Spiritualità

Il Silenzio Iniziatico

di Mike Plato

Cos’è il Silenzio? Perché i grandi esseri ce lo hanno raccomandato e in taluni casi imposto? Perché conviene il silenzio ad un’anima in cammino? Chi sono i cani e i porci con cui bisogna tenere la bocca chiusa?

Nella Tradizione, il silenzio iniziatico  sui sacri misteri è imposto da sempre agli adepti. La grande legge della trasmissione dei santi misteri è che essi non debbano  essere proposti che agli uomini santi. E’ un crimine parlarne a quelli che dimorano volutamente nella morte immonda. La ragione del segreto iniziatico  è che la maggior parte degli uomini non è adatta a comprenderlo, o peggio non programmata nel comprenderlo, e quindi lo fraintenderebbe qualora fosse reso pubblico. La ragione per cui il significato è simbolico risiede nel fatto che l’iniziazione non è una conoscenza ma uno sperimentare sulla propria pelle, e l’uomo deve scoprire da sé ciò che i simboli mostrano, perché così vivrà la loro vita, senza limitarsi ad apprendere le parole con cui vengono rivelati. Essendo segreta, e trasmissibile solo per via orale, la Tradizione non può essere divulgata ai profani, a “quelli di fuori”. Il fondo esoterico di ogni movimento religioso non può proprio essere spiegato ai profani. Non lo intenderebbero e, rifiutandolo, denigrerebbero ciò che è sacro e che assolutamente non merita di essere infangato. Ha maggiore responsabilità un custode della Santa Scienza che divulga e tradisce la conoscenza sacra a persone immeritevoli, piuttosto che coloro che “non sanno quello che fanno”  ridicolizzandola.

  Krishna consigliò ad Aryuna: “Non parlare mai di queste verità a chi è privo di autocontrollo o di devozione, a chi non rende alcun servizio, né a uno che parla male di Me…Al contrario, colui che è supremamente devoto a Me impartirà questa profondissima e segreta conoscenza ai miei devoti, senza alcun dubbio verrà a Me. Nessuno tra gli uomini mi rende un servizio più prezioso di questo” (Baghavad Gita 18:67-68-69). La lezione della Gita è che sia criminale, in senso spirituale, colui che divulga i misteri a coloro che non ne son degni, ma ancor più criminale è colui che pur potendolo fare non aiuta coloro che ne siano realmente degni. Ciò fu insegnato anche da Rumi: “Non insegnate la saggezza a coloro che non sono fatti per essa, perché le fareste torto: e non negatela a quelli degni di apprenderla, per non fare torto ad essi. Questa conoscenza è visione e non nasce dalla discussione” (L’Essenza del Reale). Gesù nostro maestro insegnò che non bisogna divulgare le “perle” ai porci e ai cani, ai profani non iniziati ai misteri dello spirito, affinché essi non le infanghino e non sbranino colui che le ha donate (Matteo 7:6). Nella Pistis Sophia, la raccomandazione di Gesù è la disciplina seguita in ogni tempo dai Maestri che dovevano accettare nuovi postulanti: “Se sapete con certezza che quell’uomo ha rinunziato a tutto il mondo, a tutte le sue preoccupazioni, a tutti i suoi peccati; se sapete che egli non giochi d’astuzia e d’ipocrisia, che non è mosso da semplice curiosità per i misteri, bensì anela veramente a Dio: a un tale uomo non nascondete i misteri. Voi stessi esaminate di quale mistero sia degno, e dategli quel mistero di cui è degno, e non nascondeteglielo; altrimenti, se voi glielo nascondete, sarete colpevoli di una grave condanna  (106:2)…Or dunque, a tutti gli uomini che vengono da voi, che credono a voi, che ascoltano le vostre parole e agiscono in modo degno dei misteri della luce, date i misteri della luce, non nascondeteglieli. Non nascondete nulla a nessuno che lo meriti. Ma il mistero della resurrezione dei morti e della guarigione dei malati, non datelo a nessuno, né istruite in esso: poiché è il mistero degli Arconti, sia esso sia tutte le invocazioni  (111:3-4)”. Da sempre i misteri, e le chiavi dell’iter alchemico, vengono  offerti ai postulanti ricchi di carica spirituale, di timore e di amor di Dio, ma non devono assolutamente essere divulgati agli indegni, agli ipocriti e ai meri curiosi né su loro richiesta né, cosa ancor più grave, su iniziativa ingenua di chi li custodisce. La nostra Guida ci ha riferito che “le perle ai porci accrescono solo il loro odio”. E’ purtroppo vero che l’odio che i mediocri portano alla conoscenza, all’amore, alla vita, alla grandezza e alla bellezza non abbia limiti. Lo Stobeo, testo appartenente al Corpo Ermetico, insegna: “Evita di commerciare con i profani. Non voglio che tu nasconda la sacra scienza, ma questo te lo dico perché faresti ridere i mediocri. Simile attrae simile, non è amico il dissimile al dissimile. Queste  parole della Tradizione hanno pochi  uditori e forse neanche loro, e hanno in sé una proprietà: stimolano ancor più i malvagi al male, perciò occorre guardarsi dai più che non conoscono la virtù delle cose ora dette”. Tutti coloro che compiono questo errore per eccessiva leggerezza o infondata fiducia nel prossimo, avvertono poi un grande dolore in sé stessi, dovuto proprio alla  sensazione di aver sminuito un grande bene elargendolo agli ignoranti immeritevoli. Di qui, la necessità di veicolare certe verità esoteriche al mondo esterno attraverso allegorie, parabole, miti e favole, affinché il mistero rimanga nascosto, ma penetrabile solo da coloro dotati di intuizione e che apprezzano tali verità, perché il linguaggio di Dio non è affatto semplice da interpretare. Risulta ancor più evidente a chi realmente alludesse Gesù quando parlava dei “prossimi”. Il prossimo non è chiunque, ma è un simile attratto da un altro simile che ama i misteri, li cerca e li custodisce. “Prossimo” è un fratello iniziatico, un “affine” e non certo un semplice profano. I Fedeli d’Amore, a cui lo stesso Dante era affiliato, utilizzavano un linguaggio segreto (parlar cruz), in modo che la loro dottrina non fosse accessibile alla gente grossa (la massa ignorante). Jacques de Baisieaux affermò che “i segreti d’amore non si devono rivelare, bensì nasconderli con estrema cura” (C’est Des Fiez D’amours). Anche in virtù di ciò, gli iniziati (i Viventi) sono chiamati “Pesci” perché muti al mondo esterno. Basti pensare a quanto riportato dal grande Fulcanelli che scriveva: “Se ne avessimo il permesso potremmo dire cose curiose, ma la nostra sottomissione alle regole della disciplina tradizionale non ci permette di precisarle né di approfondirle maggiormente” (Il Mistero delle Cattedrali). Erodoto, che non era un iniziato, pur essendo pervenuto alla conoscenza di qualche piccolo mistero iniziatico dell’antico Egitto, rispettava l’obbligo del silenzio: “Per quanto io in gran parte sappia a che cosa si riferiscono i misteri egizi, devo osservare su di ciò un sacro silenzio” (Storie). Anche gli auto-iniziati, non legati ad alcuna istituzione esoterica e ad alcun vincolo di segretezza, si impongono il silenzio per non essere derisi. Qualcuno potrebbe obiettare:  se l’iniziazione è cosa buona, perché il divieto di non divulgazione ai non iniziati? Noi rispondiamo:

•    Anche Gesù insegnava a non divulgarli, offrendo al popolo profano (la massa pecorona e ignorante) le parabole che velavano profonde realtà spirituali, nel mentre insegnava (o meglio suggeriva) i misteri alla sua cerchia intima. E’ il sistema di insegnamento di un tipico avatar, di colui che porta la legge della nuova èra: offrire l’essoterismo alle masse e l’esoterismo agli iniziati, adeguatamente selezionati;
•    I redattori biblici non li divulgano, si limitano a suggerire e a velare. Talvolta erano talmente ispirati da non essere consapevoli dei misteri nascosti nelle loro stesse scritture. Mosè e il suo Pentateuco ne sono un buon esempio;
•    I Maestri non insegnano nulla, se non a pensare con la propria testa. Offrono un metodo di comprensione per divenire consapevoli dei segreti interiori ed esteriori, e potenziare l’intuizione sul non manifestato;
•    I profani utilizzerebbero questa conoscenza per fini materiali e per sete di potere, e non per divenire veri servi dell’Altissimo;
•    E’ una scienza che va oltre la comune opinione, spesso paradossale e invertita rispetto a ciò che appare ai sensi. Quindi difficilmente viene accettata da anime non pronte o non adatte, e al contrario facilmente screditata da “cani e porci”, che si rivoltano e sbranano i depositari di questa scienza. La dichiarazione del quarto Imam sciita Ali Zaynol Abydin (714 d.c.) illustra un problema molto sentito da qualunque iniziato e custode della gnosi: “Della mia conoscenza io celo le gemme, per paura che un ignorante, vedendo la verità, ci schiacci…Oh Signore! Se io divulgassi una perla della mia gnosi, mi direbbero: «Sei dunque un adoratore degli idoli?».E quanti musulmani troverebbero lecito  che il mio sangue venisse versato! Essi trovano abominevole quanto di più bello si presenta loro” ;
•    C’è un potere oscuro e ostile che contrasta la tradizione orale, e che impone una forma di contro-iniziazione volta ad asservire le menti. Il silenzio è necessario soprattutto per evitare che taluni segreti passino in campo avverso, ma anche per evitare di essere perseguitati, come purtroppo spesso è avvenuto;
•    Le esperienze iniziatiche non possono essere descritte, si possono solo vivere. Nessuno può descrivere un colore ad un cieco, nè un sapore a chi non abbia il gusto. Il mistero è indicibile e ineffabile. In tal senso, è inutile e frustrante divulgare una conoscenza che si basi soprattutto su esperienze mistiche, alle quali peraltro il profano legato ai sensi difficilmente crede. Di ciò è un buon esempio quanto scritto da Plotino: “La visione è difficile ad esprimersi… È questo il significato della famosa prescrizione dei misteri: «non divulgare nulla ai non iniziati». Proprio perché il divino non deve essere divulgato, fu proibito di manifestarlo ad altri, a meno che questi non abbia già avuto per sé stesso la fortuna di contemplare” (Enneadi VI,9,10-11) ;
•    Il segreto è sacro se rimane segreto. Un segreto divulgato perde la sua forza e viene “tradito”, ossìa consegnato;
•    Chi arriva a realizzare qualcosa in ambito iniziatico, può essere investito di Potenza ad un certo grado; il silenzio sarà uno strumento di difesa necessario per non dissipare potenza. Se si divulga questa Forza, gettandola in pasto alla folla, si rischia di perderla perché essa si abbasserebbe, come ogni tipo di forza, al suo livello entropico, fino ad appiattire i suoi valori. E’ noto che ogni forza che entra nel circolo naturale, è destinata a degradare e a mutare forma, a causa del livellamento entropico. Al contrario la Potenza deve rimanere intatta e concentrata su pochi uomini (luminosi), pena il suo smembramento. Questo discorso investe l’originaria Potenza dell’Adam primordiale, che è tanto più debole quanto più è ripartita in un numero sempre crescente di uomini. “Non è bene spalmare il burro su troppo pane”, insegna con grande acume Bilbo Beggins ne “Il Signore degli Anelli” ;
•    I misteri legati alla tradizione orale possono essere compresi solo da chi abbia una preparazione esoterica. Nessuno che ignori la fisica può trattare di meccanica quantistica. Se la vogliamo intendere semplicemente come una disciplina, ebbene la disciplina dell’arcano è una vera scuola che abbisogna di gradi di apprendimento. Chi conosce non può parlare con chi ignora, e chi ignora non può arrogarsi il diritto di denigrare ciò che gli è ignoto. Nell’Hagakure del monaco samurai Yoko Yamamoto, è detto: “Chi studia una via o l’altra afferma per orgoglio di appartenenza che una via diversa è irragionevole o sbagliata. Solo se studi tutte le varie vie e le pratichi potrai essere in grado, prima o poi, di capire cos’è veramente ragionevole”. Il vero stupido e ipocrita è colui che disprezza ciò che non conosce, nascondendosi dietro un dito. In lui agisce l’anima carnale che dissacra le cose sacre, che deride e che nega tutto: il peccato della superbia intellettuale. Dice Baigent: “È vero che ognuno ha diritto alla propria opininione, ma per avere un’opinione fondata è necessario informarsi e conoscere almeno in parte ciò che si vuol criticare. Pochi fra i suddetti critici lo fanno.Senza un’adeguata informazione, qualunque convinzione non è un’opinione ma un ottuso pregiudizio” (L’Elisir e la Pietra). Sembra che il pensiero giusto di Baigent sia l’eco di Siracide 11:7: “Non biasimare prima di aver indagato” ; ma anche Spencer e Leonardo si espressero in modo analogo: “Esiste un principio che è un ostacolo a tutte le informazioni, una prova contro qualsiasi argomentazione, e che non può mancare di mantenere un uomo nell’eterna ignoranza. Quel principio è: il disprezzo prima dell’indagine (Herbert Spencer)…Nessuna cosa si può amare o odiare, se prima non si ha piena cognizione di quella cosa (Leonardo da Vinci)”.

Perfino all’interno delle scuole iniziatiche, i gradi più alti evitavano di parlare di misteri profondi con i gradi più bassi; a maggior ragione gli iniziati con quelli di fuori. I misteri legati alla Tradizione sono troppo al di là delle possibilità dell’uomo nel suo attuale stato di coscienza. Per questo la verità non può essere divulgata al primo venuto. Occorre un lento cammino di acquisizione della verità, poiché solo così la verità può essere fatta propria. In caso contrario, se imposta, diviene dogma e non è più Tradizione, che per definizione non è fede cieca ma sperimentazione del divino in noi. Carlos Castaneda disse: “Il Potere risiede nel tipo di sapere che possediamo. Che senso avrebbe conoscere cose inutili? Esse non ci possono preparare all’inevitabile incontro con l’ignoto” (A Scuola dello Stregone). La Tradizione è il luogo dell’insegnamento delle cose utili ad affrontare l’ignoto già in vita, per prepararsi all’ineluttabile giorno della dipartita. Qualsiasi altra forma di conoscenza è inutile perché andrà persa, come insegnò Gesù allorché consigliò di accumulare tesori per il cielo e non per la terra. Se la Tradizione è un percorso individuale, si comprende perché coloro che attraversano il fiume della gnosi non possono e non debbono parlare delle loro esperienze. Ne “Il Verbo degli Uccelli” del maestro sufi Farid ad-din Attar, c’è un bellissimo passo che illustra molto bene le ragioni del metodo della Tradizione: “Se io volessi venderti questa inestimabile gemma, ti condannerei  alle più atroci sofferenze, giacché essa non ha prezzo. Se invece te la donassi, tu non sapresti apprezzarne il reale valore e diverresti un egoista inguaribile. Piuttosto ti consiglio di imitarmi nel camminare con la testa, e di immergerti senza indugio nel mare dell’ascesi. Dopo lunga e paziente attesa nelle sue limpide acque, potrai finalmente scoprire la gemma che cerchi”. Il perché del silenzio iniziatico fu spiegato anche da Giamblico: “Sarebbe conforme alla legge divina conservare memoria dei precetti umani e divini di lui  (n.d.a. Pitagora), e non far partecipi dei beni della sapienza coloro che non si sognano nemmeno di avere un’anima purificata. Perché non è lecito offrire al primo che capita quanto si è faticosamente acquisito con così grandi sforzi, come non lo è rivelare ai profani i misteri di Eleusi. Coloro che lo fanno sono in pari misura ingiusti ed empi” (La Vita Pitagorica 75) ; e da Firmico Materno: “Queste sacre discipline falliscono quando le si comunicano a spiriti malvagi e incorreggibili. Pitagora e il nostro maestro Porfirio ritengono che la nostra anima debba mantenersi consacrata rispettando uno scrupoloso silenzio” (Mathesis VII).  La verità è che Dio sceglie coloro che devono essere iniziati ai suoi misteri sacri, e Dio stesso, in alcuni casi, istruisce direttamente chi vuole. In Egitto si diceva che Toth si rivelasse solo ai silenziosi. Gesù diceva di parlare in parabole alla gente, ma di svelare in privato ai discepoli i misteri del Regno di Dio; questo allo scopo di non far cadere sublimi segreti in mani indegne.  Il silenzio sui misteri è d’oro:  “Chi svela i segreti perde la fiducia…chi ha svelato segreti non ha più speranza” (Siracide 27-16). Il proclama principe della Thorà, lo “Shema Israel (Ascolta Israele)” invita proprio al silenzio iniziatico tutto l’Israel spirituale e all’ascolto della Voce di Dio che parla in noi. Nel Vangelo copto di Bartolomeo 68, Gesù dichiara: “Questi santi e profondi misteri debbono anche essere tenuti segreti a causa di coloro che non sanno conservarli. Perché tutti coloro che sanno conservarli avranno parte in essi”. Diversi Padri della Chiesa hanno trattato il tema, a loro molto caro in virtù della segreta vita iniziatica che conducevano. Origene dichiarava: “Le rivelazioni del Maestro (Gesù) non sono riportate per iscritto perché gli Apostoli sapevano meglio di Platone quali erano le verità che bisognava mettere per iscritto e come dovevano essere scritte, e quali quelle che non dovevano essere scritte per nessun motivo destinandole alla moltitudine; ciò che doveva essere detto e ciò che non era di questa natura” (Contra Celsum VI, 6:76). Per Clemente Alessandrino, come espresso negli Stromates I, 12, 55:1, la Tradizione non può essere pubblica e alla portata di tutti, ma occultata “poiché la Tradizione non è oggetto di pubblica  divulgazione, almeno per chi non si sia accorto della maestà del Logos, bisogna tener nascosta la «sapienza esposta nel mistero» che il Figlio di Dio ci insegnò…È grave mostrare le purissime e splendide dottrine intorno alla luce della verità ad ascoltatori «porcini» e senza educazione. Poiché non esistono per loro discorsi più ridicoli di questi, mentre poi non ve ne sono di più ammirabili e di più ispirati per le nature nobili. L’uomo psichico non accoglie le cose dello Spirito di Dio, perché ai suoi occhi sono follia…Questi insegnamenti non devono essere rivelati a chiunque, poiché ci sono tradizioni segrete della vera gnosi…La verità deve essere protetta per mezzo di espressioni dai termini velati…I Misteri non sono celebrati pubblicamente e senza riguardi di fronte a chi capita, ma con determinati riti purificatori e con prescritte esclusioni.Certi Misteri, che rimasero nascosti nell’Antico Testamento, furono trasmessi dagli Apostoli, ma il contenuto di questi misteri fu rivelato a pochi…Questi insegnamenti, che erano nascosti, furono trasmessi oralmente perché il Dio dell’universo, che trascende tutte le parole, tutti i pensieri, tutte le idee, non può essere l’oggetto di insegnamenti scritti”. Un altro Padre, Dionigi Aeropagita, invitava gli iniziati: “Ma tu, sta attento a non divulgare le cose più sante fra le sante, anzi rispetta e venera i misteri del Dio nascosto con pensieri intellettuali e invisibili, mantenendoli non partecipati e non contaminati da parte dei profani e comunicando santamente solo a uomini santi le cose sante con sante illuminazioni” (Gerarchia Ecclesiastica I,372A). Il pensiero dei Padri è in sintonia con i princìpi dei saggi cabalisti, in particolare con quelli del grande Abulafia che scrisse: “Il genere interiore, tutto spirituale, non è percepibile: corrisponde al mondo superiore, di cui non conviene qui parlare. Ciò che se ne sa lo si trasmette solo faccia a faccia, solo a persone elette, ai superstiti che il Signore avrà chiamato” (I Sette Sentieri della Torah). Parimenti, il Buddha suggerì: “Non insistere perché io parli di questa dottrina. Sottile ed imperscrutabile è tale conoscenza. Molti sono gli sciocchi ignoranti che nella loro arroganza disprezzerebbero la dottrina esposta” (Sutra del Loto II,34). Questo è il senso segreto della funzione di “Custodi del Graal e della Terra Santa” attribuita ai Cavalieri del Tempio, difensori di pace e giustizia, nonché araldi della Tradizione misterica. Il segreto e la custodia dei sacri misteri sono celebrati in Apocalisse 10:4, ove l’Angelo prescrive al fedele: “Metti sotto sigillo (n.d.a. custodisci nella tua mente) quello che hanno detto i sette tuoni (n.d.a. i sette volti-angeli del Cristo) e non scriverlo”. Identicamente nel Corpo Ermetico I, il Nous prescrive al fedele di custodire nella sua memoria i segreti che Egli gli insegnerà, ammonendolo a non scriverli. Nell’antichità non c’era arte più segreta dell’Alchimia, l’arte suprema nell’ambito della Tradizione, sulla quale gli alchimisti medievali stendevano una quantità, talvolta avvilente, di veli. Se per migliaia di anni ci sono stati misteri e segreti, c’è un buon motivo. Rivelare un mistero o un segreto a colui che non abbia le basi cognitive per comprenderlo, genera confusione, paura e persino follia. E’ quindi ingeneroso e anche pericoloso per persone a digiuno di realtà spirituali venire a conoscenza di misteri che possono rivelarsi terribili e meravigliosi. Non è casuale che nell’Antico Testamento Dio sia descritto come Grande e Terribile da coloro che avevano la vista spirituale. Le esperienze di una realtà superiore vanno fatte per gradi. Dio svela i suoi volti iniziando da quelli vibrazionalmente più accettabili. Il grande maestro Jalal od-din Rumi dice ancora sul silenzio iniziatico: “Non bisogna rivelare i misteri del cuore a coloro che non sono in grado di intenderne il vero significato. Il pericolo che corrono è grande. Se riceve un segreto o una parola detta in confidenza, uno spirito limitato non avrà la forza di custodirli. Ad ogni mistero soggiace un altro mistero. Chi non comprende i misteri del mistero si smarrisce. Tutti alla ricerca di Dio, ma ciascuno secondo le sue capacità” (La Parola Segreta)…Ora vorrei dare un sincero consiglio ai miei amici, allorché le bellezze del mondo dei significati cominciano ad apparire nel loro intimo, e i misteri vengono a svelarsi: usate prudenza, non parlatene ad estranei e non cercate di spiegare.Le parole che ascoltate da noi non datele in giro a chiunque…Parlate agli uomini secondo il loro grado di intelligenza, secondo il grado e la qualificazione di ciascuno (L’Essenza del Reale)”. Il Corpo Ermetico XIII:2 insegna ancora con autorità che  la saggezza intelligente è nel silenzio, soprattutto il silenzio della mente per contemplare il divino in noi. La Tradizione, in tal senso, non insegna e non imbocca nulla. I Maestri suggeriscono, indicano la direzione e infondono quell’energia necessaria per attivare un processo di auto-conoscenza, necessario affinché la Verità sia qualcosa di conquistato e non di subìto. I veri Maestri mettono i discepoli sulle tracce del loro Dio interiore, e in condizione di conoscere sé stessi. Il Buddha non mostra direttamente la verità ma la via per raggiungerla, ed altrettanto fa Gesù nei Vangeli. La Tradizione non è fede cieca come per i dogmatici, ma  uno sforzo non facile per giungere alla Verità, che è una. Per un passo che l’iniziato fa verso la Verità (Dio),  due ne fa la Verità verso di lui. A queste verità non si giunge attraverso la facoltà razionale ma per intuizione. Le informazioni, se realmente desiderate, arrivano sempre, presto o tardi. E’ la conoscenza ad andare all’iniziato e non viceversa. Schelling spiegò a suo modo il giusto motivo della segretezza e del silenzio iniziatico: “Tutto ciò che abbiamo finora conosciuto della dottrina dei misteri non spiega tuttavia la stretta segretezza dei misteri stessi. Ci doveva essere qualcosa che impedisse assolutamente la loro divulgazione. Questo motivo non è divulgato da nessuna parte .I misteri dovevano contenere quindi qualcosa che fosse in contrasto, anzi in contraddizione col sistema pubblico, con la credenza pubblica negli dèi, diversamente infatti non era necessario che fossero misteri…Il contenuto profondo di tale segreto era la dottrina di un  Re del Mondo che avrebbe liberato le coscienze, di un messia che deve venire (nell’iniziato). Questo futuro era ciò che chiudeva la bocca agli iniziati, conoscenza che si sarebbe nascosta agli dèi dominanti (n.d.a. Arconti e Cosmocratori)” (La Filosofia della Rivelazione lez.22). Schelling non era tanto lontano dalla verità, poiché se l’iniziato manifesta Colui che Viene (Colui del domani) le Potenze astrali di questo mondo entrano in grande agitazione perché il Cristo, risorsa nell’uomo e non esterna, è il loro avversario ed è decisamente più potente di esse. Ma v’è un’altra forma di silenzio, forse più profonda di quella legata all’esigenza di proteggere il segreto iniziatico: è il silenzio della mente. Non esiste solo il chiacchiericcio dialettico, anzi quello mentale è ancor più deletereo e fastidioso per l’iniziato. Silenzio non è soltanto rinuncia alla comunicazione, ma soprattutto un fattore di vita interiore: mettere a tacere la mente razionale e immaginativa per divenire recipienti del pensiero divino in noi e ricevere la parola o l’intuizione o la visione. Ibn Arabi definiva questa forma di silenzio “non parlare con sé stessi”.  E’ il raggiungimento di una quiete mentale, a cui si può pervenire aiutati da immaginazioni, se non si è capaci di ottenerla subito perché gravati dal frastuono dei pensieri. I mistici definivano questo stato “quies contemplationis”, il corrispondente del “ku”, il vuoto mentale cercato dagli iniziati Zen. E’ un ritirarsi in sé, nella propria mente annullata, nel proprio nero abisso, ove è possibile che emerga qualsiasi contenuto. Quando Gesù consiglia di non pregare nelle pubbliche piazze ma di ritirarsi nella propria camera, allude alla preghiera-meditazione, a quella pratica di contatto diretto con la mente di Dio in noi, che solo può essere aiutato dal chiudersi nella camera della propria mente. Questo è il silenzio nel suo senso più alto.

di Mike Plato


Fonte: http://mikeplato.myblog.it/

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Un commento

  1. Il silenzio…..già….il silenzio..credo che molti abbiano già parlato a proposito del silenzio in modo egregio ma quello di cui si parla poco è cosa succede quando si raggiunge lo stato di silenzio…si libera l’anima e il corpo fisico diventa visibile non solo per i famosi 5/6 sensi ma si vedono e si sentono cose che ti potrebbero sosprendere all’inizio ma che già sai

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