Spiritualità

Anatomia della distruttività umana

di G. Tirelli

Se la risposta all’interrogativo sull’origine dell’universo fosse, per l’umanità, una questione di vita o di morte, le sole persone alle quali dovremmo opportunamente evitare di chiederlo, sono gli scienziati e i ricercatori.

Questa categoria di moderni cialtroni e venditori di fumo in camice bianco al soldo delle multinazionali, sono stati in grado nel solo arco di mezzo secolo (e dobbiamo dargliene atto) di trasformare questo pianeta, da sempre immacolato, in un supermercato dell’orrore surclassando così ogni primato in fatto di catastrofi indotte dall’azione dell’uomo.

Luminari, filosofi, letterati, sociologi e antropologi si domandano sulle cause che hanno prodotto le nostre società moderne ed i loro effetti nefasti sugli individui (degenerazione, relativismo, omologazione, necrofilia, deriva etica e morale) e sull’ambiente tutto.

La risposta ad un tale quesito va ricavata dalla lettura delle Sacre Scritture che, in forma di metafora, collocavano l’inferno al centro della terra, all’opposto del paradiso, situato nell’alto dei cieli.

L’inferno, solitamente identificato con un mondo oscuro dominato dalle fiamme e dalle tenebre e sotterraneo, è collegato all’operato del Dio e alla creatura superiore che ha originariamente introdotto nella Creazione l’errore, la menzogna, il peccato, e, in definitiva, “il principio distruttivo dell’ordine delle cose”. Tale creatura superiore si identifica nel diavolo – nella divinità del male. Il paradiso, diversamente, indica un luogo di piacere finale, sereno e non soggetto al trascorrere del tempo caratterizzato da pace e felicità.

Questa differenziazione di merito fra le due dimensioni metafisiche (distinzione relativa alla loro diversa funzione), non è casuale ma terribilmente profetica, individuando nel sottosuolo terrestre (inferno – posto in basso) la causa della nostra condanna, mentre, nella zona aerea celeste le ragioni, della nostra salvezza. Pertanto l’errore (o peccato originale) che ha innescato questo processo degenerativo della coscienza umana, si consuma agli albori della Rivoluzione Industriale quando, in virtù delle nuove invenzioni e dell’Energia necessaria al loro funzionamento, l’uomo (in maniera del tutto innaturale) ha rivolto la sua attenzione alle profondità della terra, mettendo così in atto quell’opera di profanazione e di violazione che in seguito ha determinato la sua condanna.

Se siamo in grado di dare un’interpretazione logica, corretta e conseguente alla narrazione biblica riguardo a questo tema, possiamo dedurne il suo significato più remoto: l’Energia profonda è di natura maligna e quindi distruttiva, l’Energia alta è di natura divina, creatrice e salvifica.

L’inferno quotidiano che, oggi, sta divorando i residui barlumi di felicità e di speranza di un’umanità smarrita (defraudata da ogni principio etico e morale e avvolta dalle tenebre di una persistente paura esistenziale), è l’ovvia conseguenza indotta dal superamento dei ragionevoli limiti, fuori dai quali ogni felicità trasfigura in orrore. Questa subdola “modernità" ne è la conferma inopinabile – la prova del nove che prescinde da ogni altra considerazione. Petrolio, gas, carbone e minerali/materiali radioattivi che, come in preda ad un’arsura nevrotica abbiamo sottratto senza sosta al sottosuolo terrestre, sono la rappresentazione iconografica dello “sterco del Diavolo”, in cambio del quale abbiamo barattato la nostra anima e il futuro delle nuove generazioni. Abbiamo scoperchiato il “vaso di Pandora” e liberato quella maledetta energia, che la Volontà creatrice aveva da sempre sotterrato e imprigionato sotto i nostri piedi.

Così ogni cosa è stata contaminata e violata; ogni acqua, ogni terra e ogni aria. Il cuore dell’uomo si è incenerito sotto la luce rovente della modernità e, le passioni, i sogni, i sentimenti, atmosfere ed emozioni, si sono dissolte come fumo nel vento. Avremmo dovuto rivolgere il nostro sguardo al cielo, sull’esempio delle grandi e illuminate civiltà del passato, e seguirne il cammino intrapreso, con la necessaria umiltà, deferenza e il dovuto timore. La Rivoluzione Industriale si è presto trasformata in una rovente fucina dove Satana in persona ha forgiato a sua immagine e somiglianza l’originaria natura umana, depotenziandola da ogni slancio creativo e passionale.

Il problema dell’uomo ‘moderno’ sta nell’ordinamento sociale non adeguato alle sue reali e naturali potenzialità e aspirazioni, negandone così la sua autenticità e lo scopo. È interessante la conclusione di Erich Fromm quando afferma che, così come esiste una “follia a due”, esiste anche una “follia a milioni”. Il fatto che milioni di individui condividano gli stessi vizi non fa di questi delle virtù e quindi, nel caso, milioni di persone condividono la stessa società e le stesse patologie.??

Una società sana deve insomma sviluppare quelle condizioni che possano promuovere la salute mentale e quindi favorire prospettive, progetti ed obiettivi, sostenendo la tendenza dell’uomo ad amare i propri simili, anziché creare condizioni di divisione e di competizione.

L’aggressività maligna è quella pulsione irrefrenabile che induce alla spinta distruttiva, ben spiegata da Fromm, nell’atteggiamento del sadico, il cui desiderio è trasformare una persona in un oggetto, in un elemento di possesso, su cui esercitare la propria volontà dispotica e oppressiva. Per il sadico, l’annientamento dell’altro è la gioia più grande che va oltre il piacere di infliggere sofferenza. In quest’ottica si delinea quindi quello che Fromm definisce un atteggiamento necrofilo dove la tendenza di vita (insita nel biofilo) viene progressivamente ridotta fino a farla diventare inanimata; questo amore e questo tendere verso l’inanimato viene definito da Fromm, necrofilia.

Quello che emerge dall’analisi di Fromm è che l’aggressività e la distruttività umana risentono delle condizioni ambientali in cui l’individuo nasce, cresce, matura e, della struttura, del sistema sociale stesso. Da qui le risposte potenziali sono due: la prima è la sindrome alla vita; ma quando l’uomo viene soppresso, frustrato e alienato, l’altra risposta che è in grado di dare è di tipo distruttivo, regredendo verso stadi inferiori e volgendo alla necrofilia che porta inesorabilmente alla sindrome che ostacola la vita.

Lo stesso “Futurismo” si offre all’era elettromeccanica e aderisce alla storicizzata avversione, di stampo “barocco”, verso una “natura” naturale intrasformabile. Sarà proprio l’amore incondizionato verso la natura artificiale (in qualche modo privata dei suoi attributi vitali), a far insorgere, in uno studio di Erich Fromm “Anatomia della distruttività umana” (assolutamente da leggere!!), il sospetto che Marinetti, insieme ad altri famosi casi analizzati come Hitler o Churchill, fosse affetto da tensioni necrofile. La necrofilia può essere descritta come l’attrazione per tutto quanto è morto, putrido, marcio, malato; l’impulso volto a trasformare quel che è vivo in qualcosa di non vivo; di distruggere per il piacere di distruggere, l’interesse esclusivo per tutto quanto è puramente meccanico – la passione di “lacerare le strutture viventi”.

Secondo Erich Fromm la necrofilia si manifesta con l’amore per le macchine, per tutto ciò che non è vivo – l’avversione per le persone, gli odori, i sapori, i colori, e per tutto ciò che ricorda la vita. La tecnica, che rappresenta la base su cui poggia l’organizzazione dei sistemi industrializzati, è strettamente legata alla spinta distruttiva della necrofilia. L’escalation della capacità distruttiva delle armi e la possibilità di evitare il contatto fisico con la vittima offerta dal progresso scientifico, rende profondamente impersonale il dare la morte ad un altro essere umano, specialmente in caso di guerra. Fromm ipotizza il caso estremo di un soldato addetto a sganciare una bomba nucleare da un aeroplano: la consapevolezza dell’atto di uccidere è quasi inesistente, e la differenza fra la morte di una, dieci o un milione di persone (non essendo percepibile dall’esecutore), non ha nessuna rilevanza; il compito del soldato si riduce all’utilizzo corretto di una macchina (la macchina viene servita), senza che scrupoli di altro genere interferiscano a livello della coscienza.

Con la “tecnicizzazione della distruzione” avviene la rimozione del “riconoscimento affettivo completo per quello che si sta facendo” e perciò la sua razionalizzazione. All’interno della società di massa, la necrofilia subisce una specie di evoluzione. La sua correlazione con le percezioni sensoriali dirette come l’olfatto, il tatto, il gusto diventa sempre più modesta, fino a scomparire del tutto. Gli interessi dell’uomo si trasferiscono da ciò che è naturale, spontaneo, vivo ed umano, a ciò che è artificiale, meccanico, divertente ma non gioioso. La sessualità diventa una capacità tecnica, i sentimenti sono appiattiti e talvolta sostituiti col sentimentalismo.

Il controllo assoluto dell’ambiente circostante, bramato dal necrofilo, finalmente è raggiunto grazie alla tecnica, ma esso si espande a tal punto da inglobare la vita stessa dell’individuo, che a sua volta verrà controllato dalle macchine da lui create. Il carattere distruttivo dell’uomo assume dimensioni planetarie, paradossalmente proprio per colpa dell’aumentare della sua conoscenza tecnica. Una distruttività che non si limita al presente, ma che è rivolta a un ipotetico futuro.

L’uomo cibernetico sviluppa ulteriormente il suo narcisismo diventando egli stesso uno strumento per raggiungere il successo, e quindi intensificando verso l’interno, l’investimento libidico ma, allo stesso tempo, egli allarga il proprio Sé, su una realtà solo virtuale (come diremmo oggi), su cui riversare gli impulsi narcisistici. Si instaura così un altro rapporto simbiotico di dipendenza in cui la madre dell’uomo non è più la natura, ma quella ‘seconda natura’ che egli si è costruito; le macchine che lo nutrono e lo proteggono” – un quadro perfetto della nostra realtà.

La biblica mela che, in maniera subdola e seducente, il serpente demone offre alla coppia Adamo ed Eva, venendo meno così ad un patto verbale stipulato con il loro Creatore, è la metafora inequivocabile dei nostri tempi. Il mondo moderno è l’ovvio risultato della profanazione del mistero della vita, sulle cui basi ha edificato il suo impero perverso fatto di menzogna, contraffazione, paura e relativismo. Il mistero violato è paradigma di infedeltà verso l’impianto etico, e di vanesio narcisismo di un Ego corrotto che nell’incomprensione arbitraria del Disegno Divino e delle attenuanti addotte, degenera da peccato in reato grave per alto tradimento. Un peccato dunque imperdonabile che, per la sua unicità e la straordinaria gravità, ha contemplato una pena esemplare e senza sconti. Il bisogno di amore e di amare di Cristo è certamente di natura divina, logico risultato di una sensibilità sconfinata che, in ogni gesto, in ogni soffio di vento e in ogni parola, poteva cogliere, leggere e interpretare in forma profetica, futuri accadimenti, eventi e catastrofici mutamenti. Questa Energia che tanto esaltiamo e che contro ogni logica e ragionevolezza vorremmo imprigionare, imbrigliare per soddisfare debolezze, perversioni e dipendenze, è il paradigma della fine di un’umanità snaturata, svuotata della sua originaria essenza.

La sola Energia di cui abbiamo bisogno va ricercata nella nostra volontà, nella forza delle nostre braccia, nello spirito di solidarietà e nel comune buon senso. Siamo privi di quella passione che, da sempre, ha motivato e caratterizzato ogni azione umana, liberandoci dalla paura e riconciliandoci con il mistero della vita.
Il futuro dei nostri figli non risiede negli inferi del sotto suolo terrestre, ma è li, sopra le nostre teste: nel vento che accarezza le foglie degli alberi e nella sorprendente luce del sole che riscalda i nostri cuori.

di G. Tirelli


Fonte: oltrelacoltre.com
Tratto da: anticorpi.info

 

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