Spiritualità

San Francesco e Chiara

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Un bellissimo brano tratto da “I fioretti di Santa Chiara d’Assisi”, capitolo 10 “Le Rose”, dal quale si evince il bellissimo e purissimo rapporto che esisteva tra San Francesco e Santa Chiara, un amore platonico all’interno di un Amore ancora più grande: quello per Cristo e per Dio Padre. Entrambi uniti dall’Amore del Cristo che abitava nei loro cuori al primo posto, prima di ogni altra cosa al mondo.

Chiara avrebbe voluto vedere più spesso Francesco. Aveva da chiedergli tante cose! Poteva fare a meno del cibo materiale, ma non di quello spirituale, che le veniva dalla parola del maestro.
Francesco invece si teneva lontano da San Damiano. Diceva ai suoi frati:
– Guardatevi dal dolce veleno della dimestichezza con le donne!
Chiara non era veleno e non poteva essere una tentazione per Francesco, uomo di penitenza. Ma Francesco voleva dare l’esempio agli altri, allontanandosi per primo da San Damiano ed evitando di parlare con le “povere donne”.
Chiara se ne doleva. I suoi lamenti venivano riportati a Francesco.
– Non crediate, – egli rispondeva, – ch’io non le ami con perfetta dilezione. Soltanto voglio dare a voi un esempio e dovete imitarmi.
Le amava tutte, quelle “povere donne”, che seguivano i suoi insegnamenti. E sopra alle altre amava Chiara. Pregava per lei, perché si mantenesse fedele a Cristo e alla povertà.
Chiara era il suo capolavoro; era la stella splendidissima del suo firmamento. E come le stelle, doveva essere ammirata di lontano.
Ma Chiara aveva bisogno, specie nei primi tempi, d’esser guidata. Temeva di non sapersi dirigere, da sola, sulla via della perfetta povertà. Sollecitava perciò una visita del maestro.
Francesco, di quando in quando la visitava. Le sue apparizioni a San Damiano erano fugaci. Bussava alla porta, salutava dicendo:
– Pace e bene.
Dava un’occhiata d’intorno. Vedeva che il convento era la “torre fortificata della sovrana povertà”. Nulla d’inutile e di futile. Nulla di fastoso e di superfluo.
E nulla neppure di squallido e di triste. Povertà lieta e pulita. Serenità accogliente.
Tutto era chiaro dov’era Chiara; tutto era grazioso dov’era la Grazia di Dio.
Un giorno d’inverno Francesco stava per partire com’era venuto, senza accettare nessun conforto, oltre a quello che gli veniva dalla perfetta povertà e dalla perfetta letizia di quelle giovani recluse.
S’avviò così alla porta. Fuori il vento fischiava voltando e rivoltando i rami degli olivi. Il nevischio turbinava sul sagrato. A piedi nudi Francesco s’inoltrò sulla neve.
Chiara lo seguì, indietro di qualche passo. Voleva trattenerlo. Almeno voleva la promessa d’un’altra prossima visita.
Francesco si tirò il cappuccio sulla fronte:
– Sorella Chiara, è bene, per la faccia del mondo, dividersi. Ti lascio alle tue cure.
Chiara, nel chiarore della neve che copriva la terra, si sentì smarrita:
– Che farò senza di te? Tu mi guidi e m’illumini.
Francesco alzò gli occhi al cielo livido:
– Il Signore ti guiderà.
– E non ci rivedremo più?
Francesco si guardò attorno. Misurò il tempo, scorgendo un cespuglio di spini ricoperto di neve.
– Ci rivedremo quando rifioriranno le rose.
Era il principio dell’inverno e le rose non sarebbero fiorite che a primavera inoltrata. Francesco voleva mettere tra sé e Chiara un’intera stagione.
– Sia fatta la tua volontà, insieme con quella del Signore – rispose Chiara abbassando la testa.
Francesco fece per allontanarsi, ma un inatteso rossore lo fermò. Sul cespuglio, improvvisamente, miracolosamente, era fiorito un cespo di rose.
Chiara, sotto il suo doppio velo, sorrideva, e quando Francesco sparì, verso Spello, nel turbinio della neve, ridiscese verso San Damiano, con un fascio di rose in mano, che depose ai piedi del Crocifisso.

 

 

Fonte: www.sanfrancesco.com

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