Spiritualità

Boundless

di Salvatore Brizzi

Osservare i pensieri che accadono nella mente dovrebbe ormai risultarvi piuttosto semplice. Non sto dicendo che si tratti di un’attività semplice in assoluto, poiché la quasi totalità degli esseri umani crede di essere i propri pensieri e le proprie emozioni, quindi per loro la pratica dell’osservare i pensieri risulta tecnicamente impossibile. CHI infatti osserverebbe i pensieri, se l’individuo è ancora un tutt’uno con i suoi pensieri?
Ma sto dicendo che è semplice PER VOI che, incarnazione dopo incarnazione, avete fabbricato un QUALCUNO dentro il corpo, qualcuno che si distingue e si distanzia dagli oggetti della mente. Un testimone, un osservatore, un’anima individuale.

Se potete osservare i vostri pensieri – e nella misura in cui potete farlo – allora potete percepirvi come un ente diverso, più profondo, rispetto a quei pensieri. Una coscienza sottostante i pensieri stessi che voi identificate con il vostro Io, il vostro Sé individuale. Una non meglio identificabile “entità che pensa” dentro la vostra testa.

Si tratta ora di compiere un passo ulteriore verso il baratro e andare a vedere se questo Sé distinto e isolato esiste davvero oppure no. Perché anche se io mi ripeto con fervore garibaldino che “tutto è Uno”, alla fine la sensazione di essere separato dal mondo esterno permane. Un intimo senso di esistere come ospite dentro il mio corpo, un Io separato che persiste quasi per farmi un dispetto, nonostante le mie convinzioni filosofiche circa l’Unità di tutte le cose.

A un’indagine più approfondita un fatto risulta subito chiaro: se io sono consapevole di questa sensazione di esistere, allora non sono nemmeno questa. Se infatti riesco a percepire il mio Sé, allora non sono quel Sé.

Credersi un Sé distinto che osserva il mondo – un soggetto dentro un corpo che osserva una realtà oggettiva fuori dal corpo – è frutto di una malcomprensione di fondo, un difetto di percezione. Esiste infatti solo la coscienza dell’Unità, il Sé assoluto, purtuttavia questa Unità, per poter divenire cosciente di sé si autoconfina dentro un corpo specifico e da qui osserva il mondo come se fosse un pericoloso estraneo.

Il confine fra me e il mondo è sempre solo illusorio. Non è mai esistito e non potrà mai esistere una separazione reale fra soggetto e oggetto. Ma la sua stessa illusorietà lo rende complicato da superare, in quanto, non essendo reale, non è possibile stabilire dove sferrare i colpi per abbatterlo!

A ben guardare, la Coscienza che percepisce la mia sensazione di essere un Io dentro un corpo, è la stessa Coscienza che percepisce il mondo esterno. Pertanto esiste una sola Coscienza – non osservabile, cioè non oggettivabile – che comprende allo stesso tempo soggetto dentro e mondo fuori. Questa è la coscienza assoluta, la coscienza dell’Uno, la quale non vede il mondo dall’esterno, bensì è il mondo.

Le automobili, i palazzi, le persone, i pensieri, le sensazioni e il mio Io… fanno tutti parte dello stesso processo che va sotto il nome di “mondo”. Tale flusso di esperienze è tutto ciò che esiste. Il mondo è coscienza esso stesso. Non c’è e non c’è mai stato un individuo separato da questo processo che lo osserva dall’esterno.

L’illusione di essere qualcuno di separato – e tutte le conseguenti paure – possono sussistere solo fino a quando non decidiamo di indagare seriamente sull’esistenza di questo “me” dentro il corpo. Finché viene dato per scontato e lavora indisturbato nell’ombra, il suo potere resta inattaccabile. Ma se ricerchiamo attentamente quella sensazione di essere un Sé distinto, essa scivolerà via come sabbia fra le dita. “Io sono il mondo” è la conclusione a cui si giunge. E non esistono né Io né Dio.

Non c’è “colui che ode il suono udito”, ma solo il processo dell’udire. E io sono l’intero svolgersi del processo, non uno specifico soggetto/individuo che compie l’azione. La sensazione di essere un “colui” che compie l’azione, cioè la sensazione di essere un individuo è anch’essa solo un percezione fra le tante, come lo è la percezione di un pensiero.

L’unica pratica possibile è vedere, sentire, toccare in un istante d’intuizione l’evidenza della propria inesistenza: non c’è un individuo qua dentro. Tutte le volte che ve ne ricordate, cercatevi; questa è la pratica. Il non trovarsi è realizzare una Verità istantanea.

L’abbattimento del falso confine fra interno ed esterno (boundless significa, appunto, senza confine) che dà origine al falso individuo, provoca un senso di serenità e sicurezza, gioia amorevole verso tutti e, soprattutto, fine del bisogno di difendersi dal mondo.
Se non c’è confine non c’è nulla da difendere.

Questo senso di quiete finale, dovuto alla sparizione di sé, non può essere contenuto da nessuna parola. Mi mancano i verbi per raccontarlo. È l’inizio della vita… niente di meno.

Quando Dio vuole che tu faccia qualcosa, tu pensi che sia una tua idea.
Ram Tzu

 

Fonte: www.salvatorebrizzi.com

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