ScienzaSpiritualità

IPER-RAZIONALISMO: il vero sonno

di Andrea Doria

Sfogliando alcune delle svariate riviste scientifiche reperibili nel panorama della pubblica informazione, si osserva in modo evidente quanto il cosiddetto “metodo scientifico classico” sia estremamente fossilizzato, cristallizzato aggiungerei, rispetto ai piccoli ma significativi passi compiuti dai cosiddetti “irriducibili”, ovvero coloro che mettendo in gioco la propria carriera persistono nel sondare le fuggevoli leggi che regolano “il moto della vita” attraverso metodi sperimentali non proprio convenzionali, a discapito di un pensiero reso statico dalla robotizzazione burocrate e dall’automatismo dogmatico (più che al dinamismo creativo), per giungere innanzi alle spiagge di un pensiero poliedrico e multi-dimensionale che non conosce limiti espressivi apparenti. Dove l’immaginazione viene resa una probabilità, e la probabilità un dato di fatto oggettivo.

In un mondo preferibile (perfetto mi sembrava troppo impegnativo) l’obbiettivo primario sarebbe quello di arrivare a comprendere che gli opposti, in tutti i fronti, dall’atomo alla cellula, dal micro al macro, sono senza ombra di dubbio alcuno forze di spinta necessarie all’evoluzione neuro-cognitiva dell’intera “rete-specie”, eppure il metodo scientista classico persiste nel voler a tutti i costi entrare in conflitto con la stessa realtà che pretende di voler misurare, poiché nello sviluppo di determinati fenomeni estrinsecati ai cinque sensi, che pongono in essere una evidente correlazione tra materia e psiche, l’osservato-misurato diviene vittima del meccanismo subdolo del contraddittorio a senso unico (qualcuno vuole sempre e solo far valere la ragione delle proprie idee), costrutto ineffabile dell’ego utile soltanto a preservare lo status-quo attuale, più che inneggiare al sapere, alla conoscenza e alla saggezza come veri radiofari alla guida della Scienza. Perciò si critica troppo facilmente tutto ciò che non corrisponde al “metodo”, fin’anche ciò che non deve vedere la luce, vero pericolo per la struttura consolidata dei cosiddetti “nepotismi baronali” (i vertici fossili dell’establishment), che in questo paese più che in ogni altro non intendono cedere le loro cattedre a chi davvero le meriterebbe: IL GENIO.Si parla spesso della cosiddetta “fuga dei cervelli” ma è ora che si sappia la verità circa questo fenomeno tutto italiano. Posseggo svariate testimonianze dirette di “menti eccellenti” che non intendevano affatto andarsene dal nostro paese, ma venivano spinte a farlo dal trattamento dittatoriale di certi vertici istituzionali: “ora che hai conseguito il dottorato con tutti gli onori te ne vai all’estero vero? Ti levi dai coglioni sì?” oppure “non lavorare troppo perché fai sentire incapaci gli altri che lavorano meno di te”. In pratica carissimi amici, i cervelli non fuggono come i media si prodigano ad inculcarci, ma vengono per meglio dire cacciati se non propensi a uno schiavismo degno della più abbietta politica da psico-polizia. Tutto questo al solo scopo di far proliferare l’ignoranza entro i nostri confini a discapito della conoscenza vera.

E così non v’è ombra di saggezza, non v’è conoscenza e non v’è nemmeno il sapere. Tale scenario ricorda per certi versi i focolai appiccati qua e la per bruciare gli eretici e i pagani agli occhi del clero. Eppure i vertici della Scienza, che dichiarano di prendere le distanze inorriditi dalla violenza di questi atti ingiusti del passato, oggi non da meno “bruciano” la carriera di chi non porta avanti il giocattolo così come altri hanno fatto prima di loro… obbedendo in servile silenzio. In questo modo non si porta saggezza nelle giovani menti, ma si prostituisce il sapere in cambio di un riconoscimento personale da appendere al muro e rimirare con orgoglio, tanto per far felici e contenti papà e mammà, che finalmente hanno il loro bravo “dottore” in famiglia di cui andare fieri coi vicini di casa.

In questo stato delle cose, la ricerca, e parlo di quella vera, si fossilizza, non procede, poiché tutti i fondi pubblici a disposizione vengono dirottati a ricerche dall’importanza che oserei definire paradossale. Come ad esempio quella di cercare di verificare il perché l’accento dello starnazzare delle “oche di città” differisce leggermente in intenzione da quello delle “oche di campagna”. Potete ridere finché volete, eppure è una ricerca che viene condotta per davvero. Probabilmente per l’intelligenza di qualcuno comprendere questo immane arcano porterà l’uomo alle soglie del suo massimo splendore cognitivo. Figuriamoci senza, mi verrebbe da rispondere, eppure in queste “riviste”, e nei libri di testo universitari che mi è capitato di leggere, o anche solamente di sfogliare, non ho trovato la minima traccia del potere creativo “visivo” (o visionario) e “immaginario” del nostro cervello, che molti geni, tra scienziati e inventori del passato, hanno utilizzato in modo proficuo per arrivare alla formulazione delle loro conclusioni; conclusioni che a tutt’oggi sono considerate “pilastri”. Al contrario ho rinvenuto una paccottiglia preconfezionata di luoghi comuni frutto del giudizio più che a una reale indagine. Perciò mi domando, è poi così tangibile tutta questa spinta forzata al raziocinio a tutti i costi da parte della Scienza, o è semplicemente un abito per far contento qualcuno? E’ poi così verosimile questo disprezzo plateale mostrato da certi scientisti iper-razionalisti, che si divertono a ridacchiare sotto i baffi quando qualcuno affronta certi temi? Si tratta solamente di un mero paravento, oppure di ignoranza bella e buona? La Scienza fonda di fatto, e si provi a negarlo, i suoi pilastri maggiori sulle medesime ragioni per le quali il clero religioso fonda il suo potere: nient’altro che gl’ineffabili e irrazionali reami dello SPIRITO.

Volendo portare una serie di esempi che suffraghino questa constatazione, comincerei parlando proprio di colui che ha inculcato l’attuale dogma scientifico, globalmente riconosciuto e accettato come fondamentale, e non per convinzione personale, ma solamente per evitare di finire col sedere abbrustolito dagli agenti inquisitori dell’epoca: sto parlando di Cartesio. Il grande filosofo francese è stato uno dei fondatori dell’Illuminismo, ed è tuttora il supertestimone indiscusso della vittoria del raziocinio sull’epoca totalmente irrazionale del Medioevo. Come sappiamo è sua la celebre frase “Cogito, ergo sum” (penso dunque sono) e di sicuro non verrà mai sospettato di essere stato un sognatore avulso dalla realtà. Eppure i trattati fondamentali della sua filosofia non provengono affatto da ragionamenti esanimi, razionali e coscienti, ma da uno strano sogno dal carattere nettamente archetipico che aveva fatto una volta nei Paesi Bassi, mentre era un giovane soldato nell’accampamento di Maurizio di Nassau. In quel sogno a Cartesio era apparso un “angelo” che gli aveva “trasmesso” delle informazioni decisive che il giorno dopo si era affrettato ad annotare. Ora, non è interessante (io lo trovo più che altro divertente) notare che tutta questa abnegazione e repulsione forzata verso i temi più scottanti dell’inspiegabile, da parte di certi pomposi e proclamati “scienziati”, abbia origine da un filosofo che prendeva e annotava informazioni che gli provenivano da “angeli”? La cosa che mi lascia più sbigottito, a onor del vero, è che queste testimonianze sono di origine storica (non estratte dall’ultimo numero di Topolino), e non vengono affatto insegnate. Non viene mai posto l’accento sull’irrazionalità di certe scoperte, probabilmente perché i futuri nuovi iper-razionalisti “scienziati” non vengano spinti a porsi domande strane sull’origine extra-mundi di molti dei pilastri sui quali costruiranno la loro intera “carriera”. Ma Cartesio non è certamente il solo esempio.

Il compositore italiano Giuseppe Tartini, una volta sognò il “diavolo” che suonava il violino seduto sul suo letto. Il giorno dopo fu in grado di mettere per iscritto la sua celebre sonata che intitolò “Il trillo del Diavolo”. “[…] immaginai di dargli il mio violino per vedere se fosse arrivato a suonarmi qualche bella aria, ma quale fu il mio stupore quando ascoltai una sonata così singolare e bella, eseguita con tanta superiorità e intelligenza che non potevo concepire nulla che le stesse al paragone. Provai tanta sorpresa, rapimento e piacere, che mi si mozzò il respiro. Fui svegliato da questa violenta sensazione e presi all’istante il mio violino, nella speranza di ritrovare una parte della musica che avevo appena ascoltato, ma invano. Il brano che composi è, in verità il migliore che abbia mai scritto, ma è talmente al di sotto di quello che m’aveva così emozionato che avrei spaccato in due il mio violino e abbandonato per sempre la musica se mi fosse stato possibile privarmi delle gioie che mi procurava.”

Nel XIX secolo il chimico tedesco Friedrich August Kékulé von Stradonitz si lambiccò a lungo il cervello per decifrare la struttura della molecola di benzolo. Nessuna riflessione cosciente gli fu d’aiuto, finché una notte, addormentatosi di fronte al fuoco, non vide in sogno un serpente che si mordeva la coda, ovvero l’Uroboros, altra figura prettamente archetipica, che portò il chimico all’idea decisiva: la molecola di benzolo ha una struttura ad anello, e così è.

Uno dei fondatori della fisica quantistica, Niels Henrik David Bohr, si fece ispirare da un sogno in cui era seduto su un sole ardente intorno al quale ruotavano a velocità folle dei pianeti altrettanto incandescenti. In questo modo Bohr giunse a formulare il suo famoso modello atomico come un sistema planetario in piccolo.

Thomas Alva Edison sognò l’invenzione della luce elettrica, a cui aveva lavorato invano per anni, mentre il suo contemporaneo Nikola Tesla fu in grado, grazie alle continue visioni che egli aveva di notte e di giorno, di inventare non solo la corrente alternata, quella che oggi usiamo tutti quanti noi, ma tutta una serie di incredibili invenzioni che hanno riempito gli scaffali dell’ufficio depositi con oltre 400 brevetti, sottratti alla sua morte dall’FBI e altri servizi segreti.

Lo scrittore Robert Louis Stevenson sognò a puntate il suo romanzo di fama mondiale “Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde”. Possiamo ignorare inoltre che Leonardo Da Vinci (1452-1519) progettò, grazie a delle “visioni” nel quindicesimo secolo, un elicottero, sottomarini e mute da sub, mitragliatrici, proiettili per carri armati, granate a testate esplosive multiple, alcune macchine utensili, torchi per la stampa, apparecchi di distillazione, turbine ad acqua, battelli sospinti da ruote a pale, case prefabbricate, città satelliti, ferrovie a binari multipli, sistemi di riscaldamento, spiedi meccanici azionati dall’aria calda, porte automatiche, orologi sveglia, specchi parabolici e parlò di occhiali per scrutare la Luna più di cento anni prima della scoperta dei telescopi.

Hermann Oberth trovò nel 1908 un errore di calcolo missilistico del “visionario” Jule Verne e presentò nel 1921 un programma astronautico completo, con il quale volle presentare la tesi di laurea all’università di Heidelberg. Il lavoro di dissertazione venne rifiutato come non realistico. Nel 1967 Wernher Von Braun, il padre della missilistica, portò il primo uomo sulla Luna sulla base delle idee di Oberth.

Socrate (470-399), attribuì le sue conoscenze alla sua “guida spirituale” Daimonion, che si faceva sentire attraverso una “voce interiore”. Dante Alighieri (1265-1321) scrisse la sua “Divina Commedia” dietro dettatura interiore. William Butler Yeats (1865-1939), Premio Nobel per la letteratura irlandese, compose le sue ultime liriche con l’aiuto di due “entità” spirituali che chiamava “istruttori”. E poi ancora Tschaikowskij, Elgar e Mozart riportarono affermazioni simili a riguardo delle loro “ispirazioni divine” ricevute al di fuori delle loro capacità intrinseche.

Sia chiaro che questi esempi non dimostrano affatto che per essere scienziati, inventori o quant’altro basti avere ottimi sogni, non si dica mai che questo è ciò che ho inteso, ma dimostrano che il contatto con strati di coscienza di gruppo in sogni archetipici può essere fonte di ispirazione per importanti realizzazioni artistiche e intellettuali. E molto spesso un contatto di questo genere può persino portare a scoperte scientifiche oggettive.

Si aprano finalmente gli occhi di fronte all’evidenza di un messaggio archetipico troppo comune e diffuso per venire accantonato come semplice “frutto della casistica”. Ed è un appello che lancio ai futuri neuro-scienziati (almeno loro abbiano la capacità di “vedere”) che è quel settore che va investigato a fondo e con il massimo degli sforzi, poiché il nostro futuro dipende strettamente dall’uso che facciamo delle nostre invenzioni, che sono il frutto inequivocabile delle nostre neuro-sinapsi, e da una scienza che saprà rinnovarsi non solo in campo prettamente commerciale, ma nel cuore e nella saggezza… non è più tempo per pensare al proprio ludibrio personale, ma è tempo che le radici della “dissidenza” del pensiero dogmatico pongano in essere nuove piantagioni di saggezza e consapevolezza. In questo modo, e solamente in questo modo, gli scienziati resi saggi conquisteranno di diritto ogni terreno possibile che riguarderà lo Spirito in quanto scienza e non dogma, detronizzando definitivamente il Clero S.p.A. Si smetta una buona volta di prendere tutto quanto per risibili cialtronate e si abbia invece l’ardire di investigare! Lo scienziato davvero degno di questo ruolo, non tema il pensiero inquisitorio e padronale, ma proceda come un fuso verso l’unica via possibile: LA VERITA’…

Andrea Doria

Fonte: dalla home page Andrea Doria in facebook.com ( nella sezione “Note” )

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