Spiritualità

Bhakti Yoga: il sentiero dei mistici

Introduciamo i lettori di Cosmos alla “Via della Bhakti” attraverso i quattro seguenti articoli, riuniti tutti in questo unico post, dai titoli:

  •   “Il bhakti yoga nella Baghavad Gita”
  •   “Bhakti Yoga: articolo tratto da wikipedia”
  •   “L’Amore del Divino nella vita di tutti i giorni” di Swami Veetamohananda
  •  “Bhakti Yoga” di Swami Vivekananda

I quattro articoli sono stati inseriti in un solo post, in quanto intesi come singole parti integranti di un unico discorso il cui obiettivo è quello di dare, seppur in maniera non del tutto approfondita, un’ampia visuale e panoramica di questa meravigliosa Via Maestra: il Bhakti Yoga.

Il bhakti yoga nella Bhagavad Gítá

Il bhakti-márga, che la Gítá definisce bhakti-yoga, delinea il sentiero della devozione.
La bhakti è un attaccamento sentimentale nei confronti del Signore, a cui sono dedicate tutte le capacità emotive. Attraverso il sentimento religioso si instaura un legame tra il devoto e Dio, che lo fa approdare alla percezione dell’Essere supremo.
Questa via è aperta a tutti, poiché essendo la più facile, può essere perseguita da chiunque, infatti, mediante il bhakti-yoga, gli illetterati, gli ignoranti, i deboli e gli umili possono raggiungere l’unione col divino. Al contrario, il karma-yoga e lo jñána-yoga sono vie ardue, in quanto è necessario accordare la volontà umana con quella divina, attuare una disciplina ascetica ed operare strenui sforzi con le facoltà intellettuali.
Nella via della devozione è, invece, sufficiente amare intensamente il Signore, che a sua volta libererà il devoto dai legami del mondo materiale.

È necessario, quindi, abbandonarsi completamente al Signore prendendo rifugio solamente in lui. Così, Dio, richiedendo una devozione incondizionata, cancellerà in cambio tutti i peccati degli uomini trasfigurandoli nella sua luce.
L’amore del vero bhakta è la bruciante follia davanti alla quale ogni altra cosa svanisce. Tutto l’universo, per lui, è pieno di amore e solo di amore. Pertanto, solo quando un uomo ha in sé questo amore, diventa eternamente beato, eternamente felice
.

Nella Gítá, Krishna afferma che la meditazione sull’assoluto, essendo immanifesto, è estremamente ardua, in quanto non offre all’uomo alcun punto d’appoggio, mentre coloro che si dedicano completamente al Signore, nella Sua manifestazione personale, saranno aiutati nel loro cammino verso la perfezione da un libero atto di amore di Dio.
Arjuna, infatti, si chiede se sia migliore il devoto che adora direttamente il Signore impersonale, assoluto, inalterabile, immanifesto, oppure colui che si rivolge alla figura dell’avatára.

"Fra i bhakta che, perennemente uniti a te in ispirito, in questo modo ti adorano e quelli che adorano l’Inalterabile, l’Immanifesto, quali sono i più esperti nello yoga?" (BG XII, 1)

Con questa domanda rivolta a Krishna, Arjuna vuole avere delle delucidazioni sul perché esistano coloro che cercano di realizzare l’unità con l’Assoluto, inteso come figura impersonale, che non ha alcun rapporto con il mondo, e quelli che, invece, ricercano l’unità con il Dio personale che si manifesta nel mondo.
La risposta di Krishna non potrebbe essere più chiara: entrambi raggiungono l’unione con Dio, ma coloro che adorano il Dio personale sono considerati i migliori. La distinzione è data dalla difficoltà di fissare la mente sull’immanifesto. Da ciò il consiglio di considerare Krishna come meta unica ed unico oggetto di fede. L’Assoluto, infatti, è difficilmente afferrabile dalla mente umana, mentre è decisamente più facile raggiungere lo stesso fine attraverso la devozione al Dio personale a cui dedicare tutte le proprie energie.

Il bhakti-yoga è naturale, dolce e affettuoso. Il bhakta non compie gli alti voli del jñána-yogin, non si innalza sulle vette della conoscenza, e perciò non è esposto al rischio di precipitare.

A tale riguardo, il fondatore della "Associazione Internazionale per la coscienza di Krishna" A. C. B. Prabhupáda osserva:

"Non è difficile per un devoto avvicinare l’Essere Supremo, immediatamente e direttamente, mentre coloro che intraprendono la via dell’impersonalismo incontrano numerosi ostacoli. Infatti, per comprendere l’aspetto non manifestato dell’Assoluto, gli impersonalisti devono non solo studiare le Upanishad e altri testi Vedici, ma devono anche percepire ciò che non è percepibile e infine assimilare e realizzare perfettamente tutto questo studio. Compito ben arduo per un uomo comune! Il devoto, invece, impegnato nel servizio a Krishna, non ha difficoltà a realizzare Dio, la Persona Suprema, seguendo le istruzioni di un maestro spirituale autentico, rendendo regolarmente i propri omaggi alla forma del Signore installata nel tempio, ascoltando le glorie del Signore e mangiando i resti del cibo che gli è stato offerto". (A. C. Bhaktivedanta Prabhupáda, La Bhagavad Gítá "così com’è", Firenze, Ed. Bhaktivedanta, 1981, pag. 514.)

Anche se il commento di A. C. B. Prabhupáda è sicuramente condizionato da un forte senso devozionale – che è il cardine centrale della dottrina del movimento da lui creato -, è importate per comprendere l’importanza che la bhakti riveste all’interno della Gítá e nell’intera cultura hindú.
Le forme assunte dalla bhakti sono diverse. Dalla contemplazione della potenza, della sapienza e della bontà di Dio, alla conversazione con altri intorno alle sue qualità. Dall’esercizio di ricordarsi di lui costantemente, al cantare le sue lodi insieme ai confratelli, per terminare con il compiere ogni nostro atto come se fosse un servizio al Signore. Non esiste una regola precisa che stabilisca il modo migliore per accostarsi a Dio. A seconda del temperamento umano, infatti, sarà privilegiato uno piuttosto di un altro.
Le caratteristiche ideali che contraddistinguono il perfetto sono: la benevolenza, la compassione, la pazienza, la contentezza, il controllo di sé e la purezza. Tra tutte, però, la principale sembra essere l’equanimità [ricordarsi la famosa “Legge della Misura e dell’equilibrio” di R. Steiner – NdR] su cui la Gítá insiste più volte:

"Colui che è uguale con il nemico e con l’amico, nell’onore e nel disprezzo, nel freddo e nel caldo, nel piacere e nella sofferenza, libero da legami, uguale verso il biasimo e la lode, silenzioso, soddisfatto, di qualunque cosa, senza una dimora, con la mente ben salda, pieno di tenera devozione – quest’uomo mi è caro". (BG XII, 18-19)

L’equanimità è una caratteristica su cui Krishna insiste più volte all’interno del poema. L’importanza di questa qualità dipende dal fatto che, essendo il mezzo che conduce l’uomo al di fuori dell’illusione del mondo materiale transitorio essa rappresenta la premessa su cui si basano tutte le altre virtù, costituendo l’equilibrio tra gli opposti e di conseguenza, il loro superamento. Attraverso l’equanimità è possibile trascendere la dualità presente nel mondo e raggiungere quella beatitudine tipica del Brahman.
La Gítá assegna alla bhakti un posto centrale nella vita dell’uomo. Questo è il segno indicante la via maestra che conduce l’uomo al Signore. Non alla figura impersonale e astratta che sarebbe difficilmente afferrabile dalla mente umana, ma al maestro e all’amico dell’anima.
L’esortazione finale di Krishna è di rivolgersi costantemente a lui, con amore e devozione; così facendo ogni uomo sarà liberato da qualsiasi vincolo e legame e potrà dimorare costantemente nell’Assoluto. È necessario abbandonare ogni dharma e rifugiarsi nel Signore. Questa è la suprema parola della Gítá .

Fonte: isolafelice.info

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Bhakti Yoga: articolo tratto da wikipedia

Nella scuola di pensiero induista del Vedanta, il Bhakti Yoga (dal sanscrito Bhakti – devozione/amore, e Yoga – unione) è uno dei quattro sentieri di base per raggiungere la salvezza (insieme a Jnana Yoga, Raja Yoga e Karma Yoga).
Bhakti yoga è appunto la via della Bhakti, è l’unione con Dio attraverso un intenso amore e profonda devozione. Questo Yoga (la cui essenza potrebbe riassumersi nell’espressione Amare per l’amore dell’amore) tra tutti è il più semplice e diretto, e si rivolge alla maggioranza degli esseri umani proprio per la sua facilità di messa in pratica, dato che non richiede spiccate capacità intellettive o abilità particolari. Il Bhakti Yoga non è altro che intenso amore per Dio: poiché Egli è la personificazione dell’amore, la via più facile per raggiungerLo è amarLo. Qui si parla di un amore trascendentale, infatti Dio non può essere realizzato con un amore così ardente e assorbente come la passione coniugale; l’amore devozionale deve essere sviluppato progressivamente.
Secondo il Bhakti Yoga, la persona che ama Dio non ha né bisogni, né afflizioni; non odia né gli esseri, né gli oggetti; non ha alcun piacere negli oggetti dei sensi. Egli ingloba tutto e tutti nella calorosa stretta del suo amore. E, poiché l’estasi che deriva dalla comunione con Dio (Samadhi) nell’amore è la cosa più inebriante in assoluto, colui che (anche una sola volta) ha fatto l’esperienza di questo amore non vedrà altro che questo, non ascolterà, né parlerà più che di questo, poiché penserà costantemente soltanto a questo amore.

Si considera il Bhakti-Yoga come la scienza per eccellenza, poiché non c’è sentiero valido fuori dell’amore di Dio. Il nome, gli attributi ed i Lila (Giochi divini) del Signore, sono cose essenziali di cui è necessario ricordarsi nel Bhakti Yoga. I Piedi di Loto del Signore, la Sua presenza, divengono il principale oggetto di meditazione.

Secondo lo Srimad Bhagavatam esistono 9 metodi per praticare il Bhakti yoga:

  1. ricordare Dio (smaranam)
  2. ascoltare (svaranam)
  3. cantare/celebrare (kirtanam)
  4. servire (pada sevanam)
  5. adorare sull’altare (arcanam)
  6. provare amicizia per i devoti (sakhyam)
  7. pregare (vandanam)
  8. servire tutti con umiltà (dasyam)
  9. sottomettersi (atma-nivedanam)

Il Bhakti Yoga afferma che Dio si rivela in maniere differenti a coloro che Lo amano, assumendo la medesima forma che il devoto ha scelto di venerare. Così, se si adora nella forma di Vishnu, Shiva, Kali, Rama, Krishna, o Buddha, o il Cristo, o Allah, allora Dio si manifesterà in quella particolare forma.

Gesù Cristo, il Cuore Sacro

Al Bhakti Yoga è dedicato il dodicesimo capitolo della Bhagavad Gita, nel quale si afferma:
Coloro che, fissando le loro menti su di Me, Mi adorano stando sempre uniti a Me con intensa fede e devozione suprema, Io li considero i perfetti conoscitori dello yoga.
Bhagavad Gita, XII, 26

Inoltre, sempre nella Bhagavad Gita si legge:

Soltanto col servizio devozionale è possibile conoscere Me, il Signore Supremo, che cosa e Chi sono Io. E colui che diviene pienamente cosciente di Me grazie a questa devozione, entra rapidamente in Dio.
Bahagavad Gita, XVIII, 55

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L’Amore del Divino nella vita di ogni giorno

di Swami Veetamohananda; traduzione a cura di Amanzio Borio

Nel corso di tutta la vita cerchiamo di ottenere molte cose. Ma ahimè, non tutto e non sempre va come desideriamo. Così, si crea una specie di ironia della sorte tra quanto è desiderato e quanto è ottenuto. E tuttavia c’è un significato creativo in quanto ci accade. Attraverso le prove e gli errori, le esperienze e i fallimenti, le disillusioni e le lezioni, siamo guidati a desiderare quello stato supremo in non c’è spazio per l’ironia della sorte. E’ lo stato più elevato che si possa ottenere nel corso della vita.

L’amore del divino non può mai dare dispiacere a quelli che l’ottengono. Narada, il grande maestro della Bhakti dice: “La bhakti è quella cosa attraverso la cui realizzazione si diventa perfetti, immortali e completamente soddisfatti”.

Non è per desiderio verso la soddisfazione mondana che il devoto ama il Divino. Per il devoto sincero, la Bhakti è la vera finalità. Egli ama il Divino per amore dell’amore. Nondimeno, si può dire che un tale amore ha come corollario uno stato di perfezione, di immortalità e di soddisfazione indescrivibile.

Shri Ramakrishna dice: “La Bhakti è l’unica cosa essenziale. La migliore via per il mondo d’oggi è la Bhakti yoga, la via della Bhakti prescritta da Narada. La Bhakti yoga è la religione per questa epoca”. Intuendo che queste affermazioni richiedono un spiegazione, Shri Ramakrishna aggiunge:

“Ma questo non significa che l’adoratore del Divino raggiungerà una meta e il filosofo e il lavoratore un’altra. Ciò significa che se una persona cerca la conoscenza di Brahman, può raggiungere Questo seguendo la via della devozione. Il Divino, che ama il suo devoto, può dargli la conoscenza di Brahman se egli ( il devoto) lo desidera”.

La concezione di Shri Ramakrishna della devozione e della conoscenza è un po’ differente dalle concezioni tradizionali, appartenendo le une alla dualità, l’altra alla non dualità. L’aver realizzato che Brahman e Shakti (il potere di Brahman) sono identiche, è in perfetta correlazione con i suoi insegnamenti che Bhakti e Jnana sono il dritto e il rovescio dello stesso capo. Egli dice infatti: “La conoscenza e l’amore del divino sono una cosa sola. Non c’è differenza tra la conoscenza pura e l’amore puro”. La prova che non c’è differenza tra la conoscenza pura e l’amore puro può essere largamente percepita nella devozione di Shri Ramakrishna e in quella di Swami Vivekananda.

Ramakrishna raccomandava la bhakti yoga come la religione di oggi per una ragione semplice. E’ per compassione della moltitudine che egli lotta. Il Signore non opera perché la liberazione sia sulle spalle del devoto. La liberazione è il compito del Signore e il privilegio del devoto. Dio si incarna nel mondo per aiutare l’umanità, e il genere umano non può assolutamente e in nessun modo fermare questo. Il Signore del maya sa dove il maya crea gli attaccamenti.

Le parole di Shri Ramakrishna sono di un realismo supremo e tuttavia piene di compassione illuminata: “Per l’epoca attuale seguire l’Jnana yoga è…molto difficile. Prima di tutto, la vita di un uomo dipende completamente dal cibo. Poi, il periodo della vita è corto. Infine, egli non può liberarsi della consapevolezza del corpo. Lo jnani dice – io sono Brahman; Io non sono il corpo. Io sono aldilà della fame e della sete, della malattia e della sofferenza, della nascita e della morte, del piacere e del dolore”.

Come potete essere uno jnani se avete coscienza della malattia, del dispiacere, del dolore, del piacere e di quanto gli corrisponde? L’umanesimo (l’ingegnosità, la chiaroveggenza) di Shri Ramakrishna non si fermano qui. In un altro contesto egli dice: “Lo jnani yogi desidera realizzare Dio-Brahman, l’Impersonale, l’Assoluto e il Non-Condizionato. Ma, in linea di massima, una siffatta anima farebbe meglio, nell’epoca attuale, ad amare, pregare e abbandonarsi totalmente a Dio. Il Signore salva il suo devoto e gli accorda anche l’jnana-brahma se il devoto lo desidera ardentemente e ne è assetato. Così, lo jnani yogi raggiungerà perfettamente la jnana come la bhakti. Gli sarà dato di realizzare Brahman, ed egli aspirerà alla volontà divina di realizzare il Dio personale del Bhakta”.

Shri Ramakrishna vuol dire che la Bhakti non è una via specifica della dualità: può essere un cammino personale di realizzazione dell’Impersonale parallelamente alla via tradizionale generalmente conosciuta come jnana yoga. In questo modo la finezza (chiaroveggenza) eccezionale di Shri Ramakrishna allarga i confini dell’idealismo spirituale annichilendo le divisioni artificiali che separavano tradizionalmente la via dello Jnana e della Bhakti.

In altri termini, non solo il suo maestro della non-dualità, Totapuri, ma anche i suoi discepoli più eminenti che aspiravano all’advaita hanno finito con l’accettare che la Madre Divina Kali era fondamentale non solo nelle loro vite, ma anche in tutta la saggezza del Vedanta. Questa saggezza, che Swami Vivekananda ha appreso in modo particolare da Shri Ramakrishna, egli l’ha insegnata più tardi nella sua vita come la sintesi di tutti gli yoga. Questo insegnamento è rappresentato sull’emblema dell’Ordine di Ramakrishna.

Con questa visione retrospettiva possiamo ora focalizzarci sulla via dell’amore divino.

Prima di tutto, consideriamo alcune trasformazioni tangibili attraverso cui la bhakti benedice le nostre vite. Queste sono considerate come difficili da raggiungere attraverso altre vie, diverse dalla bhakti.

Possiamo dire che la bhakti conferisce al devoto quattro tipi di benedizioni:

1. la capacità di conquistare se stessi

2. la capacità di provare gioia o di essere soddisfatti

3. la capacità di salvaguardia o di preservazione

4. la capacità direttrice e integrante

Vediamo ora di discutere brevemente come esse agiscono nella vita di ogni giorno.

1. La Bhakti conferisce al devoto la capacità di conquistare se stesso, e con essa si giunge a padroneggiare i due tipi di ostacoli che tendono a creare l’asservimento dell’anima.

Il primo gruppo si compone dei sensi intrinseci all’uomo, non controllati, che lo perturbano dentro. Il secondo consiste nelle tentazioni del mondo che lo intrappolano dal di fuori. Ogni persona che si sforza seriamente di raggiungere l’eccellenza spirituale dovrà confrontarsi con i due gruppi di ostacoli e padroneggiarli. Essi sono i pericoli più potenti e più costanti sul cammino spirituale. Ma come pervenire al dominio di questi due gruppi di ostacoli?

Una volta, un devoto ha chiesto a Shri Ramakrishna: “E’ necessario, Signore, che si debba giungere prima di tutto al controllo dei nostri sensi attraverso una giusta discriminazione?”. Shri Ramakrishna ha risposto: “Bene, questa è una via, la via della giusta discriminazione. Nella via della bhakti, il controllo di sé viene da solo – e viene molto facilmente. Più il nostro amore per il Divino aumenta, più i piaceri dei sensi… potranno divenire più insipidi”. E più avanti egli dice: “Una volta che la fede per il divino è completamente risvegliata, tutte le cattive passioni come la lussuria e la collera sono totalmente distrutte”.

Shri Krishna dice: “Così come il fuoco acceso riduce la legna in cenere, così la devozione a Me distrugge totalmente tutti i peccati”. E aggiunge: “Così,un devoto che si vota a Me e non essendo padrone dei sensi è turbato dagli oggetti dei sensi, generalmente non è dominato da essi in ragione della sua profonda devozione”.

Queste assicurazioni non fanno forse crescere in noi l’entusiasmo?

2. La Bhakti conferisce al devoto la capacità di provare gioia o di essere soddisfatti. Questo è relativo a tutta l’acquisizione della felicità (o della pienezza) nella vita. Così Narada dice: “Ottenendola, un uomo non desidera nient’altro; egli non si rallegra di nulla: egli non agisce per servire il suo interesse personale”.

Si può essere deformi. Si può essere brutti, ciechi o infermi. Si può soffrire di una malattia incurabile. Si può non avere il potere della seduzione o un talento pronunciato, si può essere di una mediocrità indescrivibile. Potete essere un uomo povero, potete non avere educazione, non avere amici, voi potete essere vittima dell’ingiustizia sociale o dell’oppressione politica. Se non avete l’amore del divino, una qualunque di queste situazioni è sufficiente per rendervi miserabili. E abbastanza sovente, nella nostra vita, ci sarà una combinazione di due o più di questi ostacoli che trasformano la vita in una costante agonia.

Ma per chi ha nel cuore amore per il divino, nessuna di queste situazioni può rendere la vita miserabile. Per quello di cui Dio ci ha privato, Dio stesso ci colma dentro rivelandosi più vicino a chi gli è devoto.

Se siamo privati dei beni materiali comuni e di sostegno psicologico, e nello stesso tempo non siamo confortati da un minimo di amore del divino, la situazione diventa infatti tragica.

Per quanto provvisti di bellezza, denaro, istruzione, potere e fama – tutto ciò che la gente apprezza – se non si ha l’amore del Divino, anche se si possiede l’uno, alcuni o tutti questi doni e valori, è come se si viaggiasse verso la propria rovina sulla linea del TGV.

E’ detto in un proverbio cinese:

“Quando il divino porta la sventura ad una persona, gli offre una qualche possibilità di riempirla di gioia perché la disgrazia possa essere ricevuta in maniera proficua; quando Dio vuole prodigare benedizioni a una persona, le infligge una piccola disavventura e vede come la persona può trarne profitto”.

Solo il devoto sincero riceve davvero dalle mani piene di grazia del divino tali esperienze destinate alla sua evoluzione.

La bhakti, quando continua ad intensificarsi presso il devoto arricchisce spontaneamente la sua natura interiore di tesori divini come la non-violenza, la verità, l’assenza di collera, il distacco, la calma, l’assenza di calunnia, la compassione per gli esseri, l’assenza di cupidigia (di desideri), la dolcezza, la modestia, la ponderazione, l’intrepidezza, il perdono, il coraggio, la purezza di cuore, la benevolenza, la modestia, etc.

Così come i fiori di primavera appaiono in spazi inattesi, così dall’avvento dell’amore del divino, queste qualità sbocciano nella vita del devoto senza che siano ricercate. Colui la cui comprensione è stata risvegliata sa che nessun tesoro più ricco può essere trovato in qualunque sorta di soddisfazione: è allora che il bisogno di compensazione non comparirà mai più.

3. La Bhakti conferisce al devoto la capacità di salvaguardia o di preservazione. Le inquietudini della vita consumano anche la resistenza del mentale. Nella maggior parte delle società, il crescere delle inquietudini sembra progredire con l’aumento dell’abbondanza. Più una società è ricca, più le case diventano infelici. Ma per il devoto sincero, è così facile liberarsi delle sue inquietudini !

Il saggio Narada dice nel suo aforisma sull’Amore Divino: “Il bhakta non ha più motivo di preoccuparsi delle miserie del mondo, perché egli ha abbandonato il suo sé individuale, il mondo e i Veda al Signore Supremo”.

Se un uomo dice di amare il Divino e tuttavia si preoccupa di ogni sorta di cose, egli mente semplicemente a se stesso. Un vero devoto del supremo non ha più inquietudini. Per di più, la bhakti distrugge le tendenze immorali e dunque preserva il devoto da ogni tipo di sofferenza che altrimenti avrebbe segnato il suo destino. E ancora, se il devoto può realmente abbandonare il suo ego e il suo karma al Signore, egli è liberato dagli effetti di asservimento al karma e delle interminabili miserie che ne derivano.

Infine, al di là e al di qua di tutte queste benedizioni, c è la dichiarazione inequivocabile del Supremo: “Arjuna” egli dichiara arditamente “(Stanne certo) Il mio devoto non muore mai”. Interpreteremo questa dichiarazione che è stata fatta a più riprese attraverso le incarnazioni, dicendo che qualunque cosa possa accadere al devoto in relazione alle situazioni mondane, il Signore Supremo veglierà, attraverso tutti i pericoli, sull’evoluzione del devoto e lo guiderà verso lo scopo ultimo della vita, cioè Dio.

4. La Bhakti conferisce al devoto la capacità direttrice e integrante ed eleva un essere umano, originariamente inerte, al livello di una persona altamente evoluta attraverso il canale per cui l’amore e la luce del divino possono manifestarsi anche nelle case degli uomini

La Bhakti può essere definita come un innalzamento alla verticale delle nostre emozioni attraverso un’armonizzazione di tutte le nostre energie interiori per la conquista più intima del divino. Una tale verticalizzazione delle energie ci rende simili ad un’unica fiamma che si eleva. In un vero bhakta non c’è nulla che sia dissipato, nulla che sia disperso. L’integrazione è così spontanea che c’è il minimo di lotta per (il raggiungimento di) questo stato. Tutto diventa chiaro come una sinfonia divina in una struttura perfetta dell’armonia ultima della vita.

Swami Vivekananda lo attesta ( lo corrobora): “La Bhakti non è distruttrice; lei insegna che tutte le nostre facoltà possono divenire mezzi per raggiungere la liberazione. Noi dobbiamo dirigerle tutte verso il Divino e offrire a Lui questo amore che abitualmente è disperso nei fugaci oggetti dei sensi”.

di Swami Veetamohananda

Fonte: gruppovedantalila.it 

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Bhakti Yoga

di Swami Vivekananda

Il Bhakti-yoga è una reale, genuina ricerca del Signore, una ricerca che inizia, continua e finisce nell’amore. Un singolo istante di estremo amore di Dio ci porta libertà eterna.

“Bhakti (devozione) è intenso amore di Dio.” “Quando un uomo l’ottiene ama tutti, non odia nessuno; diviene soddisfatto per sempre.” Questo amore non può essere ridotto ad alcun beneficio terreno, perché fino a che esistono desideri mondani, questo tipo di amore non viene.

La bhakti è dentro di voi, la copre solo un velo di desiderio-e-ricchezza, e appena questo è rimosso, la bhakti si manifesterà.

Un modo di ottenere la bhakti è attraverso la ripetizione del nome di Dio per un certo numero di volte. I Mantra hanno un effetto-la pura ripetizione di parole….Per ottenere la bhakti, cercate la compagnia di uomini santi che hanno la bhakti e leggete libri come la Gita e L’Imitazione di Cristo. Pensate sempre agli attributi di Dio.

I necessari pensieri giornalieri possono tutti essere associati con Dio: Mangiate con Lui, bevete con Lui, dormite con Lui, vedeteLo in tutto. Parlate di Dio agli altri, ciò è molto utile.

Il Bhakti-yoga non dice, “Rinuncia”; dice solamente, “Ama; ama il Supremo.” E tutto ciò che è basso e spregevole cade via naturalmente da colui l’oggetto del cui amore è il Supremo.

Se un uomo non riceve cibo per un giorno, si inquieta; se suo figlio muore, quanto è disperato per lui! Il vero bhakta sente gli stessi dolori del cuore quando si strugge per Dio. La grande qualità della bhakti è che pulisce la mente; e la bhakti per il Signore Supremo, fermamente stabilita, è da sola sufficiente a purificare la mente.

La bhakti differisce dall’idea occidentale della religione per il fatto che non ammette elementi di paura, nessun Essere da placare o propiziare. Ci sono anche bhakta che adorano Dio come loro figlio così che non possa rimanere alcun sentimento di timore o reverenza. Non vi può essere paura nel vero amore; fin quando esiste anche un minimo di paura, la bhakti non può nemmeno cominciare. Nella bhakti non c’è neppure spazio per supplicare o per mercanteggiare con Dio. L’idea di chiedere a Dio qualsiasi cosa è un sacrilegio per il bhakta. Non pregherà per salute o ricchezza e neanche per andare in Paradiso.

“Signore, costruiscono alti templi in Tuo nome; fanno regali nel Tuo nome. Io sono povero, non ho nulla; così prendo questo mio corpo e lo metto ai tuoi piedi; non abbandonarmi, o Signore!” Tale è la preghiera che scaturisce dal profondo del cuore del bhakta. Per chi lo ha provato, questo eterno sacrificio dell’ego per l’amato Signore è di gran lunga superiore a tutta la ricchezza e potere, a tutti gli sconfinati pensieri di notorietà e divertimento.

Quando il devoto ha realizzato il suo Ideale, non è più spinto a chiedere se Dio possa essere dimostrato o meno, se Lui sia onnipotente e onnisciente oppure no. Per lui, Egli è solo il Dio dell’Amore. Egli è l’ideale più alto d’amore e questo è sufficiente per tutti i suoi scopi. Dio, come amore, è auto-evidente; non c’è bisogno di prova per dimostrare l’esistenza dell’amato all’amante. Il Dio giudice di altre forme di religione può aver bisogno di un bel po’ di prove per essere dimostrato, ma il bhakta non può e non pensa assolutamente a un Dio di questo genere. Per lui Dio esiste interamente come amore.

Il perfetto bhakta non va più a vedere Dio in templi e chiese; non conosce posto dove Egli non si trovi. Lo trova fuori dal tempio così come nel tempio; Lo trova nella cattiveria del malvagio tanto quanto nella santità del santo, perché Lui è già seduto in gloria nel suo cuore come l’onnipotente, inestinguibile Luce d’Amore, che è sempre risplendente ed eternamente presente.

Tutti noi dobbiamo cominciare come dualisti nella religione dell’amore. Dio è per noi un Essere separato e anche noi ci sentiamo di essere separati. Quindi viene l’amore tra i due e l’uomo comincia ad avvicinarsi a Dio e anche Dio viene sempre più vicino all’uomo. L’uomo prende tutte le varie relazioni della vita, come quelle di padre, madre, figlio, maestro e amante e le proietta sul suo ideale d’amore, sul suo Dio. Per lui Dio esiste come tutti questi. E l’ultimo punto del suo progresso è raggiunto quando sente che è diventato completamente assorbito nell’oggetto della sua adorazione.

Io conosco un uomo che il mondo era solito chiamare folle e questa fu la sua risposta: “Amici miei, l’intero mondo è un manicomio: alcuni sono folli per l’amore terreno, altri per il nome, altri per la fama, altri per denaro, altri per la salvezza e per andare in paradiso. In questo grande manicomio anch’io sono folle; sono folle per Dio. Voi siete folli; così sono anch’io. Penso che infondo la mia follia sia la migliore. “

Cosa fa alzare un uomo e lavorare? La forza. La forza è virtù, la debolezza peccato. Se c’è una parola che troverete saltar fuori dalle Upanishad come una bomba, che esplode come una bomba sulle masse dell’ignoranza, è la parola coraggio. E la sola religione che dovrebbe essere insegnata è la religione del coraggio. O in questo mondo o in quello della religione, è certo che la paura è causa sicura di degradazione e peccato. È la paura che porta l’infelicità, la paura che porta la morte, la paura che genera il male. E cosa causa la paura? L’ignoranza della nostra natura.

di Swami Vivekananda

Fonte: ramakrishna-math.org

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