psicologicamente sempre preferibile sentirsi partecipi di un insegnamento esclusivo, dove “qualcuno” ha scelto proprio noi, gli eletti! E la gratificazione personale – non spirituale – si impenna…

Non dobbiamo mai dimenticare a tal proposito che i principi di ogni egregora (che la scienza potrebbe oggi chiamare con il nome di meme oppure campo morfico) sono sempre gli stessi, indipendentemente dai giudizi di valore emessi da coloro che ne fanno parte o da coloro che osservano dal di fuori. Secondo i testi sacri e le osservazioni di carattere sperimentale, quando un “progetto” inizia ad assumere vita propria, indipendentemente da colui o coloro che lo hanno generato, diviene a tutti gli effetti una egregora.

Tale fenomeno è una specie di forma-pensiero che si origina laddove un insieme di persone si orienta intensamente verso un obiettivo (di qualsiasi natura esso sia) dando vita ad una mente collettiva dalle caratteristiche superiori alla somma delle singole parti. Gli effetti immediati si possono percepire attraverso suggestioni inaspettate e prodigiose coincidenze che lasciano facilmente presupporre la presenza di una possente entità invisibile che muove i fili da dietro lo scenario. È chiaro che tutto ciò si presta molto bene ad idealizzazioni di ogni sorta.

Le correnti religiose di vario tipo ne sono l’esempio più emblematico, con la particolarità che ciascuna di esse ha la tendenza a reputarsi un’egregora (evitando ovviamente di usare questo nome, se non in senso dispregiativo nei confronti delle altre tradizioni spirituali) di carattere liberatorio, considerando tutte le altre fuorvianti o comunque non dirette da ispirazione divina; e per sostenere tale convinzione fanno ovviamente ricorso a persuasive argomentazioni correlate da accadimenti storici. È sempre la stessa storia che si ripete da migliaia di anni in tutti i luoghi della terra.

Ma la cosa ancor più interessante è che, come primo punto, si può constatare che ogni egregora per poter sopravvivere ha bisogno di un’approvazione incondizionata da parte dei suoi membri – la famosa fede – e le esperienze insegnano che non vi è strumento migliore del porne al centro un segreto misteriosamente affascinante da poter inseguire o da dover temere (a volte le due cose coincidono). L’immediata conseguenza è che ciò che viene proposto o affermato dalla mente collettiva non viene più ponderato e vagliato in coscienza propria ma accettato come infallibile (vedesi il dogma dell’infallibilità papale… ma gli esempi non si fermano certo lì).

Il secondo punto prevede invece che un’egregora cresca e si propaghi tramite l’imitazione,  non attraverso l’informazione o il convincimento, come si potrebbe pensare. In altre parole veniamo attratti da una o più figure (idealizzate o meno) che in qualche modo ci affascinano e che fungono da esempio nella condivisione della nota approvazione incondizionata sopra citata (come a dire che “se lui – o lei – continuano a seguire i dettami con tanta devozione e perseveranza, è sicuro che qualcosa avranno pur visto o raggiunto…”).

È proprio quest’ultimo meccanismo a permettere l’accettazione e la giustificazione inconsapevole di ogni sorta di contraddizione tra la teoria e la pratica (“Dio è ovunque e lo potete trovare solo dentro di voi, ma senza fare appoggio a noi vi sarà impossibile”, o “tutte le religioni parlano dello stesso Insegnamento, ma come lo presentiamo noi è il modo più corretto”, oppure “la Verità è qui ed ora, ma occorre prima seguire molti di anni di apprendistato per comprenderla”, o ancora “il Cammino prevede l’ascolto della propria coscienza, ma quando questa vi suggerisce cose diverse da quello che vi diciamo noi, è sicuramente fuori strada”, e così via).

È certamente vero che ogni progetto (o egregora) può nascere con finalità anche molto differenti tra loro, da quelle più economiche fino a quelle più spirituali, ma è bene non dimenticare mai che i meccanismi di base rimangono sempre gli stessi al di là di ogni sorta di idealizzazione. Per tale ragione, a un certo punto, occorre avere il coraggio e la maturità interiore di smascherare anche la stessa realtà che ci ha formati, per quanto ciò possa apparire doloroso e ingiusto.

E, badate bene, ciò non significa mandare tutti a quel paese con rancore e delusione, ma significa realizzare un reale distacco interiore, che viaggia in modo indipendente dalla scelta di interrompere o meno un certo percorso intrapreso. Le illusioni non hanno presa dove non trovano un terreno fertile su cui fondarsi ed alimentarsi. E quel terreno siamo noi.

Stiamo infatti parlando di una maturazione che non dovrebbe essere letta come una rivoluzione esteriore, ma profondamente interiore. E allora mi viene in mente un Arjuna sbigottito che viene incitato da Krishna a muover battaglia verso tutti coloro che lo hanno cresciuto e che gli hanno insegnato fino a quel momento… mi viene in mente il detto buddista secondo cui, a un certo punto del Cammino, se si incontra un Buddha occorre ucciderlo… mi viene in mente Gesù quando rinnegava sua madre ed affermava che chi non odia i suoi genitori non è degno di lui… e mi vengono in mente le parole di Krishnamurti:

“Se vogliamo scoprire ciò che è vero, dobbiamo essere completamente liberi da tutte le religioni, da tutti i condizionamenti, da tutti i dogmi, da tutte le credenze e da qualunque autorità che spinga a uniformarci; il che significa, essenzialmente, essere completamente soli, e questo è molto difficile.”

Personalmente, non credo proprio che una vera fratellanza e un vero iniziato abbiano bisogno di legittimare storicamente ciò che sono attraverso date ed eventi. Non ciò che sanno, non ciò che dicono, non i certificati di un’affiliazione da cui affermano di provenire, ma ciò che sono dovrebbe testimoniare per loro senza bisogno di spendere ulteriori parole. Chi entra in sintonia, bene, altrimenti poco importa, che senso avrebbe cercare di stupire attraverso effetti speciali storiografici?

La forza e la profondità di un vero Insegnamento è il suo esempio vissuto, tutto il resto è sterile dottismo o semplice curiosità emotiva, entrambi molto utili per placare e compensare a fragili paure, ma non certo per superarle.

Rimaniamo dunque con gli occhi (interiori) ben aperti, e vigiliamo sempre a 360 gradi dentro e fuori di noi. Se è vero che aspiriamo alla pura spiritualità, non accontentiamoci di perseguire una storitualità come tante. Non posso certo garantire che in tal modo ci si avvicinerà più in fretta alla Verità, ma ci sono buone probabilità di fare un po’ di pulizia da ciò che è non-verità, e questo, consentitemelo, è già un ottimo risultato.

di Le Fou

Fonte: associazioneperankh.wordpress.com

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