Spiritualità

Boundless 2 – Revenge

di Salvatore Brizzi

L’ego immaturo chiede a gran voce l’illuminazione.
Questo è ciò che si scorge guardando bene dentro i variopinti ambienti della cosiddetta spiritualità (qualunque cosa voglia significare questo termine).
“Non sono nessuno nella vita normale. Ma sarò qualcuno in quella spirituale.”
La rinuncia al denaro e al successo come gratificazione ultima dell’ego. L’incapacità di affermarsi come vincente nella vita materiale mascherata da rinuncia alla vita materiale stessa.

Dipendesse da me metterei la regola che solo chi ha raggiunto la piena gratificazione nel mondo della materia può dedicarsi alla ricerca spirituale. Come si è sempre affermato in psicologia – da Jung in poi, passando per la Psicologia Transpersonale – solo un ego maturo e sano, che è stato capace di raggiungere obiettivi concreti in campo lavorativo, artistico, sportivo piuttosto che politico o economico… insomma, solo un ego realizzato, contento di sé, non patologico… è davvero pronto per morire. Gli altri stanno fingendo… recitano una parte… proprio per non morire mai. Si tratta del tristemente noto “ego spirituale”.

La patologica insoddisfazione di un ego immaturo lo indirizza verso una spasmodica ricerca in campo spirituale. Se l’ego non è ancora maturo, autodeterminato, soddisfatto di sé, non potrà mai “rinunciare a sé”; inizierà quindi a cercare nelle “esperienze spirituali” quel completamento di sé che gli è mancato negli altri campi della vita.

Non mi stanco di ripetere che per rinunciare al proprio ego è prima necessario averne uno maturo. Se gli alchimisti avevano previsto l’ »albedo« come tappa intermedia dello svilupppo psicologico di un individuo, la fase in cui si “fabbrica” l’Anima, prima della divinizzazione finale nella »rubedo«… un motivo ci sarà. Un ego abortito darà come risultato una ricerca spirituale deviata, ansiosa, competitiva, intrisa di esperienze mistiche allucinatorie. Questo è ciò che vediamo accadere continuamente: gli ashram sono zeppi di persone FULMINATE che si credono ILLUMINATE.

Ho avuto la sfortuna di comprendere “nella carne” che non c’è nessuno dentro questa forma corporea. Proprio quando finalmente ero “qualcuno”, con una »centratura« perfetta e mi sembrava di avere il mondo ai miei piedi… sono morto. Che sfiga! Ciononostante, nulla di ciò che questo apparato psicofisico ha realizzato nel corso di anni di sforzi è andato perduto. Per esempio, questa forma è rimasta ben conscia delle verità che conosceva prima che accadesse il “fattaccio”; per questo motivo insegno che solo a partite da un ego psicologicamente adulto – sebbene finto – si può verificare una morte iniziatica e ottenere una comprensione diretta della Verità Ultima.

Questo è il motivo per cui a qualcuno succede e a qualcuno no. Se non ci fossero ostacoli, questa comprensione accadrebbe in tutte gli apparati psicofisici del mondo in questo stesso istante. Invece non accade, né a te che stai leggendo, né agli altri. Tu hai capito perfettamente che il tuo “me” separato non esiste e non è mai esistito… ma non accade nulla! Ti senti sempre come esistente dentro un corpo specifico.

Ovviamente, tutti voi, appassionati di Advaita Vedanta, Tao e Zen siete convinti di essere pronti per il “grande salto nell’Abisso”. Oramai le gratificazioni dell’ego le avete lasciate alle spalle. Non siete più come gli altri comuni mortali che ancora compiono sforzi per “ricordarsi di sé”, oppure, più prosaicamente, si preoccupano di mettere da parte i soldi per l’auto nuova.

Invece non è vero. Non siete pronti. Siete come vergini che parlano di Tantra!
Dimostrare che non siete ancora pronti a balzare nell’Abisso è facile. Non siete pronti… perché non vi è ancora successo. In realtà avete ancora necessità di sentirvi un individuo, un “me” dentro un corpo. E il fatto che stiate percorrendo un cammino verso qualcosa che invece si trova QUI e ADESSO, indica che avete ancora bisogno di muovervi attraverso l’ego. Il fatto stesso che decidiate di non fare più nulla, è ancora sempre un bisogno dell’ego. Le vostre azioni vi tradiscono. Non c’è via d’uscita!

Se avessi di fronte una forma corporea nella quale è accaduta questa piena comprensione, le darei ragione. Ma dal momento che di solito a blaterare sull’inesistenza dell’ego e l’inutilità di fare sforzi sono persone che si trovano sul medesimo piano di coscienza di un giornalista sportivo… la loro stessa “mancata illuminazione” le tradisce. Hanno ancora bisogno di temporalità e di sforzi, in qualunque direzione questi sforzi siano condotti.

L’ “ego spirituale” ha spostato le sue aspettative dal mondo della finanza a quello dell’Advaita Vedanta o dello Zen, così da poter finalmente sperimentare la beatitudine. Ma la beatitudine come traguardo di vita non ha più dignità di una carica politica, poiché sono entrambi traguardi disposti lungo il tempo. Sono entrambe esperienze esperite da “qualcuno” dentro un corpo. “Qualcuno” che farebbe meglio a occuparsi delle sue finanze piuttosto che dell’illuminazione!

Finché non siete pronti per accettare la fine del senso di identità separata, cercate l’illuminazione in maniere che vi impediscono di raggiungerla. Desiderate l’Unità ma allo stesso tempo vi opponete ad essa ogni singolo istante della vostra vita. L’illuminazione non è altro che la cessazione dello sforzo di opporsi ad essa, perché in verità è sempre presente. È come togliersi un carico dalle spalle scoprendo che il carico non c’era.

Se mi osservo muoio. O meglio… scopro che non sono mai nato.
Nello scoprirmi inesistente e allo stesso tempo sconfinato (=boundless) provo un rilassamento beatifico, ed esplode una risata cosmica. Una vita trascorsa fra preoccupazioni e ansie… per poi scoprire che non c’ero, non ci sono mai stato, non c’era nulla da difendere.

Il confine fra me e il mondo esterno, quel confine che mi fa credere di essere un individuo separato dal mondo che osservo, deve essere ricreato istante dopo istante, in uno sforzo continuo di rifiuto dell’Unità. Proprio perché tale confine non esiste, occorre ricrearlo costantemente, senza sosta. Questo è il peso dell’esistenza, il peso di dovermi mantenere distante dall’Uno per poter continuare a sopravvivere come individuo. Il peso del non voler CEDERE.
Eppure è così semplice. L’illusione ci tiene prigionieri con manette di neve.

di Salvatore Brizzi
NON DUCOR DUCO
(non vengo condotto, conduco)

Fonte: salvatorebrizzi.com

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