Spiritualità

La Gnosi

dal sito corsodireligione.it (vari articoli)

Struttura fondamentale della gnosi

[Eduard Lohse, L’ambiente del Nuovo Testamento, Brescia 1993]

Il fenomeno della gnosi fu oggetto di accese discussioni, fu a lungo giudicata un fenomeno interno al cristianesimo: sorta dall’incontro del cristianesimo primitivo col mondo ellenistico, sarebbe appartenuta alla storia delle sette cristiane. Questo quadro cambiò quando si cominciarono a considerare gli inizi della chiesa cristiana alla luce della storia delle religioni. Risultò allora che la gnosi non poteva essere ritenuta soltanto un fenomeno prodottosi nell’ambito della chiesa primitiva.

La Gnosi rappresentò un movimento con estesissime ramificazioni nel mondo ellenistico, soggetto all’influsso di religioni e correnti spirituali diverse, diffusosi prima del cristianesimo primitivo e accanto a esso, entrato poi con diverse modalità in contatto con elementi cristiani.

Si costituirono numerose comunità cristiano-gnostiche e la gnosi apparve costituita da un insieme di gruppi eretici che, in quanto tali, dovevano essere esclusi dal corpo della chiesa. I Padri della chiesa rivolsero un’ aspra polemica contro gli gnostici, promotori di una dottrina che negava il mondo, di speculazioni mitologiche e spesso di un’ etica libertina. Si rimproverava loro di distinguere il Dio dell’ Antico Testamento dal Padre di Gesù Cristo.

Codici di Nag Hammadi

Grazie alle ricerche di storia delle religioni! L’immagine della gnosi risaltò più netta, ma nello stesso tempo anche molto più complessa.

Ci si dovette chiedere come concezioni iraniche, babilonesi, egiziane e veterotestamentarie, in armonia con idee della filosofia greca, abbiano potuto concorrere alla costruzione di un sorprendente edificio dalle mille facce iridescenti: la Gnosi.
I diversi influssi poterono comporsi in un quadro coerente perché avevano in comune una ben precisa visione dell’esistenza, che cercava di dare un’interpretazione del mondo e dell’uomo.

La struttura di base dualistica (visibile-invisibile, materia-spirito) nelle concezioni e nelle affermazioni degli ambienti gnostici lascia supporre relazioni con idee iraniche ma dopo le scoperte di testi finora sconosciuti e una più profonda analisi delle tradizioni già note da tempo, si dibatte con ancor maggiore vivacità sulla concezione gnostica dell’esistere umano. Oggi sembra certo che vi sia stato, da parte del giudaismo, un non trascurabile contributo al complesso fenomeno della gnosi per mezzo di tradizioni che si scostano notevolmente dai canoni del giudaismo ortodosso allora in via di formazione. Tuttavia, benché ci si sia dati da fare per chiarire le origini della gnosi, la ricerca non ha ancora potuto raggiungere risultati del tutto certi.

Si ammette pressoché unanimemente che la gnosi ha avuto origini precristiana, si è sviluppata come ampio movimento parallelo al cristianesimo primitivo, e ha con esso contatti di vario genere.

Recentemente (1945/46) ci sono state importanti scoperte: a Nag Hammadi nell’alto Egitto gli scavi hanno portato alla luce una grande biblioteca gnostica. Vangeli apocrifÌ, scritti didascalici, lettere e apocalissi mostrano come gnostici cristiani, in Egitto, abbiano tentato di offrire un’interpretazione gnostica dell’evangelo, proponendo la retta conoscenza come via per la salvezza. Si tratta in verità esclusivamente di scritti cristiani, che non permettono quindi nessuna illazione sulla forma della gnosi precristiana; la grande abbondanza dei testi permette tuttavia di gettare un profondo sguardo nel mondo delle comunità gnostiche, che finalmente ci parlano con parole proprie, e non soltanto attraverso le frammentarie e polemiche citazioni dei Padri della chiesa. In questo senso i testi scoperti a Nag Hammadi possono chiarire punti importanti del complesso fenomeno della gnosi. Nella loro interpretazione s’impone comunque la più grande prudenza, perché sono pochissime le testimonianze letterarie della gnosi precristiana: le sue origini possono quindi essere ricostruite solo con molte riserve.

Nel mondo ellenistico-romano era molto apprezzato quanto di insolito presentavano le tradizioni religiose dell’Oriente. Si cercava di rintracciare nelle loro concezioni arcane rivelazioni divine, e per questo si accoglievano volentieri tradizioni mitologiche di ogni sorta.

Questa predilezione per un linguaggio religioso oscuro e inquietante ha influito in larga misura sul linguaggio della gnosi.

I miti che si raccontavano nei circoli gnostici presentano costruzioni ingegnose dove elementi di diversa provenienza venivano fusi ad arte, per far apparire quanto più possibile attraente la rivelazione della conoscenza.

I miti dovevano spiegare perché questo mondo è divenuto qual è ora, perché l’uomo si trova nella condizione in cui oggi vive, come infine può essere indicata la via della salvezza. Quando i diversi materiali, accolti dal movimento gnostico, furono resi atti a chiarire il contenuto della conoscenza, dalla loro fusione emerse qualcosa di realmente nuovo: il linguaggio della gnosi.

Questi elementi della gnosi li ritroviamo in molti movimenti e culti religiosi moderni, a carattere esoterico e non.

Le scuole gnostiche

[ Massimo Introvigne ne: il Domenicale. Settimanale di cultura, anno 5, n. 30, 29 luglio 2006 ]

Certamente lo gnosticismo non è mai stato un sistema monolitico e coerente.

Le varie scuole si sono divise quasi su tutto. Vi sono tuttavia alcuni temi generali che sia pure con molteplici sfumature e varianti si ritrovano in tutte le scuole:

il primato della conoscenza,

– il dualismo,

– la presenza di varianti di un mito cosmologico,

– una dottrina della salvezza,

– un atteggiamento particolare in materia di culto e di moralità.

Il dualismo spirito/materia

Gnosticismo deriva da gnosis, “conoscenza”.

Un sistema gnostico è anzitutto caratterizzato dal primato della conoscenza su qualunque altro mezzo di salvezza per l’uomo: la legge, il rito, l’adesione a una comunità religiosa. Nella sua lotta con il cristianesimo, la conoscenza degli gnostici si contrappone alla fede; ma più in generale la gnosis si oppone all’ignoranza di coloro che rimangono immersi nella vita di tutti i giorni e nelle preoccupazioni di questo basso mondo senza occuparsi dei misteri del mondo divino, i soli che contano e che vale la pena di studiare.

Tutti i sistemi gnostici anche se non tutti nello stesso modo – sono caratterizzati da un dualismo che oppone lo spirito e la materia, con un deciso anticosmismo che svaluta radicalmente il mondo visibile, ridotto a regno del male e delle tenebre. Questo anticosmismo radicale differenzia il dualismo gnostico da quello della religione zoroastriana e da quello platonico, che pure hanno esercitato una certa influenza sugli gnostici. Non a caso i neo-platonici del Terzo secolo non avranno alcuna simpatia per gli gnostici, anzi li combatteranno proprio in ragione del loro anticosmismo. Se tutti gli gnostici sono d’accordo su una svalutazione dualistica del mondo e della materia, le scuole si dividono quando si tratta di valutare i rapporti fra i due principi. Nei sistemi classici dello gnosticismo il dualismo si risolve in un monismo, in quanto il male non è un principio originario ma il risultato di una qualche degradazione o caduta nel mondo materiale del bene.

Verso l’idea di due principi originari si orienteranno invece quelle scuole gnostiche che influenzano il manicheismo, che alcuni considerano una religione successiva del tutto indipendente dallo gnosticismo e altri uno gnosticismo tardivo.

È la conoscenza che salva

Tutti i sistemi gnostici propongono un mito cosmologico che come spesso è stato notato ha un carattere “parassitario” in quanto nasce dalla rilettura gnostica di temi mitologici preesistenti iranici, greci o ebraici, talora “contaminati” da riferimenti cristiani. I miti gnostici sono insieme ricchissimi e diversi da scuola a scuola, ma lo schema centrale rimane costante. Possiamo definire lo gnosticismo in molti modi, ma la formula più breve e comprensibile rimane quella del filosofo neoplatonico Plotino (205-270):

“Lo gnosticismo è la dottrina secondo cui il creatore di questo mondo è cattivo e il mondo stesso , è cattivo”.

Nella cosmologia gnostica fedelmente riassunta anche nel Vangelo di Giuda “il Grande”, la vera divinità positiva per cui si usa malvolentieri l’espressione “dio”, riservata a una pletora di personaggi minori o negativi, ha creato soltanto il Pleroma, il mondo della Luce divina abitato da una pluralità di dei. Per cause che gli gnostici attribuiscono alla caduta fuori del Pleroma di una divinità femminile, Sofia a un certo punto una parte della Luce divina è uscita dal Pleroma ed è rimasta intrappolata nel mondo materiale. Quest’ultimo non è una creazione di Dio, ma di una divinità incapace ovvero malvagia, il Demiurgo, assistito da collaboratori, gli Arconti, che sono o violenti o pasticcioni.

Gli ebrei dell’Antico Testamento, secondo gli gnostici, si sono lasciati ingannare dal Demiurgo venerandolo come Dio e fonte di ogni bene, mentre è al contrario la fonte di ogni male, perché la materialità del mondo e con questa la divisione dei sessi, l’amore, la vita mortale, la procreazione sono tutte cose malvagie del tutto estranee ai piani del Grande. Alcuni frammenti della Luce divina sono stati concessi dal Grande al mondo materiale come seme di salvezza, e costituiscono le scintille o frammenti di anima di cui alcuni uomini, ma non tutti, sono dotati (molti ne rimangono privi, irrilevanti nel grande gioco cosmico). Gli uomini in cui vive una scintilla divina come anima sono chiamati a diventare gnostici, lavorando perché i frammenti di Luce si riuniscano e tornino al Pleroma.

Quanto alla dottrina della salvezza, per gli gnostici la salvezza viene dalla conoscenza. E tuttavia lo gnosticismo non prevede solo l’auto-redenzione attraverso la gnosi, ma anche l’intervento di figure di redentori su cui gli interpreti hanno sempre discusso. Si è detto che il redentore gnostico, che in molti testi è Gesù Cristo, è sempre un “redentore redento”, perché se si è lasciato coinvolgere nel mondo materiale ha in ogni caso bisogno di ricevere una redenzione prima di poterla trasmetterle agli altri.

Ma questa necessità si attenua nei testi più influenzati dal cristianesimo o da sue forme non precisamente ortodosse dove il redentore, Gesù Cristo, sembra coinvolto nel mondo, ma si tratta solo di una maschera o di un’apparenza che inganna i non gnostici e oltre la quale il vero gnostico comprende Gesù come un inviato del regno del Grande di natura puramente spirituale. In ogni caso, la salvezza non è per tutti: è riservata ai soli gnostici, e ha un costo. Anche lo gnostico dopo la morte non va direttamente al regno del Grande: l’anima o si reincarna (ma non tutte le scuole credono nella reincarnazione) o deve passare attraverso una serie di prove. Solo alla fine del mondo l’ascesa degli gnostici sarà diretta.

Degli aspetti rituali, sociologici e morali dell’antico gnosticismo sappiamo in realtà pochissimo. Solo alcuni capiscuola come Marcione (85-160 d.C.) si preoccupano di fondare una Chiesa con una struttura formale: altri restano predicatori ambulanti come il Peregrinus messo in scena nella satira di Luciano (120-190 d.C.).

Il culto è visto originariamente come sospetto, come qualche cosa che ha a che fare con il mondo materiale, e lo stesso vale per la morale. Ma questo porta le diverse scuole a conseguenze radicalmente opposte: da un rigoroso ascetismo con un culto ridotto al minimo fino a pratiche orgiastiche che si traducono in una ritualità incentrata sulla magia sessuale. In entrambi i casi si tratta di affermare che il “mondo” con la sua morale e le sue convenzioni non ha nessuna importanza. Nelle prospettive più antinomistiche, come si è accennato, i “cattivi” della Bibbia sono tutti rivalutati come buoni e venerati come santi, perché in realtà lottavano contro il dio malvagio creatore di questo mondo: dal Serpente tentatore del Paradiso Terrestre fino a Caino, agli abitanti di Sodoma e Gomorra e appunto a Giuda.

Principi generali della gnosi

Eduard Lohse, L’ambiente del Nuovo Testamento,Brescia 1993.

1 – L ‘intima struttura del mondo può essere compresa solo chiarendone l’origine.

La gnosi parla dell’ origine del mondo nelle descrizioni cosmogoniche, che se possono essere diverse nei dettagli, presentano però tratti comuni e ricorrenti. La creazione ha avuto luogo quando dalla sfera divina del mondo puro della luce una parte cadde negli spazi inferiori alla materia.

Il termine gnosi significa conoscenza, ma non nel senso di una visione razionale raggiunta con la ricerca scientifica o la riflessione critica, come nella filosofia greca, e neppure quel retto
sapere che permetta di mettersi in relazione con il disegno divino sulla storia, come nell’apocalittica giudaica, o la reale comprensione della legge divina, come nella comunità di Qumran (cfr. p. 82): il sapere viene comunicato attraverso una rivelazione che concede all’uomo la conoscenza di Dio.
Essa, secondo la definizione che ne dà lo gnostico valentiniano Teodoto, comprende i seguenti contenuti:
chi fummo, cosa siamo divenuti;
dove fummo, dove siamo stati gettati;
dove ci affrettiamo, da cosa siamo liberati;
cos’è la nascita, cos’è la rinascita
(Excerpta ex Theodoto, 78).
La struttura binaria delle frasi sottolinea il carattere dualistico della gnosi. I primi due versi descrivono il movimento di discesa dell’uomo dalla patria d’origine al mondo in cui è stato gettato. Gli altri due pongono invece la questione della liberazione attraverso la quale gli uomini sono tratti dalla prigionia e condotti alla salvezza. Se non è concessa loro la comprensione di questo, essi sono perduti, poiché non potranno accorgersi della loro schiavitù né conoscere la via per la libertà. «Chi ha conoscenza» – così il cosiddetto Vangelo della verità di Nag Hammadi descrive il concetto di gnosi «sa donde è venuto e dove va. (Lo) sa come uno che era ubriaco e si risveglia dalla sua ubriachezza, che è tornato in sé e ha ristabilito il suo vero essere» (22,13-20).
L’uomo esperimenta questa conoscenza venendo afferrato dall’oggetto di essa, cioè Dio, lo Sconosciuto del tutto inattingibile; nessuna via conduce direttamente a lui, ma egli la apre all’ anima, che lo conosce in una visione estatica. La sua condizione nel mondo le diventa allora immediatamente chiara: essa si rende conto di essere prigioniera della materia. Il sapere che essa acquista le rende nello stesso tempo possibile il ritorno in patria, quel mondo divino cui originariamente appartiene. A questa conoscenza fa seguito un atteggiamento negativo nei confronti del mondo, fatto di materia e nemico della luce divina sopita nell’uomo.

Poiché il mondo ebbe origine da una caduta, esso non è opera della divinità, ma estraneo a essa, governato da potenze ostili. Per la gnosi, dunque, il cosmo non è l’ordine buono voluto da Dio, e non si può, come nella Stoa, riconoscere dalle opere della creazione che Dio regna su di essa e in essa. Il cosmo è piuttosto in preda alle tenebre, destinato alla perdizione, è la prigione in cui sono contenuti i frammenti di luce. Mentre per la Stoa la provvidenza divina guida e ordina ogni cosa nel vasto universo, e la volontà di Dio si attua nelle cose piccole come nelle grandi, per la gnosi la legge del mondo è una forza oppressiva che vuol tenere tutto sotto il suo potere.
Nei miti della creazione trovarono accoglienza anche numerose concezioni veterotestamentario-giudaiche, che subirono però adattamenti rilevanti. Nella creazione infatti il tutto non è stato «molto buono»:
il mondo è malvagio.
L’uomo archetipo, formato agl’inizi, non è giunto per sua colpa nella condizione in cui gli uomini si trovano ora, ma è precipitato nel mondo per una fatale caduta, restandone prigioniero. Le potenze che vigilano sul mondo lo hanno sopraffatto, ubriacato e addormentato per fargli dimenticare la sua origine dalla patria celeste. La descrizione della creazione dell’universo, accostabile in questo alle narrazioni veterotestamentarie, culmina nel racconto della creazione e del destino dell’uomo, che viene a trovarsi in un mondo a lui ostile. Prendere coscienza di ciò è compiere già il primo passo verso il ritorno, che può verificarsi solo nel deciso distacco dal mondo.

2 – La visione dell’ uomo è strettamente connessa con quella del mondo.

Infatti il mito cosmogonico chiarisce la condizione dell’uomo mostrando chiaramente donde egli è venuto e dove è stato gettato. Poiché in lui è ancora sopita una scintilla divina, tutto dipende dalle possibilità di rivivificarla o meno.

Le potenze cosmiche hanno un interesse vitale a non liberare l’uomo dalla prigionia, dal sonno, dall’ubriachezza e dall’oblio di se stesso; se i frammenti di luce venissero infatti sottratti al cosmo, esso si dissolverebbe, in quanto la materia non è altro che tenebra. Per questo le potenze vogliono che l’anima, vero io dell’uomo, resti nel torpore, senza prendere coscienza della sua origine e del suo futuro.

3 – La scintilla divina che si trova nell’ animo umano non può liberarsi con le sue sole forze da questa prigionia.

Nel cosiddetto canto naasseno un testo innico della comunità gnostica dei naasseni è descritta la disperata ricerca dell’anima che si sforza di trovare una via d’uscita:

Ora essa porta la corona e guarda la luce;

ora viene precipitata nella miseria;

ora piange e poi si rallegra;

ora piange e ride nello stesso tempo;

ora viene giudicata e muore;

ora torna a rinascere;

e un labirinto senza uscita

rinchiude nell’angoscia l’infelice errante

(Ippolito, Rei 5,10,2).

Il panico, l’ansia e la brama di liberazione restano inutili:

4 – la porta della libertà può essere aperta solo se Dio indica la strada del ritorno; la conoscenza implica non solo sapere la verità sulla nascita, ma anche e soprattutto sulla rinascita.

Nella soteriologia gnostica si risponde al problema della salvezza. Poiché Dio, che troneggia sul mondo dalla più completa lontananza, e la sostanza divina che si trova nell’anima dell’uomo sono affini per una parentela naturale, l’anima deve risalire al mondo superiore dal quale è caduta. Mentre nell’iniziazione delle religioni misteriche viene conferita al mista una forza deificante che gli comunica l’immortalità, la rinascita, secondo la concezione gnostica, significa restaurazione dello stato originario. All’uomo non viene comunicato un dono salvifico, come nei misteri, un dono che gli apporti qualcosa di fondamentalmente nuovo: l’uomo è ricondotto a ciò che egli originariamente era e ha continuato a sussistere nascostamente in lui.

5 – Affinché ciò possa accadere, l’uomo dev’essere risvegliato dal suo stato di torpore e ubriachezza e deve comprendere chiaramente che il mondo gli è straniero. Questa conoscenza gli giunge attraverso un richiamo che lo scuota sotto forma di rivelazione divina.

Il richiamo che restituisce all’uomo la coscienza della sua origine celeste è descritto in modo assai pregnante nel cosiddetto Inno della Perla degli Atti di Tommaso (IO8-II3).
L’inno racconta la storia del figlio di un re che abbandonò il regno paterno e si recò in Egitto per cercarvi una preziosa perla, ma in questa terra straniera dimenticò la sua origine e il suo compito. Così è adombrata la sorte dell’anima che si addormenta nel mondo e non sa più donde viene e quale sia il suo destino.
L’inno prosegue: quando i suoi genitori, rimasti in patria, si resero dolorosamente conto di cosa era accaduto a loro figlio in terra straniera, gli scrissero una lettera col seguente messaggio: «Svegliati dal tuo sonno, ascolta le parole della nostra lettera. Ricordati che sei figlio di re. Ecco: ti sei sottomesso a un giogo servile. Ricordati della perla per la quale ti sei recato in Egitto».
Questa lettera viene affidata a un’aquila, che col suo grido e il frullare delle sue ali lo desta dal sonno. L’effetto della lettera è liberatorio: «Le parole della lettera rispondevano esattamente a quello che era nel mio cuore. Pensai che sono figlio di re, e che dunque la mia libertà deve conformarsi alla sua vera natura. Mi ricordai della perla per la quale ero venuto in Egitto». Egli riesce allora a strappare la perla al terribile drago che la custodisce, riprendere la strada del ritorno in patria, e riunirsi, felice, ai suoi genitori.

La liberazione si compie dunque nel ritorno all’ origine: il germe divino nascosto nell’uomo viene così liberato e restituito al suo vero destino. La conoscenza risvegliata dal richiamo non significa soltanto che l’uomo prende coscienza della sua condizione: essa gli dà anche la capacità d’ingannare i custodi della prigione e riprendere il cammino verso la patria. La gnosi insegna all’uomo che non deve essere soggetto a questo mondo, pretendendo anzi la sua separazione da esso.

Questa fuga dal mondo può essere realizzata dallo gnostico in due modi: un effettivo ritiro ascetico dal mondo, rinunciando a tutto quanto esso gli offra, o la convinzione, da parte di colui che ha acquistato la vera conoscenza, che nulla di quanto gusta nel mondo può intaccare il suo vero io.

Il disprezzo del mondo può quindi portare a un atteggiamento libertino, basato sul principio che tutto ciò che piace è permesso, poiché nulla di mondano può toccare lo gnostico nel suo io, che appartiene alla sfera divina. [concezione dell’Io molto vicina a quella induista dell’Atman]

Nei sistemi gnostici che si costituirono con l’andar del tempo, la comunicazione del richiamo che porta l’uomo alla conoscenza è presentata in vari modi. Esso proviene dalla sfera divina e raggiunge l’uomo là dove si trattiene nel mondo, ed è costituito da un messaggio, una parola di risveglio che gli indica la via verso la patria celeste.

6 – Portatore di questo messaggio può essere anche una figura di salvatore, che viene da Dio e si adatta, travestito, alle condizioni in cui gli uomini vivono; nel suo travestimento non è riconosciuto dai custodi cosmici e può così comunicare agli uomini la novella liberatrice.

Nello gnosticismo cristiano il salvatore è Gesù Cristo, che porta agli uomini il messaggio divino. Egli è sceso in forma umana per non essere notato dai detentori del potere prima del tempo, ma non era veramente uomo, e quindi non ha preso su di sé la sofferenza e la morte. La questione se già la gnosi precristiana conoscesse la figura di un redento re non può essere risolta con certezza. Poiché il richiamo alla liberazione può essere trasmesso in vari modi, il mito gnostico è fondamentalmente aperto ad ammettere anche la figura di un salvatore: non necessariamente una figura celeste, poiché l’annuncio liberatore può verificarsi anche senza mediazione. Con ciò non è escluso che la figura del salvatore, così nettamente delineata, sia potuta sorgere solo sulla base di una forte influenza cristiana, che portò poi alla formazione dei sistemi cristiano-gnostici. Il giudaismo conosceva come mediatrice e contenuto della rivelazione la Sapienza, Filone parla del Logos come di un essere intermedio tra Dio e gli uomini (cfr. pp. 105 s.). Questi motivi influirono senza dubbio sulla gnosi e contribuirono a che la nozione di liberazione divina fosse illustrata mediante la concezione di un salvatore celeste.

Gnosi e mito

Il mito gnostico non tratta di un fatto storico determinato, come quello annunciato dalla predicazione cristiana, ma esprime una verità sempre valida, non concepibile in termini storici, né conduce a una fine che si verifichi in un ultimo evento. La verità del mito si mostra nella luce proiettata sull’ esistenza umana e comunicata mediante la conoscenza.

Era quindi inevitabile che nell’ antica chiesa si giungesse a un conflitto tra gnosi e fede cristiana.

Poteva Gesù di Nazaret essere considerato un essere mitico, separato dal mondo e dalla storia, che non divenne realmente uomo e morì sulla croce? Fu il peccato del primo uomo o un avverso destino la causa del verdetto di morte per tutti gli uomini? La creazione è sorta in seguito a una caduta come opera inautentica di Dio, o è derivata dalla sua parola creatrice che chiama all’ esistenza ciò che non è? C’è, sopita nell’uomo, una scintilla di luce imparentata per natura con Dio, che gli appartiene e va quindi richiamata alla sua autenticità, oppure la liberazione si compie nella remissione dei peccati attraverso la nuova creazione in Cristo? Le anime degli uomini torneranno alla loro patria celeste, oppure Dio risusciterà i morti e riunirà i suoi al Cristo? Mediante la gnosi viene comunicata una salvezza concretamente raggiungibile, possesso stabile e sicuro qualunque cosa si faccia in seguito, oppure la salvezza viene sperimentata solo nella fede unita all’amore-carità e alla speranza?

Lo sforzo intellettuale che il cristianesimo dovette compiere per dare una risposta a queste domande stimolò la chiesa a formulare più chiaramente le dottrine della creazione, dell’uomo e della salvezza, per contrapporle a quelle gnostiche.

Il Corpus Hermeticum come testimonianza di una gnosi precristiana.

Eduard Lohse, L’ambiente del Nuovo Testamento,Brescia 1993.

Pensieri gnostici predominano nella raccolta dei diciotto trattati che costituiscono il cosiddetto Corpus Hermeticum. Il dio greco Ermete è detto «tre volte grande» (in greco trismegistos) e viene identificato col dio egiziano Thoth.

Ermete, per i greci il messaggero degli dèi e in epoca ellenistica considerato come il dio della sapienza, si presenta come il rivelatore che porta agli uomini il messaggio divino e li conduce alla conoscenza. L’istruzione si effettua soprattutto nel dialogo tra l’uomo e Dio: l’uomo chiede e Dio gli risponde, con una comunicazione dottrinale che può essere comunicata soltanto a tu per tu.

Il Corpus Hermeticum non rappresenta un’ opera letteraria unitaria; alla composizione dei diciotto trattati presero parte più autori, le cui concezioni non sempre coincidono. La maggior parte fu redatta tra il 100 e il 200 d.C., ma le tradizioni che vi furono accolte passarono prima per un lungo periodo di trasmissione orale. Vi si rivelano influssi iranici, babilonesi, egiziani e greci, idee filosofiche di origine platonica, pitagorica, stoica e in alcuni anche l’eco di concezioni veterotestamentarie giudaiche. In nessun luogo, però, questo quadro multicolore lascia intravedere contatti col messaggio cristiano. Il Corpus Hermeticum costituisce quindi un esempio quanto mai significativo e interessante di ciò che fu la visione del mondo di uno gnosticismo non ancora giunto in contatto e confronto con il cristianesimo.
Apre la raccolta il trattato Poimandres, di gran lunga superiore a tutti gli altri per l’importanza del suo contenuto. Il nome Poimandres è probabilmente di origine egiziana, e significava«conoscenza di dio»; fu in seguito grecizzato e utilizzato a designare il mediatore della rivelazione. Il primo trattato del Corpus Hermeticum espone la cosmologia, l’antropologia e la soteriologia gnostica accatastando materiali di varia derivazione, amalgamando diverse tradizioni mitologiche per descrivere l’origine del mondo, la creazione dell’uomo e la redenzione che deve liberarlo dalla schiavitù.

All’inizio il mediatore della rivelazione si presenta a colui che la riceve con queste parole: «lo sono Poimandres, lo spirito della potenza suprema». A lui viene rivolta la richiesta: «Voglio essere istruito sull’esistente e comprendere la sua natura, e conoscere dio» . Egli accondiscende a questo desiderio e inizia a trattare dell’ origine del mondo, dapprima in linguaggio mitologico. Dio è luce «ma dalla luce… venne sulla natura una parola santa, e un puro fuoco si levò dalla natura umida su verso l’alto; era leggero e acre e insieme potente; e l’aria, che era leggera, seguì il soffio, salendo dalla terra e dall’ acqua sino al fuoco, così che pareva esservi sospesa. Ma la terra e l’acqua rimasero alloro posto, mischiate insieme al punto che non si poteva distinguere la terra dall’ acqua. Esse erano mosse dall’azione della parola spirante fuoco percepibile al di sopra». Dio, che si trova nelle regioni celesti, generò da sé «un altro spirito come demiurgo che, in quanto dio del fuoco e del soffio, creò sette intendenti che avvolgono nei loro cerchi il mondo sensibile». Essi reggono il mondo, e ciò significa che determinano il destino cui il mondo soggiace. Il demiurgo, sottoposto al dio altissimo, ha impresso alle opere della creazione un moto di eterna rotazione. Grazie a questa sono stati generati gli esseri viventi e l’aria è stata popolata di uccelli, l’acqua di pesci, e la terra ha prodotto animali: quadrupedi, serpenti, rettili, animali feroci e domestici.

«E’ vero e senza menzogna ed è certo, e il più vero di tutto è l’Essere: perché lo si possiede in base all’esperienza, e ciò di cui si è fatta l’esperienza, questo è certamente veritiero. Che ciò che è, qui in basso, è come quello che è, in alto. E ciò che è, in alto, è uguale a ciò che è, e che si trova in basso. Per mezzo di lui vengono fatti i miracoli di una cosa unica: cioè dellapietra o «lapidis philosophici»E come tutte le cose provengono da Uno unico, mediante la contemplazione di Uno unico; così tutte le cose nascono da questa unica cosa mediante la composizione e l’unione.
In questo modo: da un ammasso mescolato, o materia mescolata, su ordine del Creatore onnipotente. Così la nostra pietra viene concepita e proviene da una materia mescolata che è «shamaijm», un acquoso fuoco o un’ignea acqua, il sale e un unico; oppure: sal, sulphur e merkur.
Il suo padre è il Sole [luce, fuoco,calore] La sua madre e la Luna [acqua] Il vento l’ha portato nel suo ventre [aria] La sua nutrice è la terra [terra] Questo spirito salino volatile è il padre di tutte le perfezioni di questo mondo. La sua forza è perfetta quando è trasmutato in terra. Tu devi separare la terra dal fuoco, il sottile dal grossolano molto sottilmente e dolcemente, con grande comprensione e ragionevolezza. Egli sale dalla terra verso il cielo e scende di nuovo in basso nella terra e cosi riceve la forza del superiore e dell’inferiore. Cosi tu avrai la magnificenza di tutto l’Universo.
Perciò da te scompariranno tutte le tenebre Questa cosa è tutta forza, la più forte e potente. Perché ciò supera tutte le cose sottili e penetra tutto ciò che è duro e compatto. Così è formato il mondo, l’universo. Perciò si possono fare con questa delle cose meravigliose. E la via è questa, cioè come e stato annunciato in questa descrizione. Per questo sono stato chiamato Hermes trismegisto, cioè il Mercurius triplo, perché io posseggo le tre parti della Saggezza di tutto il mondo. Cosi si è compiuto ciò che io ho detto dell’effetto della chymia oppure del «lapide philosophorum». [pietra filosofale]

L’intero cosmo è quindi opera del demiurgo, soggetto al destino che gli è imposto. La creazione dell’uomo è descritta con espressioni solenni che lasciano presupporre contatti con testi biblici: «Ma lo spirito che è luce e vita, il padre di tutte le cose, generò un uomo simile a lui, che amò come suo figlio; egli infatti, riproducendo l’immagine del padre, era molto bello, cosìche dio amò la sua stessa immagine. A lui sottomise tutta la creazione». L’uomo archetipo contemplò l’opera del demiurgo, ma di fronte allo spettacolo della sua attività creatrice ne divenne geloso, e volle anch’ egli mettersi a creare. Gli intendenti che governano il cosmo s’innamorarono di lui e ciascuno di essi lo fece partecipe del suo ordinamento. E allora si compì l’avvenimento che fu determinante per il destino di tutti gli uomini: «Ed egli, che aveva pieno potere sul mondo degli esseri mortali e sugli animali privi di ragione, si piegò attraverso l’armonia (delle sfere), ruppe il loro involucro e mostrò alla natura inferiore la bella forma di dio. Quando essa lo vide, bellezza sconfinata, forma di dio con in sé tutto il potere degli intendenti, sorrise d’amore, poiché vide i tratti di questa forma meravigliosamente bella dell’uomo riflessa nell’acqua e la sua ombra sulla terra. Ed egli, quando nella natura inferiore vide la sua stessa immagine riflessa nell’acqua, se ne innamorò a sua volta, e volle abitare là. Nell’istante in cui egli lo volle si produsse il compimento, e così egli abitò la forma priva di ragione. Allora la natura, accolto l’amato, lo strinse a sé, si unirono e si amarono».

Così avvenne la caduta dell’uomo archetipo, che fu trascinato dal mondo superiore a quello inferiore e che stabilì con la natura un legame che lo incatenò. Con essa egli generò l’uomo terrestre, che si distingue da tutti gli altri esseri viventi, ma è anch’ esso sottoposto alla condizione mortale: «Per questo l’uomo, solo tra tutti gli esseri che vivono sulla terra, è duplice: mortale per il corpo, immortale per l’uomo essenziale. Infatti benché sia immortale e abbia potere su ogni cosa patisce la morte ed è sottomesso al destino. Per questo, benché sia al di sopra dell’armonia (delle sfere), è divenuto schiavo di ciò che sta sotto a questa armonia; benché sia androgino perché originato da un padre androgino, benché sia esente dal sonno perché viene da un essere senza sonno, egli è tuttavia dominato (dalla brama di amore e di sonno)».

Da allora tutti gli uomini, così come gli animali, vivono quali maschio e femmina. Dio ha comandato loro di moltiplicarsi, un comando che ancora una volta ricorda chiaramente il racconto biblico della creazione: «Accrescetevi in crescita e moltiplicatevi in moltitudine, voi tutti che siete stati creati e fatti creature». E a questo ordine divino corrisponde: «e tutti gli esseri si moltiplicarono secondo la propria specie».

Il mito della creazione e della caduta dell’uomo archetipo spiega dunque la condizione attuale dell’uomo, il cui corpo è costituito di materia inerte, ma il cui nucleo divino è di origine celeste. Chi in base a questa rivelazione conoscerà se stesso potrà salire verso il bene ed entrare a far parte degli eletti. Ma chi è pieno d’amore per il corpo e per la materia resterà a errare nelle tenebre e sperimenterà la morte nel suo corpo. Se l’uomo comprende chi è e chi deve essere rinuncerà alle passioni e agli affetti e si libererà di tutto ciò che lo incatena al corpo, e quindi al mondo.

Ouroboro : manifestazione di Uno il Tutto


Con la retta conoscenza si acquista anche la capacità di raggiungere l’unica vià possibile verso la salvezza. Dopo la morte il corpo si disgrega e torna nuovamente nella materia, così che anche gli impulsi carnali del corpo svaniscono. L’anima invece,che può intraprendere il viaggio verso la patria celeste, nell’ascesa subirà una purificazione; in ogni sfera che attraversa essa depone qualcosa di ciò che l’ha finora appesantita; dapprima abbandona il potere di crescere e decrescere, poi l’attaccamento al male, e di seguito il desiderio ingannevole che in realtà non porta a nulla, la sete di potere, l’empia arroganza e l’intenzionale temerarietà, il cattivo desiderio di aspirare alla ricchezza e infine la perfida menzogna. Libera da tutte queste passioni l’anima penetra nell’ottava sfera, che sta al di sopra delle altre sette, unendosi all’inno di lode di tutte le potenze e di tutte le anime che vi si trovano e insieme lodano il Padre. L’anima è giunta alla sua meta: la sua divinizzazione.

La conoscenza della verità intorno alla natura dell’uomo, alla caducità del cosmo e alla via della redenzione suscita in coloro che l’hanno acquistata il desiderio di diffondere la gnosi. Chi ha ricevuto la rivelazione deve quindi annunciare la bellezza della devozione e della conoscenza: «Voi, popoli, voi, uomini nati dalla terra, voi che vi siete abbandonati all’ubriachezza, al sonno e all’ignoranza di dio, siate sobri, smettete di gozzovigliare, stregati da un sonno insensato… Perché voi, uomini nati dalla terra, vi siete consegnati alla morte pur avendo il potere di partecipare all’immortalità? Fate ammenda, voi che avete camminato sulla via dell’errore e avete preso per compagna l’ignoranza. Liberatevi dalla luce tenebrosa, rendetevi partecipi dell’immortalità, abbandonate la corruzione». Chi ha acquistato la conoscenza divina deve diventare una guida per gli altri uomini e indicare, come uno che sa, la via della redenzione, mostrando loro «come e in qual modo essi saranno salvati».

Il trattato Poimandres non parla di celebrazioni cultuali e feste liturgiche più degli altri scritti del Corpus Hermeticum. Non si tratta di un’assemblea o di una comunità, si presenta solo una dottrina della conoscenza di dio.

Chi l’ascolta e la fa sua può trarre da sé le conseguenze.

Mentre nel Corpus Hermeticum non si fa menzione di gruppi religiosi, la conoscenza gnostica può essere associata anche a comunità di credenti che continuino quelle tradizionali o siano costituite in modo nuovo.

Le concezioni gnostiche sono così presentate spesso sotto forma di celebrazioni cultuali del tipo di quelle delle comunità misteriche, o assumono tratti cristiani; sorgono così comunità miranti a nobilitare il vangelo attraverso il mito gnostico.

Le idee gnostiche possono anche essere semplicemente riportate in una predicazione rivolta a coloro cui è annunciata la conoscenza salvifica. Così gli scritti ermetici non sono rivolti a cerchie predeterminate di persone che si radunino per il culto, ma intende risvegliare i lettori invitandoli a incamminarsi lungo la strada della conoscenza.

I temi fondamentali presi in considerazione nel primo trattato vengono continuamente ripresi negli altri, ripetuti in diverse forme.

Dalla serie di questi scritti si distingue soprattutto il tredicesimo trattato, che verte sulla rigenerazione dell’uomo: non nel senso di un atto sacramentale, ma solo della conoscenza di dio. All’inizio si afferma che nessuno può essere salvato prima della rigenerazione; per questo è necessario apprenderne la dottrina, che libera dall’inganno del cosmo. Il rigenerato esperimenta una meravigliosa metamorfosi, egli «sarà figlio divino di dio, il tutto in tutto, costituito da tutte le Potenze».

Il processo della rigenerazione, che significa divinizzazione, non è percepibile con occhi materiali, ma si compie come totale trasformazione in una visione mistico-estatica. La trasformazione è così radicale che il rigenerato può dire di essere un altro.

La strada verso il rinnovamento viene percorsa per libera decisione dell’individuo, che rinuncia alle passioni che porta in sé. Esse dodici di numero operavano attraverso il corpo mortale e gli impulsi dei sensi che si adoperavano a mantenere l’anima nella sua prigione. Ma là dove c’è conoscenza, che in quanto conoscenza divina illumina la condizione dell’uomo indicandogli la strada del ritorno a dio, viene posto termine all’ignoranza. Raggiunta la gnosi, l’ingiustizia scompare e l’uomo diventa giusto. Ciò significa che si compie in lui e con lui un cambiamento ontologico per il quale egli viene divinizzato. Le dieci virtù che gli sono comunicate cacciano i dodici vizi, così che l’uomo diventa dio, figlio dell’Uno. Su questo splendido mistero lo gnostico conserva il segreto, per proteggerlo dalla profanazione. Ma gli uomini chiaroveggenti intuiranno con lui cosa è avvenuto nella rigenerazione, che lo conduce al vero culto e al giusto sacrificio offerto nella preghiera di lode e di ringraziamento.

Gli scritti del Corpus Hermeticum permettono di determinare con chiarezza la natura e il contenuto della gnosi.

La conoscenza non è frutto di sforzi intellettuali, ma deriva da una rivelazione di dio, che vuole essere riconosciuto dai suoi. Per questo la gnosi è per sua natura una conoscenza che non può essere raggiunta attraverso la riflessione filosofica, ma che si compie in una trasformazione completa dell’uomo, colmato di una forza divina che si unisce alla scintilla divina sopita in lui, e che lo porta alla vera vita.

Lo gnosticismo

Saggio di Ermanno Pavesi

1. Lo gnosticismo nell’antichità

Marcione
Con il termine “gnosticismo” si designa un gruppo di correnti filosofico-religiose dell’antichità, che hanno avuto la loro massima diffusione nei secoli II e III dell’era cristiana nei maggiori centri culturali dell’area mediterranea, come Roma e Alessandria d’Egitto. In certi casi si tratta di scuole fondate da personaggi noti, come Basilide, Marcione o Valentino — tutti vissuti nel secolo II —, in altri casi di gruppi di cui non si conoscono i fondatori e la cui denominazione deriva da elementi dottrinali: per esempio, gli ofiti attribuiscono un ruolo importante al serpente, in greco ofis; i cainiti si richiamano a Caino, e così via.
Fino al ritrovamento nel 1945 a Nag Hammadi, nell’Alto Egitto, di un’intera biblioteca gnostica, gli studiosi disponevano di scarsi testi originali e integrali, ritrovati nel corso del tempo, e le fonti per lo studio delle teorie gnostiche erano costituite per lo più da descrizioni e da citazioni contenute nelle confutazioni da parte di autori cristiani, che scrivono in difesa dell’ortodossia, come sant’Ireneo, vescovo di Lione (sec. II) nell’opera Denuncia e confutazione della pseudo-gnosi.
Il cristianesimo nei primi secoli è minacciato dallo gnosticismo tanto dall’esterno, cioè da movimenti che si pongono dichiaratamente in posizione alternativa a esso, quanto dall’interno, da gruppi che cercavano d’infiltrarsi in ambienti cristiani rifacendosi talvolta a scritti, come i vangeli apocrifi — cioè non riconosciuti nella Chiesa come ispirati —, ritenuti più autorevoli dei vangeli canonici: questi ultimi raccoglierebbero gl’insegnamenti di Gesù alle masse e avrebbero un carattere essoterico, mentre testi come La Sofia di Gesù Cristo o l’Apocrifo di Giovanni conterrebbero una dottrina rivelata da Gesù ad alcuni apostoli o a discepoli e destinata solo a pochi adepti.

2. Dualismo radicale

Un carattere fondamentale dello gnosticismo è il dualismo radicale. Anche nella tradizione biblica esiste un dualismo fra Dio creatore da una parte e l’uomo e l’universo dall’altra, ma tanto la creatura quanto il creato corrispondono a un progetto divino e questo conferisce loro dignità: l’uomo è fatto a immagine e somiglianza di Dio, e la creazione contiene l’impronta del creatore. Per lo gnosticismo, invece, esiste una differenza abissale fra Dio e la realtà materiale: lo spirito è sostanzialmente estraneo all’universo e il rapporto con il mondo materiale non può contribuire in nessun modo all’elevazione spirituale dell’uomo.
Gli specialisti distinguono due tipi principali di dualismo gnostico: il tipo iranico ammette la contrapposizione di due princìpi in lotta fra di loro e considera il mondo materiale come il dominio di una potenza negativa, mentre la speculazione siriaco-egizia — secondo lo storico delle religioni e filosofo Hans Jonas (1903-1993) — fa “[…] derivare il dualismo stesso, e la conseguente situazione del divino nel sistema di creazione, dall’unica e indivisa fonte dell’essere, per mezzo di una genealogia di stati divini personificati che si evolvono l’uno dall’altro e descrivono il progressivo oscuramento della Luce originaria in categorie di colpa, errore e fallimento. Questa interna “involuzione” divina termina nella decadenza completa dell’alienazione di sé che è questo mondo”.
Caratteristica di molti sistemi gnostici è pure la descrizione mitologica dei passaggi intermedi. Tanto ammettendo un processo di degenerazione o di “devoluzione”, con la comparsa di uno stato inferiore, quanto la creazione da parte di un essere malvagio, il demiurgo, né la creazione del mondo né l’ordine di natura corrispondono alla volontà dell’Essere Supremo. Le leggi di natura sarebbero dettate dal demiurgo che, orgoglioso del proprio dominio, cerca d’indurre l’uomo a riprodursi, aumentando e prolungando la condizione di alienazione dello spirito nella materia.

3. Dualismo antropologico

Origene
All’irriducibilità fra Essere Supremo e natura corrisponde quella fra spirito e materia, e, a livello antropologico, fra anima e corpo. Lo spirito corrisponde a una particella divina, con la vocazione a riunirsi all’Essere Supremo e quindi eterna, mentre il corpo costituisce solo il carcere in cui l’anima è prigioniera o esiliata, ed è destinato a dissolversi nel nulla.
Certi sistemi gnostici inseriscono questa teoria in una visione astrologica basata sulla concezione geocentrica. Per unirsi al corpo lo spirito deve arrivare sulla terra e attraversare una dopo l’altra le sfere dei pianeti. In questa “caduta” nel mondo sublunare, prima di penetrare nel corpo materiale, lo spirito riceve una specie d’involucro, il “corpo astrale”, che cresce al passaggio da ogni sfera planetaria. Alla fine lo spirito risulta rivestito, occultato da queste stratificazioni, che sono il presupposto delle corrispondenze cosmiche e delle influenze astrali condizionanti l’esistenza umana.
Nella condizione terrena l’uomo avrebbe dimenticato la sua origine e si troverebbe come in uno stato di ebbrezza, di sonno o di oblio, che lo porterebbe ad assoggettarsi alle leggi demiurgiche della natura e alle influenze cosmiche. Per alcuni sistemi gnostici non tutti gli uomini sarebbero in grado di pervenire alla conoscenza, alla gnosi, e quindi di superare la condizione di alienazione. Secondo il sistema valentiniano, per esempio, gli uomini per nascita sono di tre tipi diversi: gli “spirituali” hanno la possibilità di pervenire alla conoscenza e, una volta arrivati a tale livello, sono al di sopra delle leggi; gli “psichici” hanno bisogno per la loro realizzazione delle leggi e delle dottrine di una religione, mentre gli “ilici” sono incapaci di superare i condizionamenti materiali.

Solo con un atto di ricordo o di risveglio l’uomo, o almeno chi ha la necessaria vocazione, può riconoscere la propria natura spirituale e affrontare la via della liberazione progressiva dai condizionamenti subiti al passaggio di ogni sfera. Questo è possibile per mezzo di un processo descritto come ascesa dell’anima, in cui l’adepto, percorrendo a ritroso l’itinerario della caduta, deve affrontare a ogni sfera gli esseri spirituali a essa preposti, gli arconti, e riuscire a passare grazie alle formule e alle parole di passo apprese nell’iniziazione gnostica.In questo processo l’uomo deve staccarsi anche dagli elementi materiali della propria individualità, riconoscendo che il proprio spirito è solamente una scintilla dell’Essere Supremo e a esso identico, in altri termini di essere egli stesso Dio.

La concezione negativa dell’esistenza terrena e della vita condiziona profondamente anche i rapporti fra i sessi. Ammesso che il piacere sessuale è una specie di esca con cui il demiurgo induce l’uomo a riprodursi, lo gnostico ha due possibilità: astenersi da ogni attività sessuale, oppure svincolare la sessualità dalla riproduzione, per poter godere del piacere sessuale evitando però di procreare. Effettivamente nei movimenti gnostici si possono osservare tanto un ascetismo radicale quanto il libertinismo, comportamenti opposti ma che presentano un elemento comune: il disprezzo per la vita.

4. Il rifiuto della tradizione biblica

L’identificazione del Dio creatore della Bibbia con il demiurgo, quindi con una figura negativa, comporta pure un rovesciamento nella valutazione dei singoli personaggi biblici, con l’idealizzazione di chi ha infranto le leggi del Creatore, come Caino. Il paradiso terrestre diventa una specie di giardino incantato in cui il Dio biblico tiene Adamo ed Eva nell’ignoranza. Nell’Apocrifo di Giovanni lo stesso Cristo Salvatore incita i progenitori a mangiare il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, con un’interpretazione che introduce una netta frattura fra il Dio creatore dell’Antico Testamento e il Salvatore che proclama l’emancipazione dalla Legge.
Se alcuni studiosi hanno considerato eccessivo e di parte l’impegno degli apologisti cristiani nel combattere lo gnosticismo e nel considerarlo estraneo al cristianesimo, nonostante le pretese di alcuni gruppi di rappresentarne addirittura la tradizione più autentica, i ritrovamenti di Nag Hammadi confermano le tesi degli apologisti. Per esempio, uno dei testi ritrovati è La Sofia di Gesù Cristo, in cui Cristo ammaestra alcuni discepoli rispondendo alle loro domande: ebbene, risulta essere trascrizione in forma di dialogo di un testo gnostico più antico, Eugnosto il Beato, forse risalente al secolo I a. C., quindi conferma l’origine precristiana o almeno non cristiana di temi fondamentali, anche prescindendo dal fatto che contatti secolari con il cristianesimo possono aver portato a una certa cristianizzazione di un gnosticismo originariamente estraneo a esso.

5. Implicazioni sociali

Le teorie gnostiche non sono prive di conseguenze sociali: infatti, se la concezione della realtà terrena come “acosmica”, “senza ordine”, mette in discussione l’esistenza del diritto naturale, il giudizio negativo sulla vita e sulla procreazione mina le basi stesse della società, della famiglia e della civiltà in genere. Quindi, lo gnosticismo non è solamente alternativo al cristianesimo, ma anche al pensiero greco e al diritto romano. L’affermazione del cristianesimo sullo gnosticismo non rappresenta quindi solo una questione interna della Chiesa, ma il punto di partenza per la formazione di una nuova civiltà, quella cristiana, con il riconoscimento del valore tanto dell’ordine spirituale quanto di quello temporale. Per questo il politologo Eric Voegelin (1901-1985) interpreta la secolarizzazione dell’Occidente cristiano come effetto dell’azione di una serie di movimenti rivoluzionari, fra i quali annovera la Riforma protestante, la Rivoluzione francese e il marxismo, in cui ritiene di riconoscere tratti comuni gnostici.

6. Elementi gnostici nel Medioevo e nel mondo moderno

Se la rilevanza dello gnosticismo declina a partire dal secolo IV, dopo il quale per gli studiosi non si può più parlare di gnosticismo in senso vero e proprio, il fenomeno sopravvive anche in quelli successivi, assume nuove forme e raggiunge talvolta dimensioni inquietanti, come con i catari. Scienze come l’alchimia e l’astrologia nonché la pubblicazione da parte dell’umanista Marsilio Ficino (1433-1499), nel 1463, del Corpus Hermeticum, una raccolta di scritti sapienziali di epoca ellenistica attribuiti a Ermete Trismegisto, contribuiscono alla diffusione di temi gnostici nella cultura rinascimentale.
In epoca contemporanea oltre a movimenti, per lo più elitari, che si richiamano esplicitamente a correnti gnostiche del passato, non sono mancati tentativi d’identificare caratteri gnostici in fenomeni culturali moderni anche molto diversi: dalla mancanza di senso dell’esistenza terrena, come nel caso del nichilismo oppure dell’esistenzialismo, al rifiuto di accettare la realtà naturale con progetti d’interventi radicali, come nel caso delle manipolazioni genetiche. Caratteri gnostici si possono osservare anche in una certa mitologia relativa a Internet: se “[…] la pretesa gnostica — come scrive Giovanni Cantoni — sta nel ricostruire il reale attribuendo un diverso statuto ontologico a “enti di ragione” o a “opere di fantasia””, Internet fornisce la possibilità di modificare la realtà in modo più radicale di quanto sia stato finora possibile per mezzo dell’ideologia o della manipolazione creando una realtà virtuale in cyberspace, in cui ciascuno può “navigare”, svincolato dai limiti del corpo.

Diffusione della gnosi nel I° secolo

Eduard Lohse, L’ambiente del Nuovo Testamento,Brescia 1993.

C.E.S.N.U.R., Enciclopedia delle religioni in Italia, Leumann 2001.

Lo gnosticismo antico  era  un insieme di sistemi caratterizzato da un dualismo che oppone lo spirito e la materia, con un deciso «anti-cosmismo» che svaluta radicalmente il mondo visibile, ridotto a regno del male e delle tenebre.
Se tutti gli gnostici sono d’accordo su una svalutazione dualistica del mondo e della materia, le scuole si dividono quando si tratta di valutare i rapporti fra i due principi.
Nei sistemi classici dello gnosticismo, il dualismo si risolve in un monismo, in quanto il male non è un principio originario ma il risultato di una qualche degradazione o caduta nel mondo del bene.
Verso l’idea di due principi originari si orienta invece il manicheismo, che alcuni considerano una religione successiva del tutto indipendente dallo gnosticismo, mentre altri lo ritengono piuttosto uno gnosticismo tardivo.

Tutti i sistemi gnostici propongono un mito cosmologico che come è spesso stato notato ha un carattere «parassitario» in quanto nasce dalla rilettura gnostica di temi mitologici preesistenti: iranici, greci, ebraici, cristiani. I miti gnostici sono insieme ricchissimi e diversissimi da scuola a scuola, ma quasi sempre comprendono tre fasi: una unità originaria indistinta (pleroma), dove da un dio originario e inconoscibile sono emanate coppie di esseri celesti «eoni», parola che in alcuni sistemi indica anche un’epoca nella storia del mondo); la «caduta» fuori da questa unità di uno o più esseri celesti, con la successiva nascita di un dio malvagio (demiurgo) che, direttamente o tramite i suoi collaboratori (arconti), crea il mondo materiale; la presenza nell’uomo di una scintilla divina che può essere ravvivata, permettendo ad alcuni di risalire dal mondo della materia e della finitudine fino al mondo divino delle origini. In molte mitologie gnostiche (ma non in tutte) è uneone femminile, Sophia, che esce dal limite del pleroma per ignoranza o per curiosità, causando ultimamente la nascita del mondo materiale. Il mito di Sophia è tuttavia estremamente complicato, e molto diverso nei vari sistemi antichi che ne parlano. In alcuni troviamo due Sophia: la maggiore, cui sarà concesso di ritornare nel pleroma; e la minore, che dovrà rimanerne al di fuori. In alcuni sistemi c’è anche una terza Sophia, una Sophia terrestre che erra nella storia degli uomini incarnandosi periodicamente in corpi di donna. Un’altra parola che dà spesso luogo a equivoci è Abraxas o Abrasax. Inteso (più raramente) come nome del Dio originario, nella maggior parte delle fonti gnostiche èpiuttosto il nome del cattivo demiurgo.
Varie sono anche le spiegazioni relative alla presenza nell’uomo di una scintilla divina. Il demiurgo e gli arconti, da parte loro, non avrebbero potuto creare che un uomo totalmente legato alla materia e alle tenebre.
Tuttavia varie spiegazioni mitologiche dall’intervento di esseri del mondo celeste all’apparizione improvvisa di un modello divino che influenza i creatori spiegano come, contro la volontà delle potenze creatrici, l’uomo nasca con una componente divina che potrà essere risvegliata.
L’antropologia è tuttavia complicata, e presenta tre categorie di uomini: gli «spirituali» o «pneumatici», gli unici veramente in grado di accedere alla conoscenza (gnosi) necessaria perché la scintilla divina sia rianimata; gli «psichici», che possono accostarsi alla gnosi solo parzialmente e con grande difficoltà; e gli «ilici», gli uomini irrimediabilmente legati alla materia cui la gnosi rimane preclusa. Ne derivano due conseguenze: un certo elitismo, per la netta discriminazione fra varie categorie di uomini;e un marcato individualismo, in quanto ciascuno si occuperà della propria auto-redenzione attraverso la coltivazione della sua scintilla interiore più che dei problemi della comunità o della collettività.

La gnosi simoniana

Lo stesso Nuovo Testamento testimonia che una gnosi precristiana aveva già trovato larga diffusione: questo è un dato importante per la storia delle religioni, poiché la data di composizione degli scritti neotestamentari si situa tra la seconda metà del primo secolo e, per un piccolo numero di essi, l’inizio del secondo secolo d.C. Se in questi documenti databili con una certa precisione si riscontrano quindi precisi riferimenti a concezioni gnostiche o accenti polemici nei loro confronti, si ha una base sicura per la datazione di motivi che appariranno con più evidenza nelle comunità gnostiche del secondo secolo d.C. costituitesi nell’ambito della chiesa antica.
Negli Atti degli Apostoli si racconta che, subito dopo la costituzione della comunità primitiva, il messaggio cristiano fu portato in Samaria, dove i primi apostoli si scontrarono con un mago di nome Simone, che aveva sedotto il popolo affermando di essere qualcuno di grande (Atti 8,9). La sua attività aveva ottenuto un successo straordinario, «poiché tutti, grandi e piccoli, si univano a lui e dicevano: ‘Quest’uomo è la potenza di Dio, quella che viene detta la Grande’» (Atti 8,10). Stando al racconto degli Atti, Simone era uno stregone; impressionato dal fatto che i cristiani potevano compiere segni e prodigi straordinari, si unì a loro (Atti 8,9-24).
Dietro la narrazione offerta ci degli Atti possiamo intravedere uno dei primi scontri tra la dottrina gnostica e la predicazione cristiana. Infatti l’affermazione di essere la «grande Potenza» non può venire intesa semplicemente come espressione dell’ opinione personale di un mago, ma indica piuttosto la pretesa di essere il portatore di una rivelazione divina.
Gli scritti polemici con i quali i Padri della chiesa Giustino, Ireneo c Tertulliano si scagliano nel secondo secolo d.c. contro la gnosi simoniana mostrano che da questo Simone apparso in Samaria sorse un movimento che fece adepti non solo in Palestina, ma anche a Roma, rivelando l’aspetto espressamente gnostico di questa dottrina. Prescindendo dalle differenti elaborazioni subite dalla tradizione nel corso del tempo, in tutte le descrizioni risalta il carattere rigorosamente dualistico della gnosi simoniana.

La divina ennoia (= il pensiero) era originariamente vicina al Padre del tutto come principio femminile, ma cadde in potere delle potenze demoniache e vagò da un corpo femminile all’ altro, finché finì nel corpo di Elena, che si trovava in un bordello di Tiro. La sua degradazione raffigura la prigionia dell’ anima umana, perduta senza speranza se non viene soccorsa dall’esterno. Il Dio altissimo allora s’impietosisce e scende in persona a liberarla: la potenza divina si manifesta in Simone, che libera l’ennoia nelle sembianze di Elena e la riconduce alla sua destinazione celeste.

Sebbene non si possa stabilire con certezza in quale misura i tratti della gnosi simoniana possano risalire al Simone di Samaria storico, già gli scarsi cenni degli Atti lasciano intravedere i lineamenti gnostici della sua dottrina. Non è casuale che il movimento simoniano sia sorto in ambito samaritano, dove influssi storicoreligiosi di vario genere poterono unirsi a tradizioni giudaiche non rispondenti ai severi criteri dell’ortodossia, così da potersi sviluppare più liberamente.
L’esempio della gnosi simoniana mostra come concezioni elaborate ai margini del giudaismo abbiano avuto una parte non trascurabile nella formazione della dottrina gnostica. Non si può tuttavia affermare che il movimento gnostico, così largamente diffuso, abbia un’unica origine samaritana: l’edificio gnostico si presenta troppo complesso perché il suo sorgere possa essere ricondotto a un solo luogo o addirittura a un ben identificabile fondatore. Dai più antichi racconti su Simone si può piuttosto delineare il quadro di una forma primitiva di gnosi precristiana che entrò ben presto in aspra polemica col cristianesimo.
Dalla polemica cristiana conosciamo un primo capo scuola gnostico, Simon Mago, samaritano, la cui attività si colloca intorno al 50 d.C. Tra i suoi discepoli sono ricordati Menandro e Saturnino, mentre altri gnostici antichi contro cui polemizzano i padri cristiani (Cerinto, Carpocrate e il figlio Epifanio) non possono essere considerati discepoli di Simone.

La gnosi mandea

Concezioni gnostiche influirono anche sui diversi movimenti battisti sorti nell’area siro-palestinese. Il vangelo di Giovanni fa supporre che seguaci di Giovanni Battista abbiano operato accanto a discepoli di Gesù e che si sia manifestata una certa concorrenza tra i due gruppi. Quando si afferma con decisione che non è Giovanni Battista la luce, ma solo un testimone della luce giunta al mondo in Gesù Cristo (ev. r,6-8.r5 e passim), questa messa a punto è senza dubbio rivolta a ben precisi ambienti che vedevano nel Battista stesso il salvatore degli ultimi tempi.
All’ ambito di queste comunità battiste appartiene anche la setta dei mandei, che sopravvive ancor oggi nella zona fra il Tigri e l’Eufrate per un totale di circa 5000 fedeli. I loro scritti sacri sono divenuti oggetto d’indagine scientifica solo in questo secolo, e hanno suscitato ampie discussioni, che non hanno ancora portato a risultati del tutto sicuri.
La designazione della setta deriva dalla parola «manda» = gnosi; essa dunque significa «gli gnostici». La comunità preferisce l’appellativo di «nazorei», come i cristiani della Siria: un indizio dei contatti avuti lungo il corso della sua storia col cristianesimo siriaco. I suoi libri furono redatti soltanto nel settimo e ottavo secolo d.C., perché sotto il dominio islamico le comunità religiose dovettero presentare i loro scritti sacri per ottenere il riconoscimento ufficiale; le tradizioni in essi contenute appaiono tuttavia molto più antiche: non è tuttavia possibile stabilire con precisione a quando risalgano.

Secondo la dottrina dei mandei, Dio, che è la grande Vita, abita nel regno della luce. Sotto di lui si trovano numerosi esseri intermedi o Uthras, che svolgono un ruolo di mediazione tra Dio e gli uomini. Il più importante di loro è chiamato Hibil-Ziua, spesso anche Manda d-Hiia, che significa «gnosi della vita». Mentre Ruha e i pianeti che reggono il mondo vogliono impedire agli uomini il raggiungimento della conoscenza e cercano di trattenerli nell’errore, Manda d-Hiia porta loro la retta conoscenza, grazie alla quale essi prendono coscienza della loro condizione e possono incamminarsi sulla via della libertà. Per il viaggio verso la patria celeste l’anima viene equipaggiata con abluzioni e col battesimo, attraverso il quale riceve la consacrazione.

Nella comunità vengono praticati il battesimo, l’unzione con l’olio e la comunione, per rinvigorire l’anima e renderla idonea al viaggio verso il cielo, poiché solo nel deciso distacco dal mondo si può guadagnare la redenzione.
Accanto a Manda d-Hiia ricorre negli scritti dei mandei anche il nome di Giovanni Battista come mediatore della conoscenza apportatrice di redenzione. Analisi più approfondite dei testi che lo menzionano hanno tuttavia dimostrato che la sua figura vi fu inserita solo a uno stadio più recente della tradizione. I mandei in epoca islamica dovettero non solo poter esibire scritti sacri, ma anche un profeta: si appellarono quindi al Battista, che conoscevano dalla tradizione cristiana. Non si può dunque in nessun modo vedere nei mandei gli epigoni di un gruppo che avrebbe avuto per maestro Giovanni Battista in persona. In base a quanto emerge dai loro scritti è tuttavia possibile far risalire la storia della comunità fino alla sua origine nel territorio del Giordano. Probabilmente la setta mandea sorse ai margini del giudaismo e appartiene all’insieme dei diversi gruppi che volevano radunare e purificare la comunità dei santi per mezzo del battesimo e delle abluzioni. Verso la fine del primo o l’inizio del secondo secolo d.c. emigrò poi in Mesopotamia, dove si stabilì e rimase, nel corso dei secoli, fino a oggi. Nella sua lunga storia essa subì influenze di vario genere; dapprima.la sua dottrina fu informata a una visione gnostica del mondo, poi prese forma definitiva il rito del battesimo sotto l’influsso del cristianesimo siriaco, mentre in epoca araba la dottrina mandea si arricchì di tratti necessari a sostenere il confronto con l’islamismo. Se si asportano l’uno dopo l’altro i diversi strati sovrappostisi nel corso del tempo al nucleo e al significato originario del culto mandeo, si può cautelativamente affermare che l’origine dei mandei è pressappoco contemporanea a quella degli inizi del cristianesimo. Occorrerà comunque una grande prudenza nello stabilire confronti tra la mitologia che la tradizione mandea ha elaborato sempre più copiosamente e i testi neotestamentari. La sua antichità può essere affermata con una certa sicurezza solo nella misura in cui i concetti gnostici in essa presenti trovino a loro volta conferma in altri testi databili con certezza.

La gnosi cristiana

I primi cristiani che annunciarono l’evangelo in Palestina e in Siria, e presto anche in altre parti del mondo antico, parlavano il linguaggio del loro tempo. Accolsero naturalmente anche motivi gnostici, onde servirsene a illustrare la predicazione cristiana. Così si trova a più riprese espressa l’idea che questo mondo è dominato da potenze demoniache, infestato da forze tenebrose che cercano di porre una separazione insormontabile tra gli uomini e Dio (cfr. per esempio Rom. 8,38 s.; 2 Coro 4,4; Gv. 12,31; 14,30; 16,n). Per non essere notato anzitempo dai padroni del cosmo, il redento re dovette venire nel mondo di nascosto, senza dare nell’ occhio, «poiché se lo avessero riconosciuto non avrebbero crocifisso il Signore della gloria» (I Cor 2,8); con questo atto, infatti, essi hanno pronunciato da sé la loro stessa condanna.
Nel Nuovo Testamento, tuttavia, il destino di morte che pesa su ogni uomo non viene mai fatto risalire a una fatale caduta del primo uomo; il peccato è la conseguenza dell’atto del peccare e quindi nel suo sussistere come nelle sue conseguenze resta sempre colpa di ogni singolo uomo (Rom. 5,12-21). La redenzione quindi n’on può essere fondata, come nella gnosi, su una parentela di natura tra Dio e l’uomo quale presupposto di una futura riunione; la libertà è concessa solo nella remissione dei peccati assicurata dal Cristo.

In alcune comunità cristiane primitive una visione gnostica fu associata alla consapevolezza cristiana della libertà e trovò poi espressione nel sentimento di orgoglio di coloro si sentivano afferrati e pòrtati dallo Spirito. Un entusiasmo di tal genere si riscontra in primo luogo nella comunità di Corinto fondata da Paolo, in cui i «pneumatici» erano convinti di aver già raggiunto la perfezione grazie allo Spirito, così che per loro il tempo della salvezza era già presente (I Cor 4,8); dal sacramento del battesimo e della cena fluiva una forza che non si poteva più perdere (I Cor 10,1-13), e non bisognava quindi attendersi un compimento futuro che si sarebbe verificato con la risurrezione dei morti (I Cor 15,12). Nella loro immoderatezza sostenevano l’idea che la libertà cristiana non conosce limiti, che tutto insomma è permesso (I Cor 6,12; 10,23). Ciò che l’uomo fa ed esperimenta con il corpo è indifferente, poiché importante è solo lo Spirito (I Cor 6,12-20 e SS.). Paolo afferma invece che il compimento futuro non si è ancora attuato, che la libertà può essere vissuta solo nell’ obbedienza e che il corpo appartiene al Signore (I Cor 6,13).
Manifestazioni entusiastiche simili a quelle della comunità di Corinto si ebbero presto anche altrove. In verità negli scontri che Paolo dovette sostenere contro queste concezioni non è mai riconoscibile un mito gnostico formulato chiaramente: il sentimento di orgoglio con cui ci si stacca dal mondo e lo si ritiene indifferente stimando soltanto l’opera e gli effetti dello Spirito, mostra tuttavia tratti analoghi a quelli che si riscontreranno di lì a poco nella letteratura gnostica.
Per questo è possibile vedere negli entusiasti di Corinto come anche in quel gruppo che fece la sua comparsa nella comunità di Filippi forme precoci di gnosi cristiana. Alcuni insistono con arroganza sulla conoscenza che credono di avere (I Cor 8,1), mentre altri disprezzano ogni realtà terrestre dandosi senza scrupoli a una condotta sregolata «poiché loro dio è il ventre, la loro gloria consiste nella loro vergogna e il loro pensiero è rivolto solo alle cose terrene» (Fil. 3, 19).
Anche in Asia Minore sulle comunità cristiane si manifestò presto, più o meno forte, l’influsso di concezioni e comportamenti gnostici. A Colossi sorsero dei maestri che s’impegnavano a offrire protezione contro gli elementi ostili del mondo (Col. 2,8.20). Questi elementi del mondo erano presentati come potenze angeliche che non governano solo l’ordine cosmico, ma guidano anche il destino di ogni uomo. Si cercò di convincere i cristiani che si può stabilire un retto rapporto con loro solo seguendo nel culto le prescrizioni da essi imposte. Ciò significa che si devono osservare esattamente i tempi sacri stabiliti giorni di festa, novilunio e sabato (Col. 2,16) ed evitare determinati cibi e bevande, l’uso dei quali è rigorosamente proibito (Col. 2,21). Questa dottrina mostra una strana fusione di speculazioni cosmologiche e tratti legalistici che rimarcano prescrizioni giudaiche, e dimostra che non solo in Palestina e in Siria, ma anche in Asia Minore il giudaismo contribuì notevolmente allo sviluppo delle prime forme di visione gnostica del mondo.
Verso la fine del primo secolo d.C. le comunità cristiane d’Asia Minore erano in gran parte sottoposte all’influenza di concezioni gnostiche. Le lettere pastorali debbono respingere con parole aspre eretici convinti che la risurrezione sia già avvenuta (2 Tim. 2,18) e che ci si debba sottrarre al mondo astenendosi dal matrimonio e da determinati cibi (I Tim. 4,3). Nelle missive dell’ Apocalisse di Giovanni è menzionato il gruppo dei nicolaiti (Apoc. 2,6.16), convinti di aver conosciuto «le profondità di Satana» (Apoc. 2,24): da ciò essi si sentivano autorizzati a mangiare senza scrupoli la carne immolata agli idoli e a fornicare (Apoc. 2,14 s.). Il pensiero gnostico è quindi associato a un’ etica libertina, tratto distintivo della gnosi che emerge anche nella polemica della lettera di Giuda contro quanti contaminano la carne, sparlano di tutto e vivono secondo le lorò empie concupiscenze (Gd. 8.10.18).
Il vangelo di Giovanni e le lettere giovannee hanno un chiaro atteggiamento polemico di fronte a questa mistificazione gnostica dell’evangelo. Poiché questi testi sono presumibilmente originari della Siria, essi attestano che verso la fine del primo secolo d.C. la gnosi doveva essere molto diffusa anche in questo ambiente, tanto che le comunità cristiane dovettero reagirvi energicamente. Di contro al disprezzo gnostico della creazione e della carne si afferma con forza che tutto fu creato attraverso il Logos e che il Logos si fece carne (Gv. 1,1-3.14).
Che il cosmo giaccia nelle tenebre non è conseguenza di una caduta fatale, ma della colpa di coloro che non hanno accolto la luce (Gv. 1,5.10). Nella prima lettera di Giovanni si insegna alla comunità che lo spirito retto confessa «che Gesù Cristo è venuto nella carne» (I Gv. 4,2). Questa espressione è diretta contro una cristologia docetista che disprezza il mondo e non vuole dunque porre il Cristo in rapporto con esso. Contro l’idea che egli sia apparso nel mondo sotto un travestimento e non realmente in carne e ossa, l’autore afferma con decisione che Cristo è divenuto veramente uomo, «venuto con acqua e sangue» (I Gv. 5,6), e che tutti coloro che gli appartengono sono uniti ai fratelli nell’amore.
Gli scritti neotestamentari testimoniano dunque con certezza che la gnosi nella seconda metà del primo secolo d.C. si scontrò in più luoghi con la predicazione cristiana. Il sorgere in Samaria della dottrina simoniana, che raggiunse presto anche Roma, gli inizi del movimento battista dei mandei, le arroganti manifestazioni entusiastiche delle comunità di Corinto e di Filippi, lo scontro con la dottrina gnostica in Asia Minore e in Siria, sono tutti avvenimenti ascrivibili al primo secolo d.C. Anche se non abbiamo notizie sull’ origine delle prime comunità cristiane d’Egitto, si può tuttavia ritenere con grande probabilità che una prima missione cristiana abbia raggiunto l’Egitto già nella seconda metà del primo secolo d.C.
Nel secondo secolo vi si trovava un buon numero di gruppi cristianognostici, nei quali sarà molto spesso difficile distinguere dottrina gnostica e retta fede cristiana. Che i confini fossero rimasti incerti ancora per lungo tempo è dimostrato dalla ricca biblioteca di testi cristiano-gnostici scoperta a Nag Hammadi nel 1945/46.
La tradizione cristiana primitiva, conservataci nei logia del Signore, nel Vangelo di Tommaso si trova sorprendentemente associata a un rifiuto inequivocabilmente gnostico della creazione e del mondo. In alcuni passi detti e parabole di Gesù vengono riportati in forma molto vicina a quella dei sinottici. Tutta la raccolta dei logia è posta tuttavia sotto questo titolo: «Chi trova il vero senso di queste parole non patirà la morte». Idee gnostiche sono attribuite a Gesù quando parla dell’ origine celeste delle anime, cui esse devono tornare: «Beati siete voi, soli ed eletti, poiché troverete il regno; voi provenite da esso (e quindi) ritornerete a esso». Oppure si sottolinea in maniera tipicamente gnostica che la retta sapienza permette di conoscere che la risurrezione dei morti è già avvenuta: «I suoi discepoli gli dissero: Quando saràla risurrezione dei morti e quando verrà il mondo nuovo? Egli disse loro: ciò che voi attendete è (già) avvenuto, ma voi non lo avvertite». Salvatore e salvati saranno una sola cosa: «Gesù disse: Chi beve dalla mia boc ca diventerà come me. E io diventerò lui, e gli si manifesterà ciò che è nascosto».
Che la pietà gnostica potesse vivere ed esprimersi in autentica e profonda religiosità, lo mostra sorprendentemente una raccolta di inni sorta nel secondo secolo d.C., intitolata Odi di Salomone. In uno di questi inni, l’orante esprime la sua riconoscenza per la salvezza ottenuta associando espressioni veterotestamentarie all’idea gnostica che il redento possiede un corpo di luce su cui la tenebra non ha più alcun potere, e che è trasportato nell’imperitura comunità del mondo della luce:

Le mie braccia ho innalzato verso l’alto,
verso la grazia del Signore,
poiché egli ha strappato via da me le mie catene
e il mio soccorritore mi ha innalzato alla sua grazia e redenzione. Mi sono spogliato della tenebra
e ho rivestito la luce.
Membra ha ricevuto la mia anima
dove non c’è malattia
né tormento né dolore.
E mi aiutò molto il consiglio del Signore
e la sua comunione imperitura.
E io fui portato in alto nella luce
e passai davanti al suo volto.
E mi avvicinai a lui
Lodandolo e professando la mia fede in lui.
Egli fece erompere il mio cuore ed esso si trovò sulla mia bocca e salì alle mie labbra.
E sul mio volto grande fu il giubilo per il Signore e la sua lode. Alleluia!
(Ode 21).


Vangeli gnostici
Annunciazione della nascita di Maria.

L’incontro con la gnosi costrinse a definire quale dovesse essere il modo ortodosso di annunciare il messaggio cristiano. Per far comprendere che l’evangelo conteneva la risposta alle domande dell’uomo sul senso della vita e sulla redenzione salvifica, bisognava che lo si predicasse con il linguaggio e le categorie di pensiero allora correnti.
Pur assumendo questo linguaggio e queste categorie di pensiero, la predicazione cristiana non doveva tuttavia subire in alcun modo mutamenti e tanto meno deformazioni del suo contenuto. Spesso era difficile stabilire nei singoli casi come si potesse diventare greco con i greci e giudeo con i giudei senza intaccare la verità e la libertà dell’evangelo: il problema poté essere risolto solo dopo una lunga e talvolta travagliata riflessione. La sfida portata dalla gnosi alla chiesa antica esigeva da questa un intenso sforzo per una retta comprensione e spiegazione del messaggio cristiano, sforzo di cui essa è debitrice a tutti gli uomini, giudei e greci.


Diffusione della gnosi  nel II secolo e successivi

I primi grandi sistemi gnostici appaiono nel II secolo con Basilide, attivo in Alessandria negli anni 117-161; Marcione (scomunicato nel 144), un contemporaneo di Basilide venuto dall’Asia Minore a Roma (e così cristianeggiante sia pure in un senso non ortodosso che alcuni vorrebbero escluderlo dallo gnosticismo propriamente detto); e Valentino, nato probabilmente in Egitto, attivo in Alessandria e poi a Roma tra il 140 e il 165.
Le maggiori testimonianze riguardano proprio la scuola di Valentino, rappresentata dai discepoli Tolomeo, Eracleone e Marco. Queste scuole continuano le loro attività nel III secolo, e contro di loro si dirige principalmente la polemica dei Padri cristiani.
Sappiamo molto poco di forme più tardive di gnosticismo, cui dovrebbero appartenere gruppi estremistici o licenziosi come gli ofiti e i fibioniti (senza che la loro collocazione cronologica sia oggetto di consenso fra gli studiosi). Agli inizi del III secolo è attivo alla corte di Edessa e in Armenia il filosofo cristiano eterodosso Bardesane, che non sembra un discepolo di Valentino ma piuttosto un anello di collegamento fra lo gnosticismo propriamente detto e il manicheismo.
Quest’ultima religione è fondata in Persia da Mani (215-276), morto in prigione e vittima dell’ostilità della monarchia persiana alla nuova religione. Il manicheismo  ruscirà tuttavia a diffondersi in un’ ampia area geografica, dalla Spagna alla Cina. In quest’ultimo paese le ultime comunità maniche e superstiti scompaiono intorno al 1300, distrutte dall’avanzata mongola.
La struttura di religione universale del manicheismo rappresenta certamente qualche cosa di diverso dallo gnosticismo classico, ma molte idee sono comuni e l’influenza è evidente.
Lo gnosticismo nella sua forma classica, ha perduto la sua controversia con la Chiesa cristiana, ed è pressoché scomparso fra il IV e il V secolo comunque lasciando tracce importanti. Gruppi medioevali come i bogomili della Bulgaria (VII-IX secolo) presentano influenze gnostiche evidenti. E una ipotesi vuole che sia stata proprio la penetrazione di idee bogomile nell’Europa occidentale nel secolo X e XI a favorire la nascita delle eresie che preoccuperanno di più la società medioevale, quelle di matrice catara. Sono questi movimenti gli ultimi nei quali alcuni specialisti dello gnosticismo sono disponibili a riconoscere un’influenza diretta dei sistemi antichi. Anche il catarismo, tuttavia, non sopravvive alla repressione cattolica e non ha continuatori diretti.

Diffusione della gnosi oggi

Si può parlare di neo-gnosticismo per identificare l’influenza di idee gnostiche su numerose correnti religiose, culturali ed esoteriche moderne e contemporanee.

Centro gnostico Anael

Per limitarci all’ ambito religioso, temi gnostici sono evidenti nella Chiesa di Scientology, e in numerosi gruppi rosacrociani, martinisti e di magia cerimoniale.
Recentemente, diverse voci si sono levate per mettere in guardia contro un uso indiscriminato di espressioni come «gnostico» e «neo-gnostico» riferite a correnti contemporanee (come il New Age): se tutti sono gnostici, nessuno è gnostico, e l’etichetta finisce per diventare priva di significato.

«Una questione a parte è la rinascita delle antiche idee gnostiche nella forma del cosiddetto New Age. Non ci si può illudere che esso porti a un rinnovamento della religione. È soltanto un nuovo modo di praticare la gnosi, cioè quell’atteggiamento dello spirito che, in nome di una profonda conoscenza di Dio, finisce per stravolgere la Sua Parola sostituendovi parole che sono soltanto umane. La gnosi non si è mai ritirata dal terreno del cristianesimo, ma ha sempre convissuto con esso, a volte sotto forma di corrente filosofica, più spesso con modalità religiose o parareligiose, in deciso anche se non dichiarato contrasto con ciò che è essenzialmente cristiano. …” » Giovanni paolo II- Varcare la soglia della speranza.

Diverso dal neo-gnosticismo è quello che si può chiamare «nuovo gnosticismo» ( vedi anche esoterismo), il tentativo consapevole di rifondare, in epoca moderna, realtà e organizzazioni tipiche dello gnosticismo antico. Un filone del nuovo gnosticismo dopo avere sottolineato gli elementi gnostici del catarismocerca di ridare vita a una religiosità catara.
Le figure principali di questa corrente che è anche all’ origine della rinascita turistica del «paese cataro» nel Sud della Francia sono Antonin Gadal ( Lectorium Rosicrucianum) e Déodat Roché (1877-1978). Con loro entra in contatto un tedesco appassionato di esoterismo che diventa poi ufficiale delle SS e interessa al neo-catarismo importanti dirigenti nazisti, Otto Rahn (1904-1939). Qualche gruppo neo-cataro esiste ancora in Francia e altrove, ma l’esito principale della rinascita catara si è avuto all’interno del Lectorium Rosicrucianum, dopo l’adesione a questo movimento di Antonin Gadal.

Un filone diverso peraltro con radici comuni nella fioritura dell’occultismo in Francia alla fine dell’Ottocento è quello delle Chiese gnostiche, che derivano da Jules Benoit Doinel e che si esprimono attualmente nella Chiesa Gnostica Italiana. Non senza collegamenti con questo filone, nell’ambiente dell’O.T.O (ORDO TEMPLIS ORIENTIS). è nata una Ecclesia Gnostica Catholica, il cui rituale nella forma rielaborata da Aleister Crowley si inserisce nel filone della magia cerimoniale e sessuale. La maggior parte delle branche dell’O.T.O. hanno una loro Ecclesia Gnostica Catholica che non è autonoma né indipendente da ciascun O.T.O.
Per contro, un rilievo del tutto autonomo e diverso ha assunto nonostante un legame genetico originario con una Chiesa Gnostica collegata a quelle post-reussiane il movimento gnostico fondato dal colombiano Samael Aun Weor, oggi diviso in numerose branche.

Bibliografia

C.E.S.N.U.R., Enciclopedia delle religioni in Italia, Leumann 2001.
Henri-Charles Puech, Sulle tracce della gnosi, Adelphi, Milano 1985. Sui mandei: Edmondo Lupieri, I Mandei: gli ultimi gnostici, Paideia, Brescia 1993. Sullo neo-gnosticismo in generale: Giovanni Filoramo, Il risveglio della gnosi ovvero diventare dio, Laterza, Roma-Bari 1983; Ioan P. Couliano, I miti dei dualismi occidentali: dai sistemi gnostici al mondo moderno, trad. it., Jaca Book, Milano 1989; Carlo Formenti, Piccole apocalissi. Tracce della divinità nell’ateismo contemporaneo, Raffaello Cortina, Milano 1991; M. Introvigne, Il ritorno dello gnosticismo, SugarCo, Carnago (Varese) 1993;  Emanuele Samek Lodovici, Metamorfosi della gnosi. Quadri della dissoluzione contemporanea, Ares, Milano 1979.  Michael Allen Williams, Rethinking «Gnosticism». An Argument for Dismantling a Dubious Category,Princeton University Press, Princeton (New Jersey) 1996. Jean-Philippe Audouy, Déodat Roché. «Le Tisserand des catharismes», Centre de Valorisation du Patrimoine Médiéval Impressions du Pays Cathare, Carcassonne Arques 1997.
Per approfondire: vedi alcuni testi di Nag Hammadi, in Testi gnostici, a cura di Luigi Moraldi, Unione Tipografico-Editrice Torinese, Torino 1982; un quadro dello gnosticismo antico, in Hans Jonas, Lo gnosticismo, trad. it., SEI, Torino 1991; del neo-gnosticismo, in Massimo Introvigne, Il ritorno dello gnosticismo, con un’introduzione di Giovanni Cantoni, SugarCo, Carnago (Varese) 1993; sui caratteri gnostici della modernità politica, vedi Eric Voegelin, Il mito del mondo nuovo. Saggi sui movimenti rivoluzionari del nostro tempo, trad. it., Rusconi, Milano 1976; e di quella filosofica, Emanuele Samek Lodovici (1942-1981), Metamorfosi della gnosi. Quadri della dissoluzione contemporanea, Ares, Milano 1979; e Ioan Petru Couliano (1950-1991), I miti dei dualismi occidentali. Dai sistemi gnostici al mondo moderno, trad. it., Jaca Book, Milano 1989


Fonte originale: corsodireligione.it

Tratto da: flashdesmond.blogspot.com

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