Spiritualità

“L’Appeso” dei tarocchi. Il ritorno allo stato primordiale

di Mike Plato

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Qual è il significato dell’appeso dei Tarocchi? Quale relazione con la vita di Gesù dei vangeli? E soprattutto cosa vuol dire “rinascere” secondo il principio del “ribaltamento”? Una visione innovativa e rivelatrice del messaggio insito nei Vangeli.

OdinsInitiationIntoWisdom.jpgNei miti nordici, Odino veniva chiamato “Dio degli Impiccati”. Si narra, nel canto eddico dell’Havamal, che venisse sacrificato a sé stesso secondo il rito tradizionale: “Nove notti, ricordo, restai appeso, scosso dal vento all’albero, e di lancia trafitto, ed a me stesso dedicato, Odino a Odino fu immolato”. La vicenda di Odino narrata nell’Havamal introduce uno dei simboli del sacrificio:  l’Appeso, l’ Arcano 12 dei Tarocchi, uno dei simboli più potenti della Tradizione esoterica. Sotto un certo aspetto, l’Appeso è lo Spirito che cade nella materia, e il glifo citato ne rappresenta un simbolo splendido.  Oswald Wirth, nel suo celebre testo sui Tarocchi dice correttamente che l’appeso rimanda all’iniziazione passiva o mistica (bakthika nell’induismo), detta anche femminile o ionica, quella che punta all’annullamento totale dell’Ego illusorio e che fa dell’iniziato un ricettacolo di forze superiori. L’Appeso è colui che si inchina e si sottomette al proprio Dio, che si sacrifica in nome di un bene più grande ed inizia ad invertire la rotta, prima che giunga al punto di non ritorno; è colui che si svuota per divenire recipiente di forze luminose. I Vangeli dicono di Gesù che non appena rifiutò Satana nel deserto, ossia l’Ego che tutto vuole, fu servito dagli angeli, o meglio le forze divine incatenate nella sua anima. L’Appeso è colui che si sforza di vedere la realtà al contrario di come appare, poiché si rende conto che ciò che è bene per gli uomini è male per Dio e viceversa, così come ciò che è saggezza per gli uni è stoltezza per Dio (1 Corinzi 1:25 e 3:19). La realtà fenomenica è lo specchio contrario della realtà superiore, ciò che è in basso è analogo a ciò che è in alto, ma speculare.  Nella raccolta gnostica I Viaggi di Pietro, precisamente nel frammento “Il Martirio di Pietro”, l’apostolo dice qualcosa di interessante riguardo al “ribaltamento mistico” :  “Tu, Mio Signore, sempre dritto, sempre innalzato, eternamente al di sopra…Noi che nasciamo in tal guisa da sembrar essere versati sulla terra, cosicché la dritta è la mancina e la mancina diviene dritta; inquantoché il nostro stato è modificato da quelli che sono gli autori di questa vita (gli Arconti, n.d.a.). Questo mondo crede dritto ciò che è mancino…”. Quella di Pietro è la tipica visione gnostica, tant’è che morì crocifisso, secondo la tradizione, a testa in giù (cfr. HERA 43, pag. 34). L’uomo, una stella caduta sul piano materiale, ribalta la sua visione originaria a causa dell’incarnazione, il che lo costringe ad attuare una contro-inversione per ottenere la salvezza dal piano materiale. Se prende consapevolezza di essere veramente un morto che cammina, innesca un processo di riabilitazione,  di conoscenza sofferta e graduale che lo conduce verso la via del ritorno a sé stesso. E’ un tema universale e lo si ritrova anche negli insegnamenti iniziatici induisti, come testimoniatoci da David Gordon White ne Il Corpo Alchemico: “Nella misura in cui inverte con la sua pratica tutte le tendenze naturali (inerzia, destino di morte, estroversione, n.d.a.), lo yogin letteralmente inverte la direzione del tempo; la sua è una pratica regressiva che capovolge i modelli convenzionali dei cicli temporali”.

 “Gli ultimi saranno i primi…”
Quando si passa dall’inferiore al superiore, dal fuori al dentro, dal materiale allo spirituale, l’analogia va intesa sempre in senso inverso. Questa specularità inversa tra visibile e invisibile è stata ben insegnata dal Maestro Gesù: “Chi si umilia sarà esaltato e chi si esalta sarà umiliato…Gli ultimi saranno i primi…Chi si fa ultimo sarà il primo nel Regno dei cieli”. Negli Atti di Filippo, Gesù insegna ancora: “Se non farete che il sotto divenga il sopra, che la destra divenga la sinistra, non entrerete nel regno, perché tutto l’universo è volto nel senso contrario e così ogni anima che è in esso”. Naturalmente chi vive nella cecità di questo mondo è capovolto rispetto al mondo spirituale e va in senso opposto a ciò che è giusto. I Testi egizi delle Piramidi al passo 260 sono eloquenti:  “L’orrore di Onnos (altro nome di Osiride, n.d.a.) è il camminare nell’oscurità senza vedere, perché è capovolto”. Solo chi si annulla diviene un tutto, e cosi sarà per colui che si cala nelle sue profondità interiori attraverso il vero battesimo, che entra in sé, facendo sì che la luce e lo spirito discendano nelle viscere oscure della terra e della materia. I cabalisti utilizzavano il principio della “discesa nella Merkabà-Yarad la Merkavà”. Il termine ebraico “YRD” ha il senso sia di entrare (iniziarsi) sia di scendere (calarsi in sé stessi). Il fiume Giordano, il fiume sacro di Israel, il cui nome conserva questa radice, è un potente simbolo di battesimo alchemico (si ricorda che Gesù vi fu battezzato). Anche nella cultura sciamanica, la discesa nei propri inferi (katabasi) equivale ad un’ascensione (anabasi), poiché più si muore a sé stessi, più si ritorna in sé; più ci si svuota della propria umanità e ci si rende conto di essere un mero nulla, più ci si riempie della propria divinità.  Lao-Tzu insegna: “La Via del Cielo consiste nell’abbassare l’elevato e nel rialzare il basso, nel ridurre l’eccessivo e nell’aumentare l’insufficiente. I Saggi sono umili e modesti, puri e calmi; questo è curarsi del basso, e poiché rispettano il basso, possono raggiungere le altezze. La Via del Cielo è discendere dopo aver raggiunto il culmine, diminuire dopo aver raggiunto la pienezza. I saggi si diminuiscono giornalmente e si svuotano, non osando essere soddisfatti di sé; progrediscono giornalmente retrocedendo, così la loro virtù non viene meno”.

 Il Re dei Giusti
spiderman3_poster.JPGL’Appeso-Matto è un eroe, perché sa a cosa va incontro attraversando la “Via dei Padri”, la Via del Giusto. L’inversione assiologica, la consapevolezza delle verità eterne, lo rendono folle agli occhi della gente comune e profana che nulla sa, perché dorme sonni profondi. E’ sorprendente per chi non conosce questi meccanismi constatare che le sofferenze del Giusto David, descritte nei Salmi,  siano le medesime sofferenze del Giusto Gesù sulla croce. Entrambi si trovano ad operare alchemicamente, entrambi si trovano nel crogiuolo (croci-fissione) per attuare la purificazione e lo scioglimento delle impurità. Occorre capire che la storia di Gesù non ha quasi nulla di nuovo: è la storia archetipica del Verbo crocifisso nella materia corporale dalle origini; è la storia di tutti i Giusti che rinunciano alla loro illusoria personalità per rimettere tutto al Cristo e, non venendo capiti, vengono sbeffeggiati, presi per pazzi e crocifissi. Se ciò accade, vuol dire che l’iniziato è un vero Sadoq, e il Re dei Sadoqim (Melkisedeq), è in lui e con lui. È ovvio che Gesù è il campione degli umani Giusti, colui le cui sofferenze sono state al massimo grado, e di conseguenza anche la sua realizzazione spirituale, poichè chi più si umilia e sottomette di fronte a Dio più viene esaltato ed elevato spiritualmente.  P. Carton, nel suo libro sui Tarocchi, affermava che “il Matto è il profeta che viene lapidato perché proclama la verità e perché annuncia i cataclismi che ripareranno alle malvage potenze di questo mondo. E’ il saggio deriso dagli imbecilli. E’ l’iniziato assalito dagli ignoranti. E’ il missionario che passa per folle. E’ il santo tormentato dai demoni. E’ il povero, morto alla vita di questo mondo, che per soli beni ha una bisaccia e un bastone, e che continua sulla sua strada malgrado i morsi dei cani. E’ l’appassionato di verità che solitario si erge sul cammino, coperto dalle menzogne, dalle ingiurie, dalle calunnie e dagli sputi. E’ il pellegrino del deserto che sta per entrare nel deserto e nella solitudine. Egli porta avanti il suo cuore come una fiamma. E’ la follia della croce dei cristiani”. Platone sembra dire la medesima cosa dei “giusti”, di coloro che seguono la “Via di Maat”:  “Diranno ciò: che il Giusto, proprio per i suoi atteggiamenti, sarà flagellato, torturato, gettato in catene, gli saranno bruciati gli occhi e da ultimo, dopo aver patìto tutti questi mali, verrà affisso al palo…” (Repubblica 514). Spesso il Giusto Gesù nei Vangeli è considerato pazzo, perfino dai suoi discepoli che pensano, in talune occasioni, che  sia fuori di sé (Marco 3:21, Giovanni 10:20). La gente considera assolutamente folle la Luce (il Messia) perché è qualcosa di completamente antitetico alla concezione che l’uomo ha della sua illusoria e impermanente  realtà di tenebre. Si tratta quindi di un processo di stravolgimento della propria visione. Anche il maestro sufi Jalal od-din Rumi, ne L’Essenza del Reale, invitava ad operare un’inversione nell’interpretazione della realtà: “Dio, l’Altissimo, è assai astuto. Egli mostra apparenze gradevoli, ma sotto le belle forme ne sono celate di dannose. Per questo il Profeta (Maometto) disse “Signore, mostrami le cose come sono in realtà”. Tu manifesti le belle apparenze, e in realtà sono dannose: mostri una cosa sgradevole, ed essa in realtà è benefica. Per questo mostraci le cose come Tu le conosci, per non vagare invano ed essere perpetuamente deviati”. Rumi non voleva suggerire che Dio inganni, ma che l’uomo sia stimolato da Dio a non fermarsi alle apparenze, e a penetrare nell’essenza di ogni cosa per trovarvi Lui. Per questo in Matteo 3:2 Giovanni il devoto afferma:  “Invertitevi (n.d.a. convertitevi), perché  il Regno dei cieli è vicino”. Giovanni usa la dizione “vicino”, non solo in senso temporale, ma anche per indicare che il Regno è dentro di noi, e in mezzo a noi. E sempre per questo Gesù afferma che chi non si inverte in fanciullo, riacquistando lo spirito infantile, non è degno del Regno. “Inversione” significa letteralmente abbandonare la presunta certezza dell’esteriore (mondo visibile) e andare verso l’interiore. Questa radice è presente anche nel termine “universo-andare verso l’Uno”, un percorso che quindi presuppone un’inversione, un ritorno, ma anche “sottomissione assoluta” al proprio Dio che lo guiderà verso la Luce attraverso una rigenerazione ctonia. Secondo Platone, il primo ad introdurre questo concetto tipicamente cristiano-gnostico in Repubblica VIII,518 C-D, la conversione (metagoghè) è l’atto del volgersi dell’anima dal mondo sensibile a quello intelligibile, e in particolare all’idea del Bene. Per il Vangelo della Verità 28 “il ripristino dello stato originario si chiama conversione”. Quale sia questo stato originario ce lo dicono gli gnostici Ophiti nella testimonianza di Ireneo: “Quanto ad Adamo ed Eva,  ebbero prima corpi leggeri e lucenti, per così dire spirituali, come erano stati creati. Ma venuti qui, li hanno mutati in corpi più oscuri, spessi ed impediti, e la loro anima era disarticolata e illanguidita, poiché essi avevano solo il soffio del Creatore” (Contro le Eresie, I. 30.9). Quindi l’appello del Battista a convertirsi è il dolce richiamo dello stato primordiale, espressione dell’esigenza di regredire per progredire. La nostra civiltà fa il contrario: progredisce per regredire, e per non tornare mai più alle origini. Forse la gran parte di essa è giunta tristemente al punto di non ritorno.

 Il cammino a ritroso del Cristo
d0242012.jpgIl gambero è uno dei più significativi simboli dell’alchimia. Sotto taluni aspetti, il gambero e l’ouroburos (serpente mangia-coda) sono lo stesso principio, perché anche il gambero, in cottura, si curva su sé stesso e si morde la coda, metafora dell’inversione e dell’introversione. Il gambero va in avanti camminando all’indietro, ossia cammina a ritroso, splendida metafora dell’inversione-conversione. Mi sembra che anche il Matto dei Tarocchi (lama 0-22) cammini in avanti guardando all’indietro, suggerendo quindi un incedere a ritroso. La storia dell’evoluzione spirituale di Gesù, il Matto divino per eccellenza, andrebbe ribaltata, come lui stesso ha suggerito di fare. I quattro vangeli sinottici sono concordi nel descrivere tre punti salienti dell’iter di cristificazione. In senso cronologico: la nascita del bambino, il battesimo nel Giordano e la crocifissione, a prescindere dalla resurrezione. Pur essendo valida sotto un certo aspetto la sequenza ordinaria, io ribalterei la serie: crocifissione, battesimo, nascita del bimbo spirituale. Questa è l’esatta sequenza degli eventi iniziatici di chi percorre la vera Via. In primo luogo, l’anima abbandona il suo regno e, entrando nel regno della materia con l’incarnazione, si crocifigge alla materia corporale. Questo principio è il fondamento del credo gnostico. Questa crocifissione, che i Templari e molti Figli della Luce detestavano e abiuravano, è in atto quando lo spirito è incarnato nel piano dove si trovano il maschio e la femmina (il piano della dualità)  ed è così separato dalla gran vita e dal gran moto del Pleroma (i mondi di luce). Gli gnostici affermavano che se non si prende consapevolezza che l’anima sia crocifissa al corpo fisico, la salvezza è pregiudicata, poiché non si riconosce la necessità dell’anima di schiodarsi dalla materia corporale. Personalmente concordo con la tesi gnostica. Sarà pure un’esperienza per l’anima, ma rimane un’esperienza dolorosa, perché l’anima è abituata a “volare”, e perde questa capacità incatenandosi al corpo. L’angelo perde le ali, ma può riconquistarle. Come? Inizialmente, proprio prendendo consapevolezza di essere un’anima dentro un corpo, e non un corpo che produce ed esprime una coscienza. Fatto questo, deve immergersi in sé stessa e conoscersi. E veniamo al battesimo nel nostro Giordano, che inorridirebbe il profano ma non certo il Matto-Iniziato. È la fase della morte mistica, noto alchemicamente come Nigredo. La pietra che i costruttori rifiutano diventa pietra angolare in chi non ne ha vergogna e in chi lavora su di essa. L’uomo entra nella fonte battesimale, nella sua pietra-anima,  per farne emergere il Dio: è l’Albedo alchemica. L’immersione è detta in ebraico “tevilà”, che gematricamente ha valore 56, lo stesso peso numerico del termine “habitul” (annullamento dell’ego). Ciò amplifica terribilmente la sofferenza, perché l’ego muore lentamente al mondo, pur tentando disperatamente di sopravvivere. La sofferenza non proviene dalla coscienza superiore, ma da quella inferiore che non viene più accontentata. Ermete Trismegisto  ne Il Corpo Ermetico 12:3 recita: “A quelle anime di cui si è posto a capo, l’Intelletto (coscienza divina) mostra la sua propria luce, operando contro i loro pregiudizi…L’Intelletto fa soffrire l’anima, sottraendola al piacere dal quale le viene ogni male”. La super-coscienza quindi fronteggia come un guardiano tutti gli stimoli che promanino dal sub-conscio e dalla parte bestiale,  e che portano la coscienza ad agire in un modo anziché in un altro. Questa funzione di Vigilanza dell’Intelletto è una forma di dominio di sé ed è cosa che indiscutibilmente porta 70225~Il-primo-libro-di-Urizen-Uomo-capovolto-che-galleggia-1794-incisione-in-rilievo-stampata-a-colori-Posters.jpgalla sofferenza la nostra parte umana che si sente sempre più tagliata fuori dall’egemonia mentale. Jacob Bohme  scriveva in Tilken 20-26: “Avendo trovato entro me stesso un potente contrarium (n.d.a. antagonista, satana), i desideri carnali, cominciai una dura battaglia contro la mia natura corrotta, e con l’aiuto di Dio (Intelletto Guardiano, n.d.a.) formai la mia mente in modo da sconfiggere la cattiva volontà ereditata, spezzarla ed entrare interamente nell’amore di Dio nel Cristo. Allora decisi di considerare me stesso come morto (termine della fase al nero, n.d.a.) nella mia forma ereditata, finché lo Spirito di Dio non avesse preso forma in me”. Anche questo è il senso della guerra santa interiore, un conflitto fra le due parti dell’anima e i loro pensieri, codificati nei testi sacri e nei miti come angeli e demoni, perché i pensieri sono veri e propri messaggeri-emanazioni della mente. Attuando questo processo, l’iniziato, a qualunque corrente esoterica appartenga, diventa un ribelle, punta alla “rivolta”, al rivolgimento e al rovesciamento della visione del mondo, ad una rivoluzione, tenendo conto che molti schemi di comportamento “sociale” sono registrati indelebilmente nel nostro corpo astrale, essendo informazioni consolidate dalle molte reincarnazioni. Quando l’iniziato tende a dissolvere questi falsi archetipi, inizia a conoscere quelli eterni e diventa di conseguenza un ribelle, un anti-conformista, spesso un disadattato, ma sempre per sua volontà. Occorre quindi coraggio per attraversare la “Via” che non per niente è da sempre la “via degli eroi, della sofferenza e delle fatiche”. Chi non ha questo coraggio non potrà mai capovolgersi, tenendo anche nel dovuto conto il fatto che ciò che si può arrivare a vedere e a intuire potrebbe non piacere a molti. Se la fase di deserto, nei Vangeli, segue il battesimo, volendo rispettare la legge dell’inversione direi che al contrario il battesimo e la relativa unzione, ossia l’apertura dell’occhio che tutto vede, segue la fase di isolamento dal mondo e di continenza sessuale. Al giusto non resta che l’ultimo passo: la concezione virginale, la nascita del bambino alchemico, la nascita del Cristo fanciullo in sé, la riacquisizione del Corpo di Gloria attraverso cui può sfondare persino la barriera astrale e catapultarsi nei Regni a più alta vibrazione. Ciò equivale al raggiungimento del settimo cielo, del settimo chakra (sahasrara), e del Kether dell’Albero sephirotico. È la Rubedo. L’uomo realizza il Dio in lui, diventa Re-Sacerdote, ed appare come il bimbo divino col globo in mano, simbolo del Re del Mondo. Assurge cioè alla statura del Melkisedeq, divenendo trinità divina a sé stesso. Il ribaltamento è totale, il trionfo è assoluto. L’uomo torna al glorioso stato primordiale, come la Fenice.

di Mike Plato

Fonte: mikeplato.myblog.it

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