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Riflessioni sul postulato di c come costante universale

di Ciro Scotto

C La famosissima “Teoria della Relatività” (TR) di Albert Einstein poggia sull’assunzione (postulato) che la velocità della luce nel vuoto – indicata con “c” – sia una costante universale e, precisamente, sia il limite superiore invalicabile per tutti i corpi materiali (dotati di massa!) in moto nell’universo.

Questo assunto però si scontra subito con alcuni strani fenomeni osservati nel mondo microscopico, la cui logica di fondo è alquanto diversa dalla ben conosciuta logica del mondo macroscopico in cui viviamo, così come evidenzia un’altra importantissima teoria fisica: la meccanica quantistica (MQ). In particolare, per comprendere subito la questione, portiamo la nostra attenzione su un singolare “effetto quantistico”- derivante dalla celebre “interpretazione di Copenaghen” della MQ – conosciuto col nome di “entanglement”, o correlazione quantistica.

Ecco cosa si legge in merito alla voce “entanglement quantistico” nella più famosa enciclopedia del web, cioè Wikipedia:

« [l’entanglement] è un fenomeno quantistico, privo di analogo classico, in cui ogni stato quantico di un insieme di due o più sistemi fisici dipende dallo stato di ciascun sistema, anche se essi sono spazialmente separati (qualunque sia la distanza – NdA). Viene a volte reso in italiano con il termine "non-separabilità". »

quantum_entanglement L’entanglement sembra quindi suggerire la possibilità che forse la luce non sia affatto insuperabile, portandoci quindi ad una conclusione che sarebbe così in contrasto col postulato relativistico di “c” come limite superiore per corpi dotati di massa (finora sempre confermato dall’esperienza). Ma questa imbarazzante situazione si risolverebbe immediatamente non appena si ipotizzasse l’idea di un universo in cui la massa-energia fosse distribuita in modo non-locale.

Purtroppo la TR è una teoria locale, da qui l’inconciliabilità tra logica quantistica e logica relativistica.

Per meglio comprendere quanto appena affermato e in cosa consiste il concetto di “non-località”, riportiamo (sempre dalla stessa pagina di Wikipedia) un altro interessantissimo passaggio:

« L’entanglement è una delle proprietà della meccanica quantistica che portarono Einstein e altri a metterne in discussione i princìpi. Nel 1935 lo stesso Einstein, Boris Podolsky e Nathan Rosen, formularono il celebre paradosso EPR (dalle iniziali dei tre scienziati), che metteva in evidenza, appunto come paradossale, il fenomeno dell’entanglement. Esso nacque dall’assunzione di tre ipotesi: principio di realtà, principio di località e completezza della meccanica quantistica. Perché il paradosso venisse risolto era necessario che cadesse una delle tre ipotesi, ma considerando le prime due sicuramente vere, in quanto evidenti, gli autori giunsero alla conclusione che la meccanica quantistica è incompleta (contiene cioè variabili nascoste). In realtà vi era un errore di fondo, evidenziato nel 1964 da Bell con la dimostrazione, nell’ambito di una teoria delle variabili nascoste che riproduca le previsioni della meccanica quantistica, dell’incompatibilità tra i principi di località e di realtà. L’interpretazione maggiormente condivisa della meccanica quantistica (interpretazione di Copenaghen) contempla ad un tempo aspetti locali (teoria quantistica dei campi) e non locali (come appunto l’entanglement) rifiutando il principio di realtà, mentre, ad esempio, l’interpretazione di Bohm, che è una tipica teoria delle variabili nascoste, afferma il principio di realtà, escludendo quello di località.

In ogni caso la meccanica quantistica si è dimostrata in grado di produrre corrette previsioni sperimentali fino ad una precisione mai raggiunta prima e le correlazioni associate al fenomeno dell’entanglement quantistico sono state effettivamente osservate. All’inizio degli anni ’80 Alain Aspect e altri hanno svolto una serie di esperimenti particolarmente accurati che hanno provato che le correlazioni misurate seguono le previsioni della meccanica quantistica. Più recentemente (1998) Zeilinger e altri hanno migliorato tali esperimenti confermando risultati in accordo con le previsioni teoriche. »

einstein Ma ora, ritorniamo di nuovo alla Relatività di Einstein, restiamo nell’ambito di questa teoria, e cerchiamo di comprendere ancora più a fondo cosa comporta la costante “c”.

Come è noto, ribadiamo che la Teoria afferma che tutte le particelle che non possiedono massa – ossia che hanno massa a riposo nulla – si muovono a velocità c. Ma cosa accadrebbe invece ad un corpo, dotato di massa, che giungesse a sfiorare il limite della velocità della luce?

La risposta è questa: man mano che il corpo accelerando si avvicinerebbe a c, esso aumenterebbe, oltre che la propria velocità, anche la propria massa: fino a divenire quest’ultima infinita a velocità c. A questo punto, infatti, l’accelerazione del corpo si arresterebbe, in quanto tutta l’energia di propulsione non farebbe altro che trasformarsi in materia (E=mc²), andando così ad aumentare sempre di più soltanto la sua massa che tenderebbe a divenire praticamente infinita, mentre la velocità si stabilizzerebbe costantemente sul valore c (circa 300.000 Km/s).

Sappiamo inoltre che, per un osservatore posto in un sistema inerziale (sistema fisso), le dimensioni del corpo risulterebbero schiacciate (contratte) nella direzione del moto, mentre il tempo del sistema-corpo risulterebbe dilatato (più lento) rispetto appunto al tempo del sistema inerziale dell’osservatore esterno.

Riepilogando quindi: secondo la Relatività, un corpo dotato di massa non può mai raggiungere c, ma soltanto arrivare a sfiorarla inferiormente; infatti, giunto quasi a velocità c il corpo avrebbe massa praticamente infinita, e a questo punto per spingerlo oltre c, servirebbe una quantità di energia infinita (E=mc²)… che però nell’Universo non esiste!

Spaziotempo-distorce-la-visione In verità, però, la stessa Teoria della Relatività (ristretta) ammette anche l’ipotesi dell’esistenza di particelle che sarebbero in grado di viaggiare più veloci della luce: si tratta dei cosiddetti tachioni.

Questi ultimi sarebbero però delle particelle virtuali, che derivano dalle equazioni che descrivono la teoria quando in esse si inseriscono i numeri immaginari.

E bisogna precisare, inoltre, che i tachioni sarebbero particelle in grado di viaggiare solo ed esclusivamente ad una velocità superiore a quella della luce, e mai inferiore (servirebbe una energia infinita per frenarli al di sotto di c!).

Tutta la materia che possiede massa, invece – come precedentemente affermato -, sarebbe costituita da particelle che viaggiano sempre a velocità più basse di c, e per questo definite “bradioni”.

La Relatività afferma quindi che non è possibile infrangere il limite della velocità della luce né superiormente (per i bradioni), né inferiormente (per i tachioni). Pertanto la velocità della luce sarebbe come il confine tra un mondo reale-fisico sub-luminale (costituito da bradioni) e un mondo virtuale iper-luminale (nel quale esisterebbero i tachioni).

E ora, sbizzarriamoci un po’, e lavoriamo di fantasia… perché “l’immaginazione è più importante della conoscenza!” (nota frase di Albert Einstein)

Chissà, magari un uomo che riuscisse a superare la velocità della luce si troverebbe per così dire (con abuso di “notazione”) in un’altra “dimensione”, cioè in un mondo parallelo al nostro, a patto che quest’uomo possegga un corpo formato da tachioni (il Corpo di Luce della Tradizione Gnostica?)… un mondo in cui il tempo fluirebbe al contrario, e con leggi anti-simmetriche a quelle del nostro mondo, o del tutto differenti. Chissà!

Di ipotesi e speculazioni se ne possono fare a iosa… ma questo non è affatto un atteggiamento scientifico.

Quindi, tornando di nuovo coi piedi per terra, bisogna constatare che i tachioni per ora non sono altro che pure entità matematiche, senza riscontro nella realtà, e comunque forse non potrebbero neanche spiegare l’entanglement quantistico, il quale avviene per particelle reali, e non virtuali.

scientificamerican0206-74sp-I6 Pertanto l’unico modo di spiegare l’effetto EPR in chiave quantistica e allo stesso tempo non contraddire di molto la teoria della relatività (diciamo una sorta di compromesso tra le due principali teorie della fisica), sarebbe proprio quello di considerare l’ipotesi che la massa-energia dell’universo sia distribuita in esso in modo non-locale e ammettere il paradigma di un “universo olografico”, come ipotizzato anche dal celebre fisico David Bohm: l’Universo sarebbe cioè una sorta di immenso ologramma multi-dimensionale in cui la materia-energia si trova organizzata in modo non-locale.

Ma, come ultimo spunto di riflessione, osiamo oltre e cerchiamo di essere ancora più sfrontati. Ammettiamo quindi che invece, “per assurdo”, la Teoria della Relatività si sbagli, e in particolare che “c” sia una velocità non solo raggiungibile da un corpo dotato di massa, ma addirittura da esso superabile: cosa accadrebbe allora?

Beh, allora se così fosse, tra le cose più assurde che noteremmo, ci sarebbe questa: il futuro potrebbe influenzare il passato, ribaltando così il Principio di Causa-Effetto (così caro a noi esseri umani), e tutto ciò sarebbe in accordo – anche questa volta – con l’ipotesi del non-localismo.

675px-World_line2-it.svgE, in effetti, dalla meccanica quantistica segue che molti dei princìpi della comune logica deterministica che osserviamo nel mondo macroscopico di tutti i giorni (principio di causalità, principio del terzo escluso, realismo, localismo, ecc.) vengono invece “infranti” o “aggirati” dalle leggi del mondo microscopico, risultando pertanto in tale contesto falsi o per lo meno poco attendibili.

E allora? Cosa ne dobbiamo concludere? Come stanno davvero le cose?

Dobbiamo arrenderci all’idea che esistano certe leggi valide per il mondo macroscopico, ed altre diverse che invece risultano valide per quello microscopico?

Oppure c’è qualcosa di molto importante in questa importantissima questione che ancora ci sfugge?

Il dibattito è ancora aperto!

di Ciro Scotto


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“Riflessioni sul postulato di c come limite di velocità nell’universo”, di Ciro Scotto, è un articolo protetto sotto licenza:
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